Presidenti delle due Assemblee, a rimarcare che era iniziata una nuova epoca, vennero eletti due volti assolutamente nuovi. Era l’anno 1994. Com’è finita, tutti lo sanno.

Cari Roberta Lombardi e Vincenzo Crimi e tutti gli altri 161 eletti. Le vostre età anagrafiche e delle militanze politiche parlano chiaro: è difficile che siate pienamente consapevoli dei pericoli del “già visto” e di quanto i capi della partitocrazia e i loro sgherri sappiano ordire. Il racconto che segue, spero, vi serva per non abbassare le difese. Avete da affrontare un’armata di “gattopardi”. Attenti, attenti, attenti. È già tutto accaduto. Perché cambi sostanzialmente ci vuole una rivoluzione culturale che vada oltre le forme. Che cosa questo voglia dire e quali comportamenti necessitino è il terreno ignoto in cui vi dovete saper inoltrare. Armati solo della vostra onestà e coerenza con gli impegni assunti con il popolo italiano. Nessuna indulgenza nei confronti dei “gattopardi” e delle loro ingannevoli offerte.

Oreste Grani

“La rottura con il passato, con i precedenti cinquanta anni della vita politica italiana era totale. E irreversibile. Due parlamentari su tre erano alla prima legislatura. Erano rimasti a casa politici di lungo e lunghissimo corso e anche giovani promesse che fino a qualche mese prima si credeva avessero davanti un radioso futuro nelle istituzioni.

I palazzi del potere vissero un momento di shock, invasi da nomi e facce fino ad allora sconosciuti. Non erano stati rieletti tutti i leader, principali e di secondo piano, di quello che in un certo senso si poteva definire il passato regime. Si erano salvati, dopo essersi profondamente rinnovati solo gli ex missini e gli ex comunisti, questi ultimi grazie anche all’occhio di riguardo riservatogli dalle indagini di Tangentopoli. E, come è ovvio, sopravvivevano, anzi crescevano a dismisura, i leghisti. Per il resto, era l’apocalisse. Nessuno dei gruppi parlamentari della Prima Repubblica poté essere ricostituito.

Alla Camera il più numeroso era quello dei Progressisti, che riuniva tutta la sinistra tranne Rifondazione comunista. Gli ex missini, più che triplicati, arrivavano nell’Aula di Montecitorio quasi dove un tempo sedevano i dorotei.

Presidenti delle due Assemblee, a rimarcare che era iniziata una nuova epoca, vennero eletti due volti assolutamente nuovi. E, sempre a rimarcare che era iniziata una nuova epoca, erano entrambi esponenti della maggioranza. In nome della lotta al consociativismo, infatti, nel 1994 venne messa da parte la civile consuetudine che da anni assegnava all’opposizione la presidenza di uno dei due rami del Parlamento. Così, alla Camera arrivò Irene Pivetti, giovanissima pasionaria leghista, che prese il posto dell’ex comunista Giorgio Napolitano, che già allora aveva alle spalle una lunga e gloriosa carriera politica. AI Senato si contrapponevano le candidature di un ex liberale passato a Forza Italia, Carlo Scognamiglio, e del repubblicano Giovanni Spadolini, senatore a vita, primo non democristiano presidente del Consiglio, eletto presidente dell’Assemblea di Palazzo Madama nelle ultime due legislature con larghissime maggioranze. L’equilibrio tra i due schieramenti contrapposti trasformò quella tra Scognamiglio e Spadolini in una sfida all’ultimo voto. Il regolamento del Senato prevede che in caso di parità debba prevalere il senatore più anziano, che in quel caso era Spadolini.

E così tra i progressisti non mancarono i soliti distratti che, avendo sbagliato i conti, si lasciarono andare imprudentemente ad applausi e congratulazioni nei confronti del professore fiorentino. Che, però, era stato sconfitto, sia pure per un solo voto di scarto. Berlusconi avrebbe voluto omaggiare Spadolini, peraltro molto malato (sarebbe morto di lì a pochi mesi), con una nuova elezione. E allo stesso tempo tendere una mano al centrosinistra per cercare di rendere meno duro lo scontro al Senato, dove la maggioranza traballava. Ma altri nel centrodestra non vollero sentire ragioni e Berlusconi fu costretto ad arrendersi. Come lo furono il forzista Alfredo Biondi e il leghista Francesco Speroni, noto alle cronache per l’utilizzo del filo di cuoio texano in luogo della cravatta. Avrebbero voluto il primo la Presidenza della Camera e il secondo quella del Senato.

Subito dopo le elezioni dei presidenti delle Camere iniziarono le consultazioni per la formazione del governo. Nonostante le novità imposte dal nuovo sistema elettorale e l’indicazione preventiva del candidato presidente del Consiglio da parte dello schieramento uscito vincitore dalle urne, sarebbero state straordinariamente lunghe  e complicate.”

I peggiori anni della nostra vita” di Paolo Posteraro