Siria: la “guerra tra la gente” non è facile da capire né da gestire

Gertrude Bell, autrice delle immagini di Damasco e dei ritratti dei dignitari siriani pubblicate nel post

Gertrude Bell, autrice delle immagini di Damasco e dei ritratti dei dignitari siriani pubblicate nel post

Al 15 aprile 2013, mentre l’orrore continua a dominare in Siria, il Movimento 5 Stelle affronta la questione e si attira gli strali del più seguito blog italiano, “Islametro”, curato da Lorenzo Declich e riguardante l’attualità e la cultura di numerosi paesi islamici: Grillini, voglio pensarvi ingenui. Rettificate perfavore.

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Sempre riguardo il fronte siriano, poi, l’altrettanto informato blogger Antonio De Martini (Siria: gli eroi sono stanchi – di raccontare balle – e la guerra si impantana. Si va verso lo stallo) da tempo ribadisce l’incompetenza della politica USA nell’area.

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Senza entrare nel merito della questione “guerra civile siriana” (non ne abbiamo le competenze) né discutere le tesi o le simpatie politiche di Declich e di De Martini, ci preme solo osservare che al momento, l’M5S, dopo avere chiesto il ritiro dall’Afganistan e avere detto parole chiare sulla questione marò-India-Finmeccanica-siluri, è tra le poche voci che in Parlamento si esprime in materia di politica estera.

Se l’analisi e le proposte del Movimento non sono all’altezza della situazione e ingenue, ciò non può stupire, data la complessità del problema “Siria”. C’è qualcuno, al momento, che abbia una soluzione chiara e univoca del problema?

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Seguendo i ragionamenti di Sir Rupert Smith in L’arte della guerra nel mondo contemporaneo, scritto dopo quarant’anni al servizio di sua Maestà la Regina, se non si comprende che la guerra è cambiata e che per comprenderla e condurla bisogna mutare il paradigma teorico con il quale si interpretano i fatti, ci si condanna a sicura sconfitta.

La “guerra fra la gente” – teorizzata da Smith dopo l’esperienza di comandante nella guerra di Bosnia e durante la prima guerra del Golfo – a differenza della “guerra industriale” (quella combattuta tra nazioni in capo aperto) si caratterizza per lo scontro tra la gente di una stessa nazione e all’interno delle città, oltre al ricorso di strumenti di tipo terroristico. Ne consegue che un intervento esterno – proprio ciò che in Siria non sembra ancora all’orizzonte – risulti particolarmente difficoltoso in quanto dovrebbe basarsi più su una azione preventiva di intelligence che su metodi tradizionali. D’altro canto, le forze in campo, stanno conducendo un genere di conflitto simile a quello che sconvolse il Libano trent’anni orsono.

Appare così evidente che al momento, data l’oggettiva difficoltà di condurre un tale genere di guerra contro un regime, quello siriano, particolarmente determinato, gli attori internazionali stiano prendendo tempo, determinando così un micidiale e sanguinoso stallo.

Perché imputare al M5S l’incomprensione o la soluzione di un problema che tavoli ben più esperti non riescono né a gestire né a risolvere, infischiandosene del sangue di tanti fratelli innocenti?

La redazione di Leo Rugens

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