La casa del Grilli
Leo Rugens si è occupato di Vittorio Grilli il 3 aprile con il post Il ministro Grilli vuole nominare l’ad della Cassa depositi e prestiti.
Oggi, 23 aprile, leggo un bello e documentato articolo di Claudio Gatti – autorevole firma de Il Sole 24 ore – che non teme di affrontare dalla prima pagine del quotidiano l’ancora per poco ministro Grilli.
L’attacco è di quelli che lasciano il segno, tanto più perché proviene dal giornale di Confindustria. Non credo di sbagliare se affermo che la ragione di un articolo così duro nasce dalla battaglia per il controllo della Cassa depositi e prestiti o dietro a qualche altra nomina cui Grilli aspira. Il tempo ne darà ragione.
Rimane il fatto che non ci pare opportuno che chi amministri la cosa pubblica abbia conti in paradisi fiscali o che paghi in nero la ristrutturazione di una casa, acquistata alla metà del valore di mercato e con un mutuo concesso da una banca di fatto fallita qual’è il Monte dei Paschi per un importo superiore alla spesa necessaria all’acquisto.
Oreste Grani
Vittorio Grilli e la casa ai Parioli. Il Sole 24 Ore : “Un labirinto di spese”
ROMA – “Grilli e il labirinto delle spese per la casa”. È questo il titolo di una lunghissima inchiesta firmata da Claudio Gatti sul Sole 24 Ore dedicata all’appartamento ai Parioli del ministro dell’Economia. Carte alla mano il quotidiano di Confindustria segue passo passo tutta la vicenda dell’appartamento evidenziando alcune incongruenze tra quanto detto dai diretti interessati e quanto scritto sui documenti.
Il Sole 24 Ore parte da cinque conti correnti alle Isole del Canale, un paradiso fiscale, di cui era intestatario il ministro ai tempi del suo lavoro alla Suisse Bank. Grilli spiega che quei cinque conti erano una prassi normale, dovuta al fatto che lavorava in una banca Svizzera. E che soprattutto erano conti trasparenti e tracciati dal fisco:
“Erano tutti conti in chiaro. Dichiarati. Su cui ho pagato tutte le tasse – spiega Grilli al Sole 24 Ore – Io lavoravo per una banca svizzera. Era una prassi normalissima. E, cosa discriminante, i conti erano totalmente trasparenti al fisco”.
Soprattutto, riporta il Sole 24 Ore – il ministro “nega di aver attinto da uno di questi conti per pagare parte dell’appartamento a Roma. «Quando sono venuto in Italia ho riportato i soldi indietro. Indipendentemente dalla casa. In altri tempi»”.
Ma, Scrive Claudio Gatti, al Sole 24 Ore non tornano i conti. O meglio i tempi. Grilli avrebbe lasciato l’incarico nel 2002 e avrebbe pagato parte di quella casa nel 2004. Due anni dopo e soprattutto godendo di uno sconto Iva.
Scrive Gatti:
Ma il professore lasciò Credit Suisse per diventare Ragioniere dello Stato nel maggio 2002, e al Sole 24 Ore risulta che il denaro con cui è stato pagato l’acconto sull’appartamento partì originariamente da un conto nell’isola di Jersey nel febbraio 2004, cioè quasi due anni dopo. Documenti in nostro possesso indicano inoltre che l’allora Ragioniere dello Stato, garante ultimo dei conti del Paese, ha fatto in modo che quasi metà dei lavori di ristrutturazione di quell’appartamento fosse pagata in contanti. E senza imposizione di Iva.
Della questione casa Grilli, ricorda il Sole, si era occupata anche l’agenzia Bloomberg. Allora il ministro
Ma fatti in un momento diverso. In quell’articolo si sosteneva che l’appartamento di via San Valentino era stato comprato a un prezzo decisamente sotto mercato, 1.065 milioni di euro. Inferiore addirittura all’ammontare del mutuo ricevuto dal Monte dei Paschi per l’acquisto e la ristrutturazione. Nella sua replica scritta a Bloomberg il ministro spiegava che «sebbene all’atto dell’acquisto (l’appartamento) necessitasse di interventi strutturali… già in passato era stato oggetto di importanti lavori di riadattamento e di realizzazione di migliorie a opera di un congiunto del venditore con il quale contestualmente all’acquisto e con operazioni perfettamente tracciabili ho dovuto regolare tutti i profili economici relativi a tali interventi».
E aggiungeva che «la valutazione dell’immobile data dai periti alla banca… prendeva in considerazione l’effettivo stato dell’immobile comprensivo delle migliorie operate dal predetto soggetto diverso dal venditore, il rapporto con il quale ha costituito oggetto di una autonoma regolazione». In pratica, il ministro ha indirettamente riconosciuto che il prezzo da lui ufficialmente pagato era inferiore al valore di mercato, ma ha giustificato l’apparente incongruenza, spiegando di aver separatamente rimborsato «un congiunto del venditore» per lavori di ristrutturazione fatti in precedenza.
Grilli, a Bloomberg, spiegò che avrebbe dato ulteriori chiarimenti dopo il suo divorzio. Che, scrive il Sole, c’è stato a gennaio. Senza che nel frattempo i chiarimenti siano arrivati. Scrive Gatti:
Il divorzio si è concluso a gennaio, e se e quando arriveranno queste «specificazioni» saremo lieti di pubblicarle. Nel frattempo Lisa Lowenstein, che dal gennaio scorso è divorziata dal ministro, ci ha fornito la sua versione su quei lavori: «Non ricordo che sia stato pagato alcun lavoro di ristrutturazione eseguito prima del nostro acquisto. Né che ce ne siano stati. Anche perché la casa l’abbiamo rifatta noi da cima a fondo. Quello che ricordo – e che ho scritto nelle mie memorie per il divorzio – è che il prezzo totale pagato per l’acquisto era molto più vicino a quello di mercato: circa 2 milioni e duecentomila euro. Ricordo anche che una parte di quel pagamento è avvenuto con denaro proveniente da un conto offshore di mio marito con i soldi guadagnati nell’anno in cui ha lavorato per Credit Suisse a Londra».
Il Sole 24 Ore non solo ne ha trovato conferma documentale, ma ha anche appurato che laboriosissime opere di ristrutturazione furono effettivamente eseguite tra il 2004 e il 2006, però coordinate dalla Lowenstein e addebitate allo stesso professor Grilli. Ma prima un passo indietro. Nella memoria depositata il 20 settembre 2012 nella causa di divorzio, gli avvocati del ministro hanno scritto che per «la ristrutturazione della casa di via San Valentino, il prof. Grilli ha personalmente speso 118mila euro per acquisto materiali edili da fornitori, e 256mila euro – versati a mezzo bonifici bancari alla società incaricata della ristrutturazione». Per un totale di 374mila euro.
Affermazioni che, scrive Gatti, il Sole 24 si dice in grado di confutare:
Le carte provano che i lavori di ristrutturazione, portati a compimento dalla ditta di costruzioni Aurea sono infatti costati quasi il doppio di ciò che il ministro ha dichiarato, attraverso i suoi avvocati. E che l’altra metà circa è stata saldata in cash. Lo si deduce dal “riepilogo generale” indirizzato al “prof. Vittorio Grilli” da Aurea, con firma in originale apparentemente del suo socio amministratore, che elenca spese per un totale di 642.281 euro. Due i dettagli più significativi: il riepilogo elenca versamenti per un totale di 287.500 euro di “contante” ad Aurea e altri 10mila, sempre registrato come “contante”, all’architetto Naghi Habib (che assieme a sua moglie Anna Lisa Ambrogi è socio di Aurea). Il che potrebbe spiegare come mai nello stesso conteggio l’Iva risulta essere applicata solo su 360mila euro. Ma procediamo con ordine.
Il 7 giugno 2004, in qualità di committente, Vittorio Grilli risulta aver firmato una “Lettera di incarico professionale di progettazione” per la ristrutturazione dell’appartamento comprato in Via San Valentino (con) all’architetto Habib. Per un “compenso forfaittario previsto” di 20mila euro. Lo stesso giorno Grilli ha firmato una “scrittura privata” con cui ha affidato i lavori di ristrutturazione ad Aurea. Lì si legge che «il corrispettivo per l’esecuzione secondo le regole dell’arte delle opere… è stabilito a corpo in euro 200mila». Ma l’elenco dei lavori era troppo lungo perché quella cifra potesse bastare. Anche perché i coniugi Grilli avevano deciso di trasformare delle fioriere nel giardino di casa in una piscina di 10 metri per 3 (costruita in cemento armato senza richiesta di permessi con semplice dichiarazione di inizio attività).
Quindi il Sole passa ad analizzare quella che reputa la questione nodale:
Veniamo alla questione-chiave: quella dei contanti. Su questo ci sono d’aiuto altri documenti. Il primo elenca i “bonifici effettuati ad Aurea per lavorazioni eseguite”, il secondo i “bonifici effettuati ad Aurea per pagamento forniture” e il terzo, semplicemente, i “pagamenti effettuati”. In quest’ultimo foglio sono elencate 22 date, a partire dall’11 ottobre 2004 (quando risultano essere stati pagati 8mila euro) fino al 23 novembre 2005 (quando sono contabilizzati 20mila euro). In totale si arriva esattamente ai 297.500 euro che nel foglio del riepilogo generale sono registrati come “contanti”. Non basta: c’è anche la fotocopia di un documento che riporta le stesse date e le stesse somme, con a fianco le firme dell’architetto e di sua moglie. E accanto alle firme in molti casi è (spiegata) indicata la modalità della rimessa: “Consegnati Lisa/Annalisa”. Oppure “Lisa/Naghi”. Oppure “Lisa a Guglielmo”. Quest’ultimo nome potrebbe essere un riferimento a Guglielmo Gizzi, il commercialista di Aurea. Il ministro dice di non saper nulla di quel riepilogo dei costi sostenuti.
«Non so quello che abbia scritto Habib. Io posso solo dire che mi ha rilasciato delle fatture e che io ho pagato in modo sempre trasparente. C’è una mia firma su quella cosa lì (il riepilogo Ndr)?», ci dice. E aggiunge: «Di cosa abbia fatto la mia ex moglie non ho la minima idea». Il fatto che l’ex moglie non aveva però reddito in quell’epoca è emerso chiaramente dalla causa di divorzio. E non è mai stato contestato neppure dall’ex marito. In una memoria depositata dagli avvocati del ministro addirittura si legge: «Mensilmente la dott.ssa Patricia Navarra, da anni assistente del prof. Grilli munita di delega bancaria sul di lui conto corrente personale, autorizzata dal prof. Grilli dava disposizioni alla banca affinché consegnasse in contanti alla dott.ssa Lowenstein importi variabili tra i 7mila e gli 8 mila euro che venivano ritirati in contanti dalla stessa dott.ssa Lowenstein o dalla sig.ra Hidalgo Pilar, sua collaboratrice a tempo pieno». Abbiamo chiesto conferma alla signora Lowenstein che il contante con cui avrebbe pagato parte dei lavori di ristrutturazione potesse provenire da lì. Ma la signora non ce l’ha data. Ci ha dato invece un ultimo suggerimento. Di tutt’altra natura. Di guardare ai rapporti che il suo ex coniuge aveva con due signori, Dario Cusani e Fabio De Concilio.