È il tempo della resa dei conti con chi ha dilapidato un immenso patrimonio morale, di ingegno e di creatività

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Postavo il 20 agosto 2012 (gli albori di Leo Rugens): “C’è una analogia singolare tra la lunga estate del 1943 e quella del 1993…“.

Erano passati 50 anni tra le due stagioni, una connotata dalla caduta del fascismo, la sconfitta bellica, l’occupazione nazista; l’altra, quella del 1993, dalle bombe mafiose (e non solo) esplose al Laterano, a San Giorgio in Velabro, agli Uffizi e al Pac di Milano.

Le bombe esplosero con singolare analogia ma con basilare differenza: infatti nonostante i patimenti, le sofferenze e i lutti, nonostante tutto, le bombe del 1943 portavano il nuovo. Finiva una tirannide e cominciava la speranza della democrazia. L’Italia cercava, a costo della distruzione e del sangue, la libertà.

Nel 1993, le bombe, mentre difendevano il vecchio, hanno tentato (per venti anni ci sono riuscite) di impedire il progresso civile di un paese sconvolto dalla corruzione e che oggi registra la disfatta morale e politica della propria classe dirigente; un paese che si è “beccato” il berlusconismo, rinviando, sine die, la democrazia compiuta.

Eppure, le bombe del 1993, dopo la non risolutiva cura di Tangentopoli, mutando forma come un’orrida metastasi, ha dato luogo allo sperpero di tanti investimenti finanziari in una continua complicità tra malavita organizzata e politica.

Sono trascorsi 70 anni dalla fine della guerra e l’Italia è stata tenuta in una situazione di sequestro della verità. Mille avvenimenti segreti senza che mai si arrivasse fino alla verità fino in fondo. Ora è tempo di aprire gli archivi. La gente ha diritto a un periodo di racconti risolutivi per la venuta a galla della verità. Il crollo della partitocrazia ci riguarda tutti. Escano allora, come da anni in molti chiediamo, tutti gli scheletri da tutti gli armadi. Nessuno escluso. Altro che bruciare le intercettazioni. Vogliamo sapere e sentire tutto.

Gli italiani onesti, vessati, impauriti e impoveriti se lo meritano.

È il tempo della resa dei conti con chi ha dilapidato un immenso patrimonio morale, di ingegno e di creatività producendo al suo posto un benessere fittizio, drogato dagli sperperi pubblici, basato sulla corruzione, la clientela se non la servitù. L’Italia della partitocrazia ha premiato i furbi e i corrotti, punendo per intere generazioni i cittadini operosi, silenziosamente impegnati nelle professioni, nelle arti, nei mestieri umili, nei faticosi cantieri, nelle miniere, nelle acciaierie. Persone preparate, umili ma non asservite al giogo dei partiti e dei loro dittatorelli. Chi non ce l’ha fatta a sopportare tutto questo e ne ha avuto l’opportunità se n’è andato. I quadri delinquenziali dei partiti ci hanno spogliato dei nostri fratelli migliori. La fuga dei cervelli è stata frenetica. Ora per gli italiani si apre una nuova stagione al servizio delle giustizia e della libertà.

Oreste Grani