28°/la calunnia – Intelligence e Ubiquità – 1/”Preferisco di no” Ovvero come formarsi all’aristocratica arte del ritirarsi
Ovvero, come e perché si debbano elaborare nuovi modelli di reclutamento, selezione e formazione delle risorse umane atte a “estrarre dalla realtà quello che c’è ma non si vede”
La citazione è tratta dalla risposta di Aldo Cucchiarelli alla recensione del suo Il segreto di Piazza Fontana da parte di Aldo Giannuli. Il segreto, che è frutto di un lavoro decennale, affronta con spirito critico e senza preconcetti “ideologici” uno dei nodi irrisolti della storia del Paese, applicando un metodo che soddisfa le richieste implicite nel nostro testo. Oltre al metodo, è il contenuto del saggio che ci riguarda, giacché affondano in quel periodo alcune radici dei mali che affliggono l’Italia contemporanea.
Il vero problema per l’intelligence dei nostri tempi non è la raccolta informativa, non è l’analisi, non sono i rapporti con le altre comunità di intelligence, è il rapporto con il livello politico.
Christopher Andrew, L’intelligence nel XXI secolo, in “Per Aspera ad Veritatem”, rivista del SISDE, maggio 2001
Per Aspera ad Veritatem, attraverso le difficoltà alla Verità e, nella Verità, la pace.
Il progetto ‘Preferisco di no’ propone processi formativi, metodi e strumenti utili per affrontare la complessità del reale in ottica transdisciplinare.
Discipline e approccio transdisciplinare
L’approccio transdisciplinare non propone lo studio di singole discipline separatamente considerate da utilizzare successivamente in altro momento formativo e, quindi, sul campo. La logica formativa proposta richiede invece di identificare all’interno di uno scenario (o problema) complesso tutte le componenti specialistiche che ne permettono l’interpretazione e, successivamente, di farle confluire non in una sintesi come semplice addizione di parti (= una semplice vicinanza logico-spaziale) ma in una ‘sintesi-superamento’, una costruzione più evoluta, una ‘gestalt’ (= una forma, una struttura, un’organizzazione) che rappresenti una visione e interpretazione d’insieme non riducibile né alla semplice somma delle sue parti né ad alcuna sua parte.
Funzione strumentale e concorrente di ciascuna disciplina
Ciò nonostante, nessuna disciplina viene rifiutata. Tutte, anche quelle non specificamente nominate nel progetto, possono essere coinvolte. Una solida competenza disciplinare si promuoverà comunque, con la differenza (fondamentale!) rispetto alla formazione tradizionale, che nessuna disciplina svolgerà una funzione di strumento professionale esclusivo (ad uso futuro, a futura memoria) bensì di strumento ‘attuale’ (immediatamente utilizzato, ‘qui ed ora’) per contribuire (insieme con altri strumenti disciplinari) alla comprensione della complessità e ad approdare ad interpretazioni e prospettive transdisciplinari.
La sessione d’avvio
È stato previsto un solo momento formativo (la ‘sessione d’avvio’) come momento non specificamente dedicato al trattamento di uno scenario o di un problema. L’esigenza che giustifica di questa scelta è certamente ‘non-disciplinare’: indicare già subito filosofia e logica che permettano di comprendere la complessità e l’approccio transdisciplinare. La ‘sessione d’avvio’ è dunque dedicata ad un modo di pensare, ad un metodo, a strumenti concettuali che non rientrano nel dominio esclusivo di alcuna disciplina.
Struttura del percorso formativo
Il percorso formativo proposto è strutturato in due successive fasi (annualità o semestri) e ciascuna di esse in tre blocchi formativi. Le competenze finali si raggiungono già a conclusione della prima parte del percorso, nella seconda si perfezionano.
Coincidenza tra formazione e lavoro di intelligence
Caratteristica qualificante del percorso è di ridurre al minimo la distanza tra formazione e lavoro di intelligence. Nel blocco ‘B’ di ciascuna annualità formazione e lavoro coincidono.
La Scuola come clima formativo pervasivo e permanente
Si propone una moltitudine di stimolatori dell’intelligenza, della immaginazione e della creatività (perennemente in funzione) tali da legittimare nei partecipanti la convinzione di non avere semplicemente frequentato una scuola, quanto piuttosto di aver vissuto in un mondo particolare, insolito, a sé stante. ‘Avranno vissuto nel …. futuro’.
Dovranno pensare di aver vissuto in un luogo esclusivo, riservato a ‘menti aperte, transdisciplinari e… privilegiate’.
Competenze a 360°
L’aspetto più originale e qualificante del progetto riguarda tuttavia i metodi formativi proposti (ben 12!). Permetteranno di sviluppare e padroneggiare logica e competenze transdisciplinari nelle attività di intelligence
• nell’analisi di realtà complesse
• nella costruzione di scenari
• nella decostruzione di scenari costruiti da altri
• nello smascheramento di scenari falsificati.
Sistemi di valutazione
Vengono proposti due sistemi di valutazione: intrinseco ed estrinseco. Il primo permette di verificare, durante e alla fine del percorso formativo, se le competenze proposte siano state acquisite e se i processi formativi attivati abbiano funzionato.
Il secondo per verificare (a distanza, a percorso compiuto) se le competenze acquisite sono state effettivamente utili ed efficaci sul campo.
INTRODUZIONE
La realizzazione di una Scuola di intelligence costituisce per Ipazia Preveggenza Tecnologica un aspetto qualificante e, insieme, un’importante conferma delle sue stesse ragioni costitutive.
Nel profilo della scuola, di cui si descrive in questo documento il progetto generale, così come nelle idee che ne informano le finalità e il metodo, si condensano infatti alcune ipotesi di soluzione, sul piano formativo, a problemi assai complessi, di ordine più generale.
Problemi inerenti alla sicurezza del nostro Paese, al modo – che appare non ancora adeguato – con cui esso risponde alla domanda sempre più diffusa e urgente di legalità, di stabilità sociale e politica, di tutela delle sue istituzioni dalle minacce esterne e interne.
Il progetto della costituenda scuola di intelligence intende essere dunque un contributo, sia pure parziale, ad avviare a soluzione problemi di tale natura, nella sola prospettiva che appare oggi realmente convincente e risolutiva: quella del cambiamento culturale.
Ipazia Preveggenza Tecnologica, generatrice del progetto, nasce del resto essa stessa come il simbolo di un’istanza di rinnovamento culturale e morale della classe dirigente del Paese, come ispiratrice e propiziatrice di un nuovo umanesimo capace di coniugare negli uomini etica e responsabilità, il cui connubio, fondato sulla conoscenza, appare come l’argine più efficace a fronteggiare i problemi del mondo odierno.
È dunque solo sul piano della cultura, ma di una cultura profondamente rinnovata nelle sue fonti, nei suoi modelli, nei suoi valori – questa è la tesi di Ipazia – che un paese può oggi vincere la partita del futuro, il proprio e quello dell’umanità.
E una classe dirigente può dare oggi garanzia di sé come tale solo quando sappia porre a fondamento dei propri comportamenti e delle proprie scelte i fattori della conoscenza e dell’etica, entrambi imprescindibili proprio in quanto tra loro intimamente collegati.
Sorprende positivamente, in tale cornice, avere appreso da alcuni organi di informazione che l’intelligence italiana abbia espresso il proposito di voler accedere ad una forma di reclutamento pubblico dei propri quadri, sottraendo la delicata materia a logiche di cooptazione per linee interne dalle amministrazioni di riferimento. L’iniziativa, di per sé incoraggiante, segna una svolta assai significativa nelle politiche di sicurezza nazionale. Essa inaugura infatti una prassi del tutto inedita per il nostro Paese – ancorché già consolidata nelle nazioni più avanzate dell’occidente – e dischiude prospettive di grande interesse in tema di miglioramento della qualità e dell’efficacia in un settore cui le vicende del mondo contemporaneo assegnano un ruolo sempre più vitale e strategico.
La decisione così annunciata promette in particolare di apportare cambiamenti notevoli e da tempo auspicati nella gestione, nelle modalità di azione e nell’immagine stessa degli apparati preposti alla sicurezza nazionale, accrescendone inoltre la visibilità e la vcinanza alla pubblica opinione e dunque, in qualche misura, “democratizzandone” la percezione. A ben guardare, in ciò risiede uno dei prevedibili (ed apprezzabili) risultati che l’iniziativa citata può indurre. Gli effetti di una maggiore vicinanza, visibilità, familiarità dell’intelligence al cittadino comune, cui tale misura dà adito, costituiscono inoltre i precursori (e la garanzia) di una maggiore permeabilità dell’intelligence al sentire della società e ai suoi valori. E – allargando questa riflessione – sono questi gli stessi fattori che, se ben innestati in una politica conseguente e consapevole, possono consentire ai servizi di intelligence nostrani di recuperare un loro obiettivo ritardo culturale: l’essere (e il sentirsi ancora) indebitamente “altro” dal tessuto connettivo reale della società odierna, dalla sua “anima” effettiva, che sempre più coincide ormai con i contenuti e – per dirla con Mac Luhan – con gli strumenti della comunicazione globale, con la rete informativa che include tutti noi – suoi inevitabili autori e attori – ed esclude che possano ancora darsi, in ogni campo, aree di conoscenza riservate solo a pochi.
“Questa è la rete, bellezza”, si potrebbe dire parafrasando un celebre motto. Ma se così è, se tutti abitiamo nello stesso luogo, se non c’è più un “fuori” dal quale scrutare un “dentro” che invece è ormai un “tutto”, come può più coltivarsi l’illusione che esistano ancora oggetti qualificabili come “segreti”, da affidare magari a custodi e curatori specializzati quali, fino a poc’anzi, potevano ancora definirsi i cosiddetti “servizi segreti”? Non sarà che invece, nell’universo totale e totalizzante di Internet, si avverte il bisogno di nuovi criteri per capire un mondo che, se appare ormai del tutto svelato nei suoi dettagli, ha però bisogno di nuovi occhi per rivelarsi nei suoi significati e solo a questa condizione può riacquistare senso? Occhi che sappiano scorgere un ordine nel caos e cogliere il senso del tutto – l’intelligenza delle cose – scrutando frammenti senza senso apparente?
In una parola: non c’è forse bisogno di una nuova capacità culturale, tanto più protettiva dei destini di una società quanto più allenata ad anticipare il futuro leggendo i segni del presente?
Se già una simile capacità fosse esistita, e i suoi detentori numerosi e autorevoli; se fosse esistita, in particolare, un’intelligence già capace di essere “intelligence culturale”, allora forse i disastri arrecati all’umanità da crisi come quella in corso, o altre simili, avrebbero potuto (e potrebbero in futuro) essere evitati o almeno limitati nella loro portata distruttiva, così tanto dovuta all’incapacità di prevedere!
In ciò consiste propriamente il grande cambiamento – il cambiamento culturale – di cui Ipazia Preveggenza Tecnologica è messaggera.
È l’idea di una cultura della complessità che, speculare alla complessità del mondo attuale, si prospetta come sola efficace chiave di comprensione del reale e che, nutrita e orientata dal paradigma della transdisciplinarità – il metodo di pensiero della complessità – può dotare il nuovo operatore di intelligence delle qualità intellettuali e professionali in grado di porlo all’altezza dei suoi compiti.
Il nuovo operatore di intelligence presidia infatti un settore strategico – il trattamento delle informazioni – dove risultano essenziali tanto la sua capacità di lettura, interpretazione e anticipazione di eventi significativi di natura sociale, politica, economica e culturale, quanto le basi etiche del suo agire.
La peculiare qualità delle sue prestazioni, misurabile nell’efficacia del suo contributo alle politiche nazionali di prevenzione, e la rettitudine dei suoi comportamenti, valutabile nel grado e nella persistenza della sua adesione ai valori di riferimento, costituiscono dunque i connotati distintivi del suo ruolo professionale e, perciò stesso, gli obiettivi generali della sua formazione.
Alla costituenda Scuola di formazione di Ipazia Preveggenza Tecnologica è dunque affidato il compito di formare questa figura professionale, destinata ad operare in differenti ruoli e contesti organizzativi: istituzionali, industriali, di studio e ricerca, civili e/o militari. La Scuola sarà inoltre deputata all’elaborazione e alla promozione di metodologie e tecniche di reclutamento e selezione di questo operatore.
Il presente contributo segna l’avvio di un impegnativo percorso progettuale e attuativo che, a partire dalle linee programmatiche qui definite, dovrà produrre in seguito contenuti e indicazioni metodologiche di dettaglio per le attività della Scuola. Confidiamo che a questo nostro ulteriore e imprescindibile impegno vogliano concorrere anche altri soggetti interessati a tale impresa, convinti dai nostri pensieri a lavorare in questo modo per il Paese e a diventare così, a loro volta, amici di Ipazia.
Fine della prima puntata
Tutto questo è ciò in cui ho trasmutato il ricco bottino delle mie truffe. Taci da troppo tempo, perfido Amalek, perché io possa avere pietà di te.
Oreste Grani
L’ha ribloggato su Leo Rugense ha commentato:
Forse so cosa dico quando affermo che posso “cacciare le carte”. Questa, ad esempio, è una cartuscella del lontano 9 settembre 2012,
Oreste Grani che, a quella data (1907 giorni addietro), era letto da poche centinaia di navigatori curiosi.
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