37 pizzicati allo “strategico” Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali… questa volta il cetriolo “rotola” e tocca a chi di dovere

Di zucche vuote in giro se ne contano a migliaia. È necessario tuttavia che non arrivino a occupare i luoghi strategici per il Paese

Di zucche vuote in giro se ne contano a migliaia. È necessario tuttavia che non arrivino a occupare i luoghi strategici per il Paese

Più volte, nel blog, ho richiamato l’attenzione sulla necessità di vigilare la gestione dei fondi pubblici, al fine di utilizzarli in modo razionale e trasparente per lo sviluppo del Paese. “Ci mancherebbe altro”, direbbe un qualsiasi cittadino del mondo, non abituato al livello di corruzione italico; nemo propheta in patria, rispondo io, visto quello che è successo dopo averlo affermato nel convegno del 23 marzo 2012 alla Camera (43°/La Calunnia – Ci avviciniamo alla scadenza dei bandi europei. È opportuno ricordare e vigilare)

Ho avvisato più volte nel blog che avrei vigilato attentamente sui fondi europei destinati alla sicurezza del paese.

Così deve avere vigilato in altro ambito, sempre riguardo al denaro pubblico, Antonio De Martini, stando a quanto mi è dato leggere nel suo post che riprendo dal suo Corriere della Collera.

Poiché, infine, De Martini tira in ballo l’olio e l’olivo, pubblico a seguire alcuni pensieri in proposito, giacché sulla sacralità e sulla ricchezza simbolica di questo albero ritengo si possa costruire più di una ipotesi di pace e di prosperità per il Mediterraneo.

Oreste Grani

 

IL CORRIERE DELLA COLLERA di Antonio De Martini 11.12.12

Proprio una bella retata: undici arrestati – di cui cinque ai domiciliari – e altri ventisette signori, si fa per dire, incriminati.
Ho raccontato in qualche post della mia esperienza all’URI (ufficio relazioni internazionali) del Ministero dell’Agricoltura e come segretario generale al “Comitato Nazionale Italiano per il Collegamento tra il Governo Italiano e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’agricoltura” (FAO, IFAD, PAM).

Ero in squadra con alcuni elementi nuovi e di valore coi quali volevamo organizzare il mercato mondiale dell’olio d’oliva mediterraneo – produciamo il 90% dell’olio del mondo – e si era stipulato un accordo con l’Ucraina per farci fornire grano a uso umano e proteine di soia ad uso animale a prezzo fisso per un triennio (durante il quale i prezzi sono raddoppiati).
 Il prezzo consisteva nella sola fornitura delle sementi o poco più.

Fabrizio Mottironi aveva dato vita assieme al ministero degli esteri ed all’ICE alla società BUONITALIA ed aveva iniziato ad attaccare i mercati russo e cinese con l’assistenza di un grande esperto di area comunista Giovanni Posani. e “facendo sistema” come poi avrebbe raccomandato a tutti il Presidente della Repubblica. 
Antonio Buonfiglio aveva messo ordine, per quanto possibile, nell’AGEA (ex AIMA).
 Sarà un caso, ma la lista degli arrestati coincide con l’elenco di coloro che hanno sistematicamente ostacolato il lavoro del gruppo ad ogni livello ed affossato il loro lavoro appena cambiò il ministero.

La notizia degli arresti mi ha sorpreso positivamente per l’operato dei magistrati, certo non perché altrettante famiglie stiano oggi sprofondando nella vergogna.
 Sul piano umano mi dispiace, qualcuno era anche personalmente simpatico, ma benché non conosca ancora tutti i nomi dei 37 pizzicati, sono convinto che la Magistratura abbia compiuto il suo dovere con attenzione e ipotizzo che non abbia concluso il suo lavoro perché non vedo tra gli inquisiti l’ex ministro Luca Zaia che specie a Buonitalia ha fatto ” comecazzoglipareva” grazie a un presidente – come dire? – molto servizievole.

Il Ministero dell’Agricoltura ne esce decapitato: quattro capi o ex capi dipartimento sono tra gli arrestati, assieme ai più diretti collaboratori dell’ex ministro del governo Prodi De Castro.

Adesso diventa importante, ai fini della credibilità con la Unione Europea e della ripresa economica italiana, riuscire a far decollare l’area “pesca” che ha valenza mediterranea, ecologica e di occupazione. La UE vuole aumentarci lo stanziamento della PAC (politica agricola comune) di un miliardo e mezzo e il ministro Mario Catania viene da quel settore. Ha l’obbligo morale di cercare il riscatto con i migliori elementi ed i piani più audaci.
 Vi terrò informati sugli sviluppi. (vedi blog)

Ulivo centenario e Mesagne

Ulivo centenario e Mesagne

L’OLIVO D’ORO – IL BENE PREZIOSO

L’albero Gli alberi sacri delle antichissime civiltà della Mezzaluna fertile erano l’olivo, la palma, la vite e il melograno, ai quali gli Israeliti aggiunsero il cedro.

L’albero stesso, a parte la specie, è simbolo di Dio e oggetto di culto. Simboleggia anche l’asse terrestre e l’uomo: è un fondamento di umanesimo, oltre che metafisico. Il dualismo Dio-Uomo è rappresentato dall’albero rovesciato, con le radici che affondano nel Cielo, perché la creatura sia in rapporto con il sommo Creatore celeste. La venerazione dell’albero è forte nelle religioni monoteiste. La prima di queste, fondata sul libro dei libri, la Bibbia, esalta il cedro, che testimonia il regno di Israele per volontà del Signore. Sul monte Sion, il Signore pianta un cedro, il più alto e fiero degli alberi, dai cui rampolli si formerà la casa di David. Ma poiché l’altezza indica anche l’orgoglio, sarà solo il Signore che deciderà le sorti del suo popolo. Nelle antiche usanze, gli Ebrei piantavano un cedro alla nascita di un maschio e per una femmina un cipresso o un pino, simbolo di fragranza. La palma è ermafrodita e viene evocata, nel Cantico dei Cantici, come metafora della bellezza. Il melograno rappresenta la ricchezza, anche in termini di saggezza, o racconta il rossore sulle guance dell’amata: “Tu sei bella, amore mio. Le tue gote come spicchi di melograno”.

E infine, l’olivo.

L’Olivo Il Deuteremonio, quinto libro del Pentateuco, recita: “L’olivo è il meglio dei prodotti del sole e il meglio di ciò che germoglia sotto la luna, la primizia dei monti antichi, il meglio dei colli eterni, il meglio della terra e di ciò che contiene”.

Nella Bibbia l’olivo è il ricordo dell’alleanza fra Dio e il popolo eletto. Durante il Diluvio universale, Noè trova scampo sull’arca dove ha salvato anche una coppia delle fiere e degli animali domestici. Passano sette mesi, quando la sua imbarcazione si posa sulle cime del monte Ararat, il diciassette del mese: le acque diminuivano e apparvero i profili dei monti antichi. Trascorsi altri quaranta giorni, Noè aprì una finestra dell’arca e fece uscire un corvo, che non ricomparve. Poi liberò una colomba, la quale non sapendo dove posarsi, perché ancora l’acqua era su tutta la terra, tornò indietro. Noè attese altri sette giorni e fece ancora volare la colomba, che tornò la sera stessa con un ramoscello di olivo nel becco. Prendendo il verde ramoscello, l’uomo comprese che la terra gli veniva nuovamenteofferta. Il giorno seguente fu quello dell’arcobaleno.

Dio disse a Noè: “Questo è il segno dell’Alleanza: il mio arco pongo sulle nubi ed esso sarà il segno della Alleanza tra me e voi, tra me e la terra”.

L’arco in cielo e l’olivo sulla terra diventano, da allora, i simboli della pace. Anche dopo millenni, la pace è raffigurata da una colomba con nel becco un ramoscello della “pianta migliore”.

Il succo del frutto dell’olivo ha poteri consacranti. Nella Genesi, l’olio appare nell’episodio di Giacobbe, nipote di Abramo, che andava verso le terre di sua madre Rebecca per cercarvi moglie. Lungo la strada, riposò una notte con il capo su un sasso e sognò la scala (ziqqurat), che collegava la Terra al Cielo, con gli angeli che salivano e scendevano. In questo sogno, Dio disse a Giacobbe: “Io sono il Signore, il Dio di Abramo e di Isacco: la terra su cui sei coricato la darò a te e alla tua discendenza”. Il dormiente si trovava a Betel, poco a nord di Gerusalemme. La mattina dopo versò olio sul sasso, che gli era servito da guanciale e chiamò quel luogo “Porta del cielo, casa di Dio”. La pietra consacrata dall’olio fu quella fondativa della nazione ebraica. Questo rito oleario era comune alle religioni semitiche e particolarmente sentito in quella cananea.

Un altro monte: il Sinai. Mosè vi riceve da Dio, durante l’Esodo dall’Egitto, le Tavole della Legge e la prescrizione dell’olio santo.

Disse il Signore: “Tu ordinerai agli Israeliti che ti procurino olio puro di olive schiacciate per il candelabro, per tenere sempre accesa una lampada, affinché dalla sera alla mattina essa sia davanti al Signore, rito perenne fra voi, di generazione in generazione”.

Con olio profumato, Mosè unse il capo e la barba di Aronne, il primo dei ministri del culto, dando origine al sacerdozio e alla fratellanza di Israele. L’unzione con l’olio venne poi concessa ai re della nazione, a partire da Saul. Attraverso il rito consacratorio, vengono definite le qualità regali: “Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore di Dio”.

Il carattere sacro dell’olivo si tramandò nel cristianesimo e nella religione islamica, ma prima di esporre questa parte, sintetizziamo la simbolicità della pianta nella civiltà greco-romana.

L’olivo Greco-Romano  Il culto dell’olivo, nella mitologia greca, è legato al nome della dea Atena, Minerva per i romani. Il mito racconta che quando Cecrope fondò una città, Atena e Poseidone pretesero entrambi di darle il nome. La controversia finì davanti al giudizio degli Dei. Zeus stabilì che avrebbe avuto il diritto ad intitolare la città, quello tra i due contendenti che avesse fatto il dono più utile all’umanità. Poseidone fece balzare dalla terra un cavallo, mentre Atena creò una pianta d’olivo carica di bacche. Fu concesso, allora, alla Dea di imporre il proprio nome alla città: Atene.

Tra i romani, chi esaltò l’olivo fu Virgilio, che lo elesse a simbolo della pace contro la guerra. Nelle Georgiche propose che sulle montagne in cui i romani subirono l’umiliazione delle Forche Caudine, fossero piantati degli olivi, in modo che chiunque si ricordasse delle brutture della guerra e della prosperità della pace.

L’olivo Cristiano I rami d’olivo benedetto caratterizzano la domenica prima della Pasqua cristiana, in ricordo della Festa delle Palme ebraica e dell’Orto degli Olivi, dove Cristo visse la Passione. Una leggenda racconta che la Croce di Gesù fosse di olivo e cedro. Così l’olivo diventò metafora del sacrificio per la resurrezione. Delle tradizioni ebraiche si conserva, nel cattolicesimo, l’unzione con l’olio, ma è un atto che riguarda tutti i fedeli, non solo i re e i sacerdoti. Nel sacramento della Cresima, il vescovo compie il gesto del crisma con l’olio profumato sul fedele e segna la sua fronte con la croce. Da quel momento, la Chiesa ha acquisito un nuovo cattolico. Nel sacramento dell’estrema unzione, l’olio è un aiuto e un conforto per i sofferenti e per moribondi. Il testo evangelico che fonda l’estrema unzione è una lettera dell’Apostolo Giacomo: “Chi è malato chiami a sé i presbiteri della Chiesa e costoro preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore”.

Gesù stesso indicò la virtù dell’olio, quando mandò i suoi in missione: “Essi partiti, predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano d’olio molti infermi e li guarivano”. Il segno cristiano continua dunque quello ebraico e latino, contribuendo ad una sua più ampia diffusione come emblema di pace e di salvezza. Fu usanza medioevale in Europa che gli ambasciatori solessero portare un ramoscello d’olivo quando andavano a firmare un trattato di pace fra due nazioni e lo ricorda Dante Alighieri nella Divina Commedia: “E come a messager che porta olivo tragge la gente / per udir novella”.

Evidentemente, quella dell’olivo era una buona novella.

L’olivo islamico Il Corano cita l’olivo come immagine della luce di Dio, in una delle sue più famose sure: “Dio è la luce dei cieli e della terra. La sua luce è come quella di una lampada. collocata in una nicchia entro un vaso di cristallo simile a una scintillante stella, e accesa grazie a un albero benedetto, un olivo, che non sta né a oriente né a occidente, il cui olio quasi illuminerebbe se non lo toccasse fuoco.

È luce su luce. E alla sua luce Iddio guida chi vuole. Così Iddio, che sa ogni cosa, propone agli uomini delle similitudini”. Similitudini divine, sono dunque l’olivo e il suo liquore.

Proverbi

Anche a livello popolare l’olivo e l’olio hanno un significato mitico, come testimoniano tanti proverbi: “Cheto come l’olio” per dire di persona in pace. “L’olio e la verità vengono alla sommità” per dire il valore delle conclusioni veritiere. “Oleum et operam perdere” per dire, fin dall’antichità, quale disgrazia sia venir privati del proprio lavoro e del prezioso olio di ogni giorno.