Siena 1 – Quando la politica annaspa, si fa largo la società incivile ed affaristica

Cristofano Rustici, I mesi dell’anno. Ottobre, particolare, Siena, Museo Civico

Vedendo il web affamato del putrido groviglio Siena e del Monte dei Paschi, vi rilancio un succulento boccone del 16 ottobre 2012. Volendo potreste saltare l’incipit e dedicarvi al lunghissimo articolo di “Prima Comunicazione” del 1995 che riassume alla perfezione lo spirito che animava o possedeva la città. Osserverete di quanta attenzione (leggasi ‘appetito’) vi sia già, a quella data, intorno alla “Fondazione” di recente formazione.

Considerate questo documento come un antefatto, un tassello della questione di attualità.

Oreste Grani

Oggi 16 ottobre, mese di vendemmia, Leo Rugens torna a parlare di un’occasione mancata e di uno del quale, 17 anni fa, Gianni Riotta scrisse che sarebbe potuto emergere dalla provincia e diventare, chi sa mai, leader nazionale di un possibile schieramento progressista.

Scrivevo il 25 luglio u.s. su questo stesso blog nato grazie alla generosità e alla felice intuizione di amici cari e fedeli collaboratori che hanno saputo legare quei quattro fasciami salvati dal naufragio della nave Ipazia, che il titolo di questo mio racconto poteva essere Flashback.

Grazie infatti a questa tecnica narrativa, oggi riparto dalla puntata 7 de La Colunnia intitolata “I più Piccini” e così facendo posso informare i lettori più recenti divenuti, nel frattempo, numerosi.

Come dico in altra puntata del racconto, nella ricerca della verità, l’attendibilità delle fonti, è tutto.

Dedico quindi alla vicenda elettorale senese che con il suo esito negativo (contemporanea alla fuga opportunistica di Alberto De Stefano) ha praticamente dato l’alibi necessario ai vigliacchi di turno per dimenticare gli impegni assunti e abbandonarmi come unico capro espiatorio in questo complesso episodio, un altro lungo documento propedeutico a capire chi, nel groviglio bituminoso, ha tradito chi.

Con prudenza e dedizione, sto cercando la verità oltre la cronaca, per estrarre dala realtà quello che c’è ma non si vede.

Buona lettura

Siena, Piazza del Campo

Contrade di carta

Sono due e potrebbero diventare tre i quotidiani che si scontrano a Siena, con la stessa passione delle contrade, sul sindaco, sulla gestione del Comune, sulle elezioni e su una delle più importanti banche italiane, il Monte dei Paschi.

Il primo quotidiano a servirsi della Full Press, l’agenzia fornitrice di pagine nazionali complete, diretta da Paolo Pagliaro, dovrebbe essere Il Cittadino, quotidiano senese fondato nell’agosto ’93. La Full Press ricambierà entrando nella società editrice del Cittadino con il 20% circa.

L’operazione potrebbe dare qualche pensiero all’edizione senese della Nazione, quotidiano egemone sulla piazza (11mila copie di diffusione dichiarata, 1 miliardo 200 milioni di raccolta pubblicitaria annua), che ha aumentato da 5 a 7 le pagine di notiziario locale e potenziato la redazione con il trasferimento da Firenze a Siena di Amadore Agostini e Chiara Freato. Ed è uno degli elementi di una effervescenza nel mondo dell’informazione senese – un terzo quotidiano, il Corriere, potrebbe arrivare presto in edicola – provocata innanzitutto da un duro scontro attorno alla trasformazione in società per azioni del Monte dei Paschi di Siena, su cui si innesta una battaglia politica con al centro la figura del sindaco Pierluigi Piccini e il Pds, che a Siena è il primo partito, con circa il 30% in città e oltre il 50% in provincia, vincitore di ogni competizione elettorale.

Il Cittadino, attualmente a 24 pagine, prezzo di copertina mille lire, 1.400 copie di diffusione dichiarata fra Siena e provincia, raccolta pubblicitaria attorno ai 25-30 milioni al mese, salirà a 40 pagine e probabilmente a 1.500 lire. Per ora ha fattura artigianale, punta su una cronaca strillata. Un titolo: ‘Prete dichiara: ho ricevuto uno schiaffo dal demonio’. Ha pubblicato, mesi fa, un lungo elenco di presunti massoni senesi, ma è finito sotto una gragnuola di smentite e di azioni giudiziarie il cui esito è ancora affidato alla magistratura.

Duccio Rugani, all’epoca direttore del “Cittadino” di Siena

Direttore è Duccio Rugani, ex redattore della Gazzetta di Siena. È edito da una srl con 200 milioni di capitale, in cui si trovano sedici fra giornalisti, poligrafici, impiegati e collaboratori e una serie di imprenditori, professionisti, eccetera. Ma alla nascita il Cittadino risultava edito personalmente da Fabio Rugani, padre di Duccio, medico anestesista, uomo di sinistra (è stato consigliere comunale indipendente eletto nelle liste Pci). Il nome Rugani, a Siena, è ben noto e associato a una clinica privata, che la famiglia ha venduto in autunno a un gruppo sanitario francese. “Fabio Rugani”, dice uno dei suoi amici, “è una specie di calvinista, un puro. Lo amano o lo odiano, senza vie di mezzo”.

In vista del rilancio, Rugani padre e figlio hanno offerto la direzione editoriale ad Alessandro Rossi, ex Unità, ora caporedattore di Milano Finanza, un senese che se ne intende per avere cominciato la carriera in un settimanale del Pci, il Nuovo Corriere Senese (oggi chiuso). Rossi non ha accettato, salvo fornire qualche consiglio. Per adesso.

Ad appoggiare la nascita del Corriere di Siena e Provincia, terzo quotidiano a Siena, sono innanzitutto due potenti associazioni di categoria, la Cna (artigiani), guidata da Stefano Bellaveglia, e la Confesercenti con Aldighiero Fini. Sul progetto lavora Stefano Bisi, che è già direttore del settimanale delle due associazioni, Il giovedì, che dovrebbe trasformarsi in un supplemento del quotidiano.

Stefano Bisi, all’epoca ideatore e direttore del “Corriere di Siena”

Bisi, ex capo redattore della scomparsa Gazzetta di Siena – quella fondata il 22 giugno ’86 da Leonello Mosca come Corriere di Siena, assorbita dal gruppo Longarini e poi chiusa il 20 gennaio ’93 – non aveva mai perso le speranze di tornare in edicola con un quotidiano.

Ora, oltre al sostegno locale politico ed economico, ha trovato nuovo ascolto nei suoi vecchi editori, oggi soci nel Corriere dell’Umbria, di cui il Corriere senese diventerebbe un’edizione.

Dalle prime voci sul suo progetto è costantemente sotto tiro. Facile per la sua dichiarata affiliazione alla massoneria (a Siena, fra Grande Oriente e Gran Loggia d’Italia, le logge sono sette: fonte Eurispes), per la sua ex appartenenza al Psi e per le vicissitudini giudiziarie dei suoi possibili editori. Si difende: “Faccio il giornalista, e non ho avuto regali, semmai ostacoli”. La redazione l’ha messa su a Belverde, a qualche chilometro dalla città, dov’è nato e cresciuto, e dove lo hanno raggiunto alcuni collaboratori del Cittadino: Maurizio Fanciullacci, Susanna Guarino, Sonia Maggi e Giuseppe Riccobene.

A Siena, editorialmente, non c’è quasi altro: La Voce del Campo, settimanale di area progressista; Il Nuovo Campo, settimanale vicino alla ex Dc, ora Ppi. Mentre Acetello, cioè Antonio De Gortes, figlio del fantino Andrea De Gortes detto Aceto, coordinatore provinciale di Forza Italia, si limita a progettare un periodico universitario, Università toscana, destinato agli studenti a Siena, Firenze e Pisa, che uscirà entro la metà di marzo.

Riassumendo. La famiglia Rugani è schierata con il sindaco, che fra l’altro rappresenta una linea di difesa ad oltranza degli interessi senesi nel Monte dei Paschi, di cui Il Cittadino vuole farsi portavoce.

La Nazione, che a livello nazionale tiene lo sguardo fisso al Polo delle libertà, sul piano ideale attacca quando può sindaco e maggioranza. La linea del Corriere starà tutta in alcune parole di Bisi: “La Repubblica senese è finita. Siamo in Italia, dovrebbero capirlo”.

Il problema è allora la città del Palio. Che ricorda la zuppa inglese, dolce inventato per riutilizzare i vecchi biscotti dalle cuoche degli inglesi che da sempre abitano Firenze e la Toscana: apparentemente compatto sotto la copertura di biscotti, è in realtà composto di strati che si condizionano ma non si mescolano. Ciò vale in politica quanto in economia, nella vita quotidiana e nella struttura sociale.

“Comunque, una città molto articolata, il cui prodotto interno lordo è costituito da molte voci, come turismo, università, agricoltura, artigianato, servizi”, dice Gian Marco Collodel, vice segretario generale della Camera di commercio.

“Qui i fenomeni nazionali arrivano in ritardo, attutiti sia negli effetti positivi che in quelli negativi”. Con un’impermeabilità verso l’esterno che fa sì che ogni scontro a Siena nonostante conti circa 60mila residenti e altre 50mila persone la raggiungano ogni giorno – si personalizzi, si frantumi fino all’io contro te.

Sottoponiamo il tema a Omar Calabrese, dalla primavera del ’93 assessore alla cultura del Comune di Siena, chiamato in giunta dal sindaco Piccini. Il suo ufficio è lassù, in cima al palazzo comunale, e per arrivarci è necessario passare da un grande terrazzo spericolato sulla conchiglia color mattone di Piazza del Campo. “Lavoravo qui come docente di teoria della comunicazione, e ho accettato di impegnarmi come assessore in un luogo insieme provinciale e internazionale. Una scelta facilitata dalla qualità dei servizi, dalla bellezza della campagna senese, dove ho trovato casa, e da questa piazza indimenticabile”.

Omar Calabrese (1949-2012), semiologo e docente presso l’Università di Siena

Calabrese, 45 anni, è un semiologo, il suo lavoro è studiare i segni. Ha ideato un’agenzia del Comune e delle contrade che fa realizzare a un’emittente locale (in questo momento Canale 3) immagini in esclusiva del Palio, da cedere poi alle altre tivù, gratis fino a 3 minuti, a pagamento oltre. Per la città ha pensato una specie di ‘corporate identity’ affidata al grafico Andrea Rauch, che va dal logo del Comune alla segnaletica stradale; per l’informazione ai cittadini ha voluto un foglio volante stampabile in sei ore, da allegare ai quotidiani.

“Bisognerebbe partire, che so, dal fatto che il 4 settembre 1260, a Montaperti, i ghibellini senesi e gli esuli da Firenze sconfissero i guelfi fiorentini”, dice.

“Settecento anni dopo, i senesi ne parlano a un fiorentino come me come se fosse successo ieri. È una società medioevale nello spirito, però non è un’isola arcaica o un parco protetto, ma una struttura sociale viva, fortemente repubblicana, in cui le contrade fanno da grande regolatore della vita quotidiana. Ma la lettura non è completa se non si considera che ai rapporti fra i poteri tradizionali delle città italiane, come il comune, la chiesa, l’università, qui bisogna aggiungere il peso incommensurabile della banca, il Monte dei Paschi”.

Il Monte ha la sede centrale ben piantata nel cuore della città, dentro Rocca Salimbeni, casa-fortezza dell’omonima famiglia, edificio eccezionale, i cui ballatoi interni in legno, frutto di un imponente restauro progettato dall’architetto Pierluigi Spadolini, fecero esclamare a Giorgio De Chirico: ”Dantesco!”. Rocca Salimbeni la si incontra salendo lungo Banchi di Sopra, corso folto di negozi, profumato dalle pasticcerie colme di panforti e altre senesità, e luogo prediletto dello ‘struscio’ in gran voga. Tredicimila dipendenti, 3mila dei quali fra Siena e provincia, il Monte dei Paschi è a capo di un gruppo che controlla fra l’altro la Banca Toscana e ha importanti partecipazioni in Italia e all’estero. Solo come banca, ha una raccolta da clientela che nel ’94 è stimata in 40.600 miliardi, mentre gli impieghi hanno raggiunto i 34.444 miliardi. Nel ’94 l’utile lordo di gestione è stato di circa 1.040 miliardi.

Nel Monte, ci sono buona parte dei risparmi dei senesi, ma anche le loro vite. In città si ripete: non c’è famiglia che non abbia, abbia avuto o speri di avere un bancario in casa.

Non solo: statutariamente, la banca ridistribuisce metà degli utili netti alla città, decine di miliardi negli anni d’oro, 12 nel ’94, una ventina nel ’95. Il Monte dei Paschi è l’ultimo istituto di diritto pubblico italiano, presieduto da Giovanni Grottanelli de’ Santi, docente universitario. Nella sua deputazione (corrispondente ad un Cda, per intendersi) sono rappresentati il Comune (4 deputati), la Provincia (1 deputato) e il Tesoro (3 deputati, fra cui il presidente).

La trasformazione in spa sarà il primo passo verso la privatizzazione. La soluzione più probabile è quella seguita in altri ex istituti di diritto pubblico, che prevede una maggioranza delle azioni in mano ad una fondazione e il resto dei titoli collocati sul mercato. In gioco il futuro di un istituto che è – nonostante un titolo recente del Corriere della Sera (lunedì 23 gennaio, pag. 16) declassi il Monte a ‘Collina dei Paschi’ una delle maggiori banche italiane.

Roberto Barzanti, politico italiano

Lamberto Dini, l’attuale presidente del Consiglio, già come ministro del Tesoro avrebbe voluto un accordo che chiudesse questa partita di grande importanza per il mondo bancario italiano. Ma se esponenti dell’establishment economico e bancario nazionale e cittadino vogliono una rapida trasformazione in spa, il processo di privatizzazione è rallentato dal sindaco Piccini e dalla sua maggioranza, che con il consiglio comunale del 13 dicembre scorso hanno revocato e sostituito i membri della deputazione del Monte dei Paschi di nomina comunale, compreso l’ex sindaco socialista Vittorio Mazzoni della Stella, considerati troppo vicini alle posizioni di chi vuole la spa prima possibile, meglio subito. I quattro, decisi a restare al loro posto, hanno fatto ricorso.

La battaglia legale è al culmine. Certo, non è facile intendersi nel boato delle polemiche – compresa quella provocata dal fatto che tre dei nuovi deputati del Monte nominati dal consiglio comunale sono anche coinvolti nella proprietà del Cittadino.

A parole, e magari nelle intenzioni, nessuno è davvero contrario alla trasformazione in società per azioni della banca. Il nodo è la proprietà della banca stessa, fondata dai senesi nel 1472 per proteggersi dagli usurai. Ci si chiede cosa accadrà alla lunga, soprattutto nel caso avvenga ciò che vorrebbe Dini, cioè uno sganciamento finale delle fondazioni dalle banche.

Dice Piccini: “Il problema è se c’è oppure no un legame storico e giuridico fra la città e il Monte dei Paschi. Abbiamo posto un problema di assetti e di garanzie, e tentato una soluzione con il dialogo. Non ci siamo riusciti, siamo stati costretti a muoverei in modo diverso”. L’impressione è che voglia soprattutto guadagnare tempo per costringere gli avversari – dalla Provincia al Tesoro – alla trattativa.

Nessuno si fida di nessuno, né in campo nazionale né in campo senese. “Ma soprattutto esplodono al Monte le contraddizioni di una città che sta con gli occhi chiusi sul suo futuro”, dice Mauro Barni, ex sindaco socialista dal ’79 all’84, ora presidente dell’Università per stranieri di Siena. “Siamo paralizzati dalla mentalità tibetana di chi ripete che qui il livello di vita è buono, che Piazza del Campo piace tanto agli stranieri, che i difficili collegamenti stradali e ferroviari difendono la città e ne fanno ciò che di meglio c’è al mondo”.

“Non posso pronunciarmi, capisca la delicatezza della mia posizione”, dice invece Emilio Giannelli, noto al grande pubblico come vignettista del Corriere della Sera (la vignetta la disegna ogni giorno a casa, verso le 19,30), ma soprattutto legale del Monte dei Paschi e segretario della deputazione. La sua opinione va quindi letta in controluce in ciò che dice di Siena: “L’affetto viscerale per la città porta a prendere posizione anche senza in formazioni chiare. Penso che Siena abbia perso diversi treni, compreso quello dell’industrializzazione.

Ciò vale per il turismo, penalizzato da permanenze brevissime in città – un panino, una bibita, un souvenir – e gestito da agenzie non senesi. E per i 18mila studenti universitari, visti come nemici che cacciano gli abitanti dal centro, distruggendo fra l’altro l’identità delle contrade. Salvo speculare sugli stessi studenti, affittando loro ogni scantinato disponibile”.

La critica a Piccini viene anche dall’interno del Pds. “Il Monte non può stare a guardare di fronte a un momento di grande trasformazione del sistema creditizio. Sbagliato usare tattiche da guerriglia urbana o da difesa del salvadanaio del nonno, certo senza annullare i diritti di Siena”, dice Roberto Barzanti, sindaco di Siena dal ’69 al ’75, da tre legislature parlamentare europeo, attuale vice presidente della commissione giuridica e dell’intergruppo cinema – audiovisivo, autore del libro ‘I confini del visibile – Televisione e cinema senza frontiere nelle politiche dell’Unione europea’. Alle ultime amministrative tentò di ottenere la nomination nel corso di una sorta di primarie preelettorali pidiessine. Ottenne solo il 35% delle preferenze.

C’è rimasto male: “Ora sono fuori della mischia. Però rifiuto di dare il nome di primarie a una cosa senza garanzie, non regolamentata, con schede compilate per strada”. Fatto sta che al governo cittadino c’è lui, Piccini. Uno del quale, tempo fa, Gianni Riotta scrisse che sarebbe potuto emergere dalla provincia e diventare, chissà mai, leader nazionale di un possibile schieramento progressista.

Pierluigi Piccini, dipendente del Monte dei Paschi di Siena

Nato a Roma, 42 anni, laureato in lettere e filosofia, Piccini è dal ’76 – anche lui! – dipendente del Monte dei Paschi. Ha carattere spigoloso e dottorale accentuato dall’imponenza fisica: preferisce citare Micro Mega che le cronache cittadine. Ma poi dice: “Trattatemi bene, ho tanto bisogno di affetto”. È stato dirigente sindacale, consigliere comunale, assessore alle attività economiche, vicesindaco e assessore all’urbanistica e all’ambiente. Si è preso la fascia di sindaco il 29 novembre ’90 con le dimissioni di Mazzoni della Stella, passato al Monte dei Paschi.

Nelle amministrative della primavera ’93 ha consolidato il suo potere vincendo dopo una campagna elettorale all’americana, incontrando gli elettori uno per uno. Interpreta il sistema maggioritario in modo radicale, con la forza che dà – parole sue – “la gente”: a Siena un concetto che comprende le sezioni del Pds da una parte e le contrade dall’altra. Rispetto agli altri poteri cittadini, provinciali, regionali e nazionali, il suo palazzo comunale diventa un Fort Apache, da cui si lanciano sortite. Come nel caso del Monte, ma anche delle nomine di competenza comunale, del piano regolatore, dell’ex ospedale Santa Maria della Scala che da anni dovrebbe essere trasformato in museo, o dei parcheggi sotterranei da realizzare in città.

A Prima dice: “È vero, qui le cose arrivano in ritardo, e attutite, filtrate. Ma oggi i ritardi di Siena sono la sua forza. E chi deve rappresentare gli interessi di una città deve capire quali sono gli umori e saperli interpretare e utilizzare in una logica di progresso”.

La visione dirigista del proprio incarico fa sì che Piccini trovi oppositori tanto all’esterno quanto all’interno del suo partito. Le sezioni cittadine sono con lui, e gode delle simpatie di Rifondazione comunista e di parte del Ppi. L’opposizione unisce i cosiddetti orfani di Berlinguer (nel senso di Luigi Berlinguer, che ha lasciato Siena e il posto di rettore dell’università per la Camera dei deputati dov’è capogruppo progressista), l’apparato provinciale e regionale. Che trovano alleati: il resto del Ppi e parte degli ex socialisti (è il caso del club Turati, fondato a Siena dopo la disgregazione del Psi), eccetera. “Errore politico”, gridano quelli che mettono Piccini sotto sospetto di stalinismo e vogliono una maggioranza più ampia. Si prendono repliche in tono: “Siete la nuova nomenklatura, ma con il maggioritario non potete più imporvi”.

Starà in sella fino al ’97, e poi vedremo. Ma intanto una verifica è imminente: le amministrative di primavera, che coinvolgeranno 33 comuni su 36 della provincia (Siena, Chiusi e Sarteano escluse), Provincia e Regione. Un confronto in cui possono trovare terreno di coltura piccoli organi di informazione locale. In questo caso due quotidiani per un partito solo. Il Cittadino si sa da che parte sta, il Corriere di Siena e Provincia dovrebbe appoggiare soprattutto Moreno Periccioli, ora assessore regionale toscano all’ambiente, e Sandro Starnini, presidente della Provincia di Siena.

Tanto per curiosità dal punto di vista delle contrade: Pierluigi Piccini è dell’Aquila: Omar Calabrese simpatizza per la Giraffa. Emilio Giannelli è del Drago; Roberto Barzanti e Mauro Barni della Tartuca; Alessandro Rossi dell’Onda; Antonio De Gortes dell’Oca; Fabio Rugani della Selva; suo figlio Duccio della Tartuca; Stefano Bisi non si pronuncia: “Sono senese per caso”.

Cristiano Draghi – Prima Comunicazione n. 238 febbraio 1995

Nella prossima puntata dedicata alla “Giostra distraente” e alla sua città affronterò il tema dei burattinai, degli speudo massoni, della Legion d’Onore e di chi, servo dei francesi tradisce l’Italia.

Tina Modotti, Le mani del burattinaio, Messico, 1926

Oreste Grani