Google a Tel Aviv e Benyamin Netanyahu alla Knesset. La pace si sta avvicinando?

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A quel tempo [1990] il viceministro degli Esteri israeliano era Benyamin Netanyahu, un elegante, attraente diplomatico dai capelli grigi, fratello di quel Jonathan Netanyahu che era stato l’unico israeliano ucciso durante il raid contro l’aeroporto di Entebbe, quando i commandos israeliani avevano liberato i passeggeri di un aereo francese dirottato da terroristi palestinesi e tedeschi.

Benyamin Netanyahu era un sabra della terza generazione e aveva svolto in America parte degli studi. Grazie alla sua eloquenza e al suo appassionato nazionalismo faceva parte del governo di Itzhak Shamir, di cui spesso era il convincente portavoce nelle interviste concesse ai media occidentali.

Frederick Forsyth, Il pugno di Dio, Mondadori 1994

Il romanzo racconta l’incipit della prima guerra contro Saddam Hussein e il brano che ho riportato è l’introduzione a un episodio di fantasia (?), nel quale l’autore immagina che un influente ebreo americano si spende per convincere l’astro nascente “Bibi” affinché i servizi israeliani offrano piena collaborazione agli americani che stanno pianificando la liberazione del Kuwait.

Dalla fantasia alla realtà, Benyamin Netanyahu a oggi [19 febbraio 2013] è Primo ministro di Israele, dopo avere vinto una campagna elettorale alquanto combattuta e incerta; nel frattempo, prima che Israele avesse un nuovo governo, a Tel Aviv, Google ha aperto, alla fine di dicembre 2012, un ufficio di 8.000 mq con 490 postazioni.

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La novità ci incoraggia a essere ottimisti, in quanto vediamo nella scelta di Google la lungimiranza di chi immagina, scommette, prevede, ha compreso che la pace in Medio Oriente si sta avvicinando, contro ogni evidenza, peraltro. Chi, altrimenti, sarebbe così matto da investire in una zona di guerra imminente? Speriamo di non sbagliare.

È da escludere che i dirigenti della più importante e strategica azienda del mondo non abbiano una visione del futuro abbastanza chiara da metterli al riparo dal correre il richio di trovarsi in mezzo a una guerra, stando agli incubi o ai desideri di qualcuno. Immagino inoltre che non abbiano trascurato dal considerare l’affidabilità di Netanyahu, peraltro descritto con simpatia anche da Forsyth, puntando sul fatto che potrebbe essere il leader capace di ottenere ciò che altri non sono riusciti a ottenere, la Pace.

Per concludere, dato che l’ufficio di Tel Aviv ha una dimensione almeno quadrupla di quello milanese – 130 dipendenti – e posto che la popolazione italiana è  dieci volte tanto quella israeliana, mi chiedo se i 490 dipendenti siano proprio tutti necessari a soddisfare il mercato interno quanto piuttosto siano stati chiamati a occuparsi anche dei mercati confinanti o limitrofi a Israele.

Dionisia

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