I veri potenti non si fanno sussurrare dai Luigi Bisignani

I potenti
Ciò che è piccino è scorso via tutto quanto; hanno qui peso ormai mare e terra soltanto
Johann Wolfgang Goethe (da Lorenzo Necci, Richard Normann, Reinventare l’Italia, Mondadori, 1994)
Caro Alberto, nel nome e nel ricordo della nostra amicizia, sento il bisogno, a seguito del tuo articolo “Veleni e piccola spazzatura…” del 29.5.13, sottolineare che la grandezza dei potenti e dell’uomo che gli sussurra all’orecchio, Luigi Bisignani, si misura con il ruolo che i suddetti hanno saputo dare all’Italia nel panorama mondiale, ovvero… nessun ruolo.
Alberto caro, sostieni che l’ex piduista Bisignani, anche millantatore di rapporti con Eugenio Scalfari, i “veri segreti” li tenga per sé. Ma quali segreti?
Da tempo sostengo che le verità indicibili che raccontano la storia del nostro Paese siano non solo disvelate nei milioni di pagine delle istruttorie di migliaia di processi, bensì che siano facilmente accessibili nei libri di autori competenti e coraggiosi che le pagine dei processi e delle indagini le hanno lette con pazienza e sacrificio, quando non le hano scritte: Stefania Limiti, Paolo Cucchiarelli, Aldo Giannuli, Giovanni Pellegrino, il bistrattato Gioacchino Genchi e last but not least Rosario Priore, per citare in ordine sparso ma non troppo, alcuni di quelli che stimo maggiormente e che mi sono più cari.
Faccio mie le parole con le quali, Alberto – e del resto hai sempre scritto meglio di me dai tempi del Liceo –, sanzioni il personaggio e gli im-potenti cui sussurra: “Gigi rimane un ex ragazzo molto sveglio, che si rese conto presto di quanto inadeguata fosse la classe dirigente di questo paese“.
Caro Alberto, Luigi Bisignani è un uomo finito, così il suo modo di trattare la Repubblica come fosse cosa propria. Non mi stupirei se Bisignani, come tramatore lobbista avesse le ore contate.
Oreste Grani
P.S. Dispiace che l’editore di Chiarelettere, Paolo Madron in persona, abbia scelto di affiancare alle pubblicazioni della propria casa editrice, il Ritaglia e Incolla: L’uomo che sussurra ai potenti, di cui è coautore con Luigi Bisignani, già portaborse di Gaetano Stammati.

Luigi Bisignani, il sussurratore dei potenti
Veleni e piccola spazzatura l’ex piduista tiene per sé i veri segreti del Paese
LA SITUAZIONE in Italia è grave ma non seria, verrebbe da dire con Ennio Flaiano leggendo le anticipazioni del libro scritto con Paolo Madron («L’uomo che sussurra ai potenti», Chiarelettere) dal pregiudicato Luigi Bisignani. L’uomo che sussurra è il prototipo antropologico del faccendiere italico, chaperon di politici troppo furbi o troppo imbecilli, di ministri improbabili, di banchieri ingenui o mascalzoni, gestore di comitati d’affari, di appalti, di nomine pubbliche e private, di dossieraggi e riciclaggi. Divenne famoso, ancora quasi imberbe, quando riciclò una novantina di miliardi dell’Enimont, la ex-madre di tutte la tangenti, allo Ior, la banca vaticana che ha sede nel torrione di Nicolò V e da allora, con tutte le repubbliche, non ha cessato l’attività che svolgeva dai tempi della P2 di Licio Gelli, perpetuata in tutte le successive P che si sono succedute in questo paese senza cultura e senza onore, come diceva Pasolini. Arrestato e condannato a un anno e 7 mesi per la P4, di segreti ne custodisce molti. Ma, stando alle anticipazioni del libro, si è guardato bene dal rivelarli a Madron, consegnandogli invece tanta piccola spazzatura, qualche veleno e molte vendette personali, come fece qualche mese fa il suo sodale Cesare Geronzi nel librointervista con Massimo Mucchetti. Detto a suo tempo il Ken Follett italiano per un romanzetto intitolato «Nostra signora del Kgb», che suscitò le lodi del suo primo patrono Giulio Andreotti e di Giuliano Ferrara, cui notoriamente piacciono i tipi brutti sporchi e cattivi, Bisignani «rivela» che dietro le stragi di mafia ci fu non la mafia, ma proprio il servizio segreto sovietico. Così, almeno, la pensavano Andreotti e pure Cossiga, purtroppo entrambi deceduti. Prove non ne porta, ma ci racconta- guarda un po’- dei finanziamenti del Pcus al Pci, una notizia ben nota anche ai ragazzi di quinta elementare. La Cia, invece, sta studiando da anni il Movimento 5 Stelle e si è presa la briga di riassumere in 16 punti la «filosofia» di Beppe Grillo. Ora, che gli analisti americani si occupino attivamente della politica italiana lo sanno pure i chierichetti in sagrestia e, comunque, l’incontro tra l’ambasciatore degli Stati Uniti Thorne e quei «cittadini» pivelli capigruppo dell’M5S è stato reso pubblico con squilli di tromba e fanfara. Ma c’è pure, a studiare Grillo, il think thank britannico Demos, supportato da Open Society di George Soros. Chissà che cosa ha in mente il finanziere sul destino dell’area Euro. Visto che segreti di Stato non emergono dalle anticipazioni (ma magari vi riferiremo quando avremo delibato tutta l’opera), si affonda rapidamente nell’anedottica (come quando Cossiga voleva mandare i carabinieri al Consiglio superiore della magistratura) e nella melma degli avvertimenti, dei messaggi ambigui e dei regolamenti di conti. Il «trattamento» più rude è riservato a Ferruccio de Bortoli, il direttore del Corriere della Sera che già non gode di splendida forma a causa del suo editore nelle peste e sull’orlo del fallimento. Bisignani lo descrive come un amico stretto, che lo ha tradito nel momento del bisogno e lo ha «umanamente amareggiato». Gli creò i rapporti con Geronzi, si vedevano a Roma e a Milano e Ferruccio, a suo dire, lo interpellava prima della chiusura del giornale. L’uomo, secondo Bisignani, è come un camaleonte uno Zelig democristiano coni democristiani, estremista con gli estremisti e sul racconto giornalistico degli ultimi scandali è stato messo sotto tutela dalla sua redazione. Su Ferruccio – annuncia – scriverà un libro. Le anticipazioni non lo dicono esplicitamente, ma le parole di Gigi-Follett e l’annuncio del libro lasciano intendere che egli ebbe un ruolo anche nell’ultima nomina di de Bortoli al Corriere, pronubo il suo socio Cesare Geronzi. Ce ne è anche per Eugenio Scalfari, fondatore di questo giornale, che ai tempi in cui Gigi era capo ufficio stampa di Gaetano Stammati ministro del Tesoro, gli inviava bottiglie di champagne per ringraziarlo delle notizie che gli passava. Ora, siccome di quell’epoca sono testimone diretto poiché ero caporedattore dell’Espresso, posso garantire che il mio direttore Scalfari parlava direttamente col ministro, che poi si rivelò intrappolato nella rete della P2, ogni volta che voleva. Di più, con Bisignani parlava il sottoscritto, che utilizzava il giovanotto giornalista dell’Ansa anche come informatore a pagamento (non con champagne) della Lettera Finanziaria, supplemento del settimanale. Rapporto naturalmente interrotto per sempre quando uscì la lista della P2 di Gelli. Dopo averci rivelato che Papa Francesco farà dello Ior, dove lui ha portato per anni borse piene di miliardi, una banca etica, ipotesi per la verità già uscita ovunque, che il suo amico e sodale Gianni Letta era contrario alla caduta del governo Monti e che Berlusconi ha corteggiato Matteo Renzi in tutti i modi, finalmente una rivelazione ignota ai più: Angelino Alfano non solo gioca col telefonino, ma legge appassionatamente gli oroscopi.

Ancora Luigi Bisignani, il sussurratore dei potenti
Che non gli portano tanto bene, visto che Gigi lo accusa di aver vigliaccamente tramato contro il Cavaliere.E con lui Renato Schifani. Perché i due sono piccoli uomini convinti di essere diventati superuomini. Ma anche questa vi sembra per caso una rivelazione? Tanto più che la coppia è in compagnia di una lunga lista di «giuda», nella quale spiccano Gasparri, La Russa, Mantovano, Augello, Beatrice Lorenzin (che sembra uno dei nomi ignoti del «sooogno» di Briatore-Crozza). Ecco questa è quel che si sa dell’opera «bombastica», come direbbe Roberto D’Agostino, dell’uomo che sussurra ai potenti, cui telefonano per essere aiutati e consigliati ministri, banchieri, generali dei carabinieri e della guardia di finanza, giudici e membri di Authority, cardinali e spioni. L’amministratore delegato dell’Eni, una delle residue grandi imprese italiane italiane, che per ottenere quel posto dal faccendiere ebbe un aiutino, gli chiedeva addirittura di cosa dovesse parlare in un incontro con Berlusconi. Gigi rimane un ex ragazzo molto sveglio, che si rese conto presto di quanto inadeguata fosse la classe dirigente di questo paese. Era, del resto, Andreotti ad istruirlo e a ripetergli: non presumo troppo di me, ma quando vedo chi abbiamo intorno…
Così si dedicò alla coltivazione degli utili idioti che nella politica, nella finanza e nell’alta amministrazione sono greggi sconfinate.
Lo fa talmente bene che nella terza Repubblica non lascerà il mestiere per riesumarsi Ken Follet.
ALBERTO STATERA
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