Fermiamo l’uso folcloristico e fuorviante di termini tipo “intercettazioni, 007, servizi deviati, privacy”
Il 17 giugno 2013, scrivevamo e immettevamo in rete questo lungo ragionamento intorno al mondo degli 007 che tanto ora vanno di moda dovendo, a breve, tra l’altro, l’Italietta misurarsi con la guerra guerreggiata in Libia e cercare di scoprire il senso dell’attacco intimidatorio che qualcuno ci voluto portare uccidendo, dopo averlo torturato per 7 giorni, il nostro compatriota Giulio Regeni.
A volte, lasciatecelo dire a semplice consolazione delle nostre difficoltà e solitudini, nel rileggerci troviamo giusto che ci abbiano voluto “togliere di mezzo”.
Oreste Grani.
==========================================================================La cyber Intelligence/cyber Security è una materia seria e ci girano intorno molti finanziamenti europei. Questo è il problema.
Anni addietro (era il 11-10-2006) ho intitolato una riflessione sulle problematiche relative al rapporto sofferto tra tecnologia, democrazia e sicurezza, “Per una strategia di controllo responsabile”. Era il 2006 ed ero fresco di quanto era avvenuto intorno al non uso corretto del cosiddetto “braccialetto elettronico” e della guerra che, negli stessi ambienti imprenditoriali (Telecom), si era scatenata, con morti e feriti (e non metaforicamente) per impadronirsi del mercato delle intercettazioni telefoniche ed ambientali.
350 milioni per le telefoniche e 650 milioni per le ambientali. Un sacco di soldi e potere a non finire. Moventi e circostanze (anche drammatiche) che ho cominciato a raccontare nella prima fase di questo blog. Ad esempio, il 25 luglio 2012, Leo Rugens richiamava l’attenzione su un vecchio articolo di Peter Gomez e Vittorio Malagutti:
“INTERCETTAZIONI / L’EREDE DI SUPER AMANDA
Finmeccanica Security – Controlli sui telefoni. Vigilantes e radar. Ecco i piani del gruppo statale. Ereditati da Telecom.
Grande Fratello offresi: importante azienda italiana a controllo pubblico, dotata di esperienza e tecnologie di eccellenza, garantisce servizio tutto compreso a tutela degli interessi dello Stato. Da mesi ormai, sfoderando queste credenziali, il gruppo Finmeccanica ha lanciato una campagna lobbistica sul governo italiano per diventare il fornitore unico della sicurezza nazionale: dall’antiterrorismo al contrasto dell’immigrazione clandestina, dalla sorveglianza delle reti informatiche e delle infrastrutture strategiche (porti, aeroporti, gasdotti) fino alla gestione delle intercettazioni telefoniche disposte dalla magistratura.
È un’offensiva a tutto campo quella condotta dai manager guidati dall’amministratore delegato Pier Francesco Guarguaglini. Obiettivo: commesse pubbliche per centinaia di milioni di euro destinate a un gruppo che già può vantare contratti miliardari (in euro) con lo Stato nel campo dell’aviazione civile e militare con le controllate Alenia e Agusta Westland, dei sistemi d’arma (Oto Melara), dell’elettronica e degli apparati di telecomunicazioni (Elsag e Selex). La partita più delicata, quella seguita con maggior attenzione (e preoccupazione) dal mondo politico, si sta giocando intorno al ministero della Giustizia di Clemente Mastella. In palio c’è il mercato delle intercettazioni telefoniche disposte dalle procure come strumento d’indagine. Un mercato ricchissimo che tra sprechi di ogni genere è arrivato a costare alle casse dello Stato oltre 400 milioni di euro l’anno. Per tagliare le spese bisogna centralizzare il servizio, sostengono i manager di Finmeccanica. E non solo loro, per la verità. Perché adesso ogni tribunale va per la sua strada e non sempre punta al risparmio.
Ecco la soluzione, allora. Il governo firma un contratto con l’azienda pubblica guidata da Guarguaglini, che si offre di gestire per intero lo spionaggio telefonico (quello legale, ovviamente) fornendo uomini e tecnologie all’avanguardia. Risultato: Roma tiene i cordoni della borsa grazie all’appalto unico, a livello locale invece il lavoro verrebbe concentrato su 26 procure distrettuali. “Non c’è ancora nulla di deciso”, spiega l’ex magistrato Alberto Maritati, il sottosegretario alla Giustizia delegato dal ministro a occuparsi dello scottante tema. Nelle prossime settimane sono attese le conclusioni di una commissione tecnica. E poi forse tra un mese, forse di più, dovrebbe arrivare una decisione definitiva. Si capirà, in poche parole, se il pressing di Guarguaglini avrà convinto il governo.
Spiegato così, in estrema sintesi, il progetto targato Finmeccanica assomiglia molto a quello a suo tempo proposto da Telecom Italia e salito alla ribalta delle cronache con il nome in codice di Super Amanda. C’è, però, una differenza importante: l’azienda controllata da Marco Tronchetti Provera avrebbe finito per sommare la gestione diretta delle linee telefoniche e quella del servizio di ascolto disposto dai pm. Una sovrapposizione giudicata fin da principio potenzialmente pericolosa da molti addetti ai lavori. Poi, in questi mesi, è scoppiato lo scandalo della presunta centrale spionistica coordinata da Giuliano Tavaroli, l’ex capo della security di Telecom Italia. Una trama per molti aspetti ancora oscura che racconta di sistematiche violazioni della privacy ai danni di personaggi più o meno famosi, di investigatori privati non proprio al di sopra di ogni sospetto e, soprattutto, di un fiorente mercato dei tabulati telefonici.
Non è un caso, allora, che la lobby di Guarguaglini prenda le distanze dai gestori delle reti fisse e mobili che, in base al progetto, dovrebbero limitarsi ad affittare le linee. Secondo indiscrezioni, però, non sarebbe da escludere che il gruppo presieduto da Guido Rossi possa restare in gioco con una partecipazione di minoranza in un ipotetico nuovo consorzio che dovrebbe gestire il servizio su scala nazionale. Solo un’ipotesi, per il momento. Intanto l’offensiva continua e non solo in direzione del governo. Da settimane ormai i rappresentanti di Finmeccanica hanno avviato colloqui informali con la pletora di aziende, spesso molto piccole, che noleggiano alle procure le macchine e i software per le intercettazioni. Qualche nome? Resi, I&S, Sio, Radio Trevisan, Area, Rcs (gruppo Urmet), giusto per citare alcune sigle tra le più conosciute tra gli addetti ai lavori. Molte di queste società negli anni scorsi hanno fatto affari d’oro cavalcando il boom del settore. Adesso però il business è a rischio. Da una parte il ministero sembra deciso a tagliare le spese. Dall’altra l’ingresso in campo di un grande gruppo come operatore unico finirebbe per mettere fuori gioco gli imprenditori che finora hanno fatto il bello e il cattivo tempo sul mercato, spesso allacciando rapporti esclusivi con pm e forze di polizia.
Fine della storia? Pare proprio di no, perché Finmeccanica sembra interessata a coinvolgere alcune delle aziende in difficoltà, se non altro per la fornitura di tecnologie. L’operazione è gestita da Sabatino Stornelli, approdato al gruppo di Guarguaglini dopo una lunga militanza a Telecom, per la precisione in Telespazio. Stornelli, tra l’altro, siede sulla poltrona di amministratore delegato di Seicos, la società controllata al 100 per cento da Finmeccanica a cui verrebbe affidato, secondo quanto risulta a ‘L’espresso’ il nuovo filone d’affari delle intercettazioni. Seicos è stata costituita solo pochi mesi fa (nel febbraio scorso) e il suo oggetto sociale comprende la ‘gestione di reti di telecomunicazioni (…) per l’attuazione dell’obiettivo primario della sicurezza pubblica dello Stato, interna e internazionale’. Alla presidenza della neonata società troviamo Luciano Pucci, esperto d’informatica, anche lui con un passato alla Telecom e poi consulente del ministero dell’Interno e della Polizia, mentre tra gli amministratori compare Massimo Pini, ex consigliere craxiano dell’Iri.
A ben guardare, la sigla Seicos non è del tutto nuova. Fino all’anno scorso tra le controllate di Finmeccanica c’era un’altra azienda con quella stessa ragione sociale che, però, a fine dicembre del 2005, cambiò nome in Selex service management. Tempo tre settimane e nacque la nuova Seicos, quella presieduta da Pucci. Il marchio Selex, invece, indica le aziende del gruppo attive nel settore dell’elettronica per la difesa. Ma non solo, se è vero che la Selex communications sta cercando di lanciare sul mercato una nuova macchina, una sorta di computer multifunzione battezzato con un nome che è tutto un programma: Sistema di intercettazione informatizzato centralizzato, in sigla Siic.
Le operazioni societarie sono il segnale esterno di un riassetto che incide nella sostanza. In tempi di minacce terroristiche il business della sicurezza fa gola a molte aziende, compresa la Finmeccanica di Guarguaglini che ha colto la palla al balzo per dare una nuova mission operativa alla controllata Elsag di Genova, storica insegna dell’automazione industriale da tempo in crisi. Detto. Fatto. L’anno scorso è stato varato un nuovo polo della security, che comprende la protezione delle reti telematiche e dei dati sensibili, i progetti di analisi del rischio, la protezione delle infrastrutture fisiche e i sistemi informatici della sicurezza. Tutto finito sotto l’ombrello di Elsag che ha rilevato le attività di altre società del gruppo pubblico. Mentre nei mesi scorsi è partita l’integrazione con Datamat, la società di sistemi informatici quotata in Borsa appena comprata da Finmeccanica con una doppia offerta pubblica. A dire il vero, però, le grandi manovre del gruppo sono cominciate l’anno scorso con un affare passato quasi del tutto sotto silenzio. Un affare in apparenza di portata minore che però coinvolge anche la divisione security di Telecom, destinata di lì a poco a finire al centro dello scandalo. Da tempo il gruppo di telecomunicazioni cercava un compratore per i cosiddetti CTS, i Centri Territoriali di Sicurezza. In parole povere i servizi di vigilanza agli uffici e alle centrali telefoniche.
Nel giugno del 2005 queste attività sono state cedute a Tecnosis, nuova società tra Finmeccanica e, con una quota del 30 per cento, la multinazionale francese Atos origin. Prezzo d’acquisto: solo poche decine di migliaia di euro per un ramo d’azienda che si portava in eredità, oltre a un centinaio di dipendenti, anche tutti i contratti di guardianìa per gli impianti Telecom. Di lì a pochi mesi i francesi si sono defilati dall’operazione, girando al socio italiano le loro azioni di Tecnosis. Risultato: Finmeccanica adesso gestisce anche le portinerie di moltissimi uffici Telecom e, tra polemiche e contestazioni sindacali, ha concesso in subappalto a una serie di agenzie di vigilanza il controllo su impianti e immobili della compagnia telefonica. Non è certo un servizio ad alta tecnologia, ma anche questo fa gioco nel sistema di sicurezza globale propagandato dagli uomini di Guarguaglini.
Per l’occasione è stato lanciato un concetto nuovo, quello del ‘cubo della sicurezza’ o ‘security cube’, per dirla all’inglese. L’immagine serve a descrivere un complesso di attività che si incastrano una con l’altra per garantire ai clienti, pubblici e privati, la protezione dai rischi più vari. I cubi, in verità, sarebbero due: quello fisico e quello logico. Il primo indica i servizi a difesa di una struttura come un aeroporto o una centrale elettrica. Quindi, per esempio, il controllo degli accessi e la videosorveglianza. Il cubo logico serve a proteggere le reti informatiche attraverso sistemi e software progettati ad hoc. Ce n’è anche per la polizia, perché Elsag produce il cosiddetto Patrol support system, una sorta di computer portatile con cui l’agente di pattuglia può verificare in tempo reale l’identità e i precedenti di un sospetto o la targa di un auto. E sempre in tema di controlli non può mancare la tecnologia biometrica, che serve al riconoscimento personale attraverso macchine che immagazzinano, gestiscono e leggono milioni di dati, per esempio sulle impronte digitali o i lineamenti del volto.
A questo punto il menù è completo. Se in un futuro prossimo il governo, sul modello americano, vorrà gestire in modo centralizzato con scopi di antiterrorismo tutti i dati sensibili dei suoi cittadini, Finmeccanica è già pronta per il gran colpo: diventare il fornitore unico della security di Stato. Dai portinai ai supercomputer.
Un consiglio molto politico
Il mandato del presidente e amministratore delegato di Finmeccanica, Pierfrancesco Guarguaglini, sarebbe dovuto scadere subito dopo le elezioni ed essere rinnovato dal nuovo governo. Nel maggio del 2005 il consigliere Francesco Mazzucca (Udc) si è dimesso a cinque giorni dall’assemblea, facendo decadere (grazie ad altre poltrone vacanti) l’intero cda. Il quale ha avuto un nuovo mandato fino al 2008. Curiosamente Mazzuca aveva motivato la scelta con “sopravvenuti ed imprevisti impegni professionali” che, pochi mesi dopo, non gli hanno impedito di accettare la carica di presidente della controllata Ansaldo Nucleare. Al di là di Guarguaglini, un tecnico vicino ad An, oggi in buoni rapporti con il suo ex compagno di Università e ministro dell’Interno, Giuliano Amato, nel consiglio siedono molti esponenti espressi dai partiti. Qualche esempio: Franco Bonferroni, legato a Lorenzo Cesa, il segretario dell’Udc col quale è anche stato condannato in primo grado per corruzione, ma poi ha visto la sentenza annullata per un vizio procedurale; Roberto Petri, capo segreteria dell’ex sottosegretario alla Difesa Filippo Berselli (An); Paolo Vigevano, consulente dell’ex ministro all’Innovazione Lucio Stanca (Forza Italia); l’ambasciatore negli Usa Giovanni Castellaneta, consigliere diplomatico di Berlusconi; Gian Luigi Lombardi-Cerri, un tecnico vicino alla Lega. Poi ci sono quelli che un passato politico ce l’hanno dietro le spalle come Maurizio De Tilla, presidente della potente cassa forense, un passato di simpatizzante socialista e una candidatura con elezione mancata nelle file del Polo delle libertà.
Cielo, mare, terra, spazio: dove osa lo Stato
Un po’ Iri, un po’ Efim: così Finmeccanica è diventato il gigante statale dell’industria militare. Ecco cosa produce Caccia e Atr Finmeccanica controlla Alenia, il colosso italiano dell’aviazione. Oggi il programma principale è quello dell’intercettore Eurofighter ma è presente anche nel consorzio a guida americana per il futuro caccia Jsf. Costruisce il velivolo da trasporto C-27 e collabora all’ultima versione del C-130 Hercules. Tra la produzione civile spicca l’Atr assieme ai francesi, la partecipazione con Boeing nel Dreamliner 787 e il nuovo accordo con la russa Sukhoi per un jet da cento posti.
Elicotteri Finmeccanica è il terzo gruppo mondiale degli elicotteri. Possiede l’Agusta e la britannica Westland. Insieme producono l’Eh 101 Pelikan, adottato anche dalla Casa Bianca. C’è poi il peso medio europeo NH 90, l’Agusta Bell 139, il Lynx inglese e le ultime varianti del leggendario A 109. Il mercato principale è quello militare, dove spicca il Mangusta da combattimento. Tank e cannoni Oto Melara ha portato in dote un arsenale di artiglierie. Ci sono i cannoni navali più venduti nel mondo, adottati dalle marine di tutto l’Occidente: dagli Usa a Israele. Invece i mezzi corazzati vengono prodotti soprattutto per le nostre forze armate: tank Ariete, le autoblindo Centauro, i blindati Dardo. Nel catalogo anche bombe ‘intelligenti’, mitragliere e siluri speciali.
Radar e company
La storica Selenia è diventata Alenia, ma fabbrica ancora sistemi radar militari di alto livello, che coprono anche un’area di 300 chilometri e sono stati esportati in diversi paesi. Ci sono poi i radar degli aerei da caccia. Galileo invece si occupa di apparati di puntamento per corazzati ed elicotteri. Elettronica Ricco catalogo, militare e civile con Selex e Datamat. Ci sono le radio del sistema Tetra, adottato dal ministero dell’Interno per la rete di comunicazioni, ma anche apparecchi per i collegamenti militari e apparati per disturbare le trasmissioni. Missili Finmeccanica come partner del megaconsorzio Mbda partecipa a 45 programmi per costruire missili e sistemi da guerra elettronica. I missili più importanti sono il Teseo antinave, l’Aster 30 terra-aria, il modernissimo Meteor per i combattimenti aria-aria.
Spazio Alenia Alcatel produce satelliti e sonde, Telespazio gestisce reti di collegamento. Così Finmeccanica è uno dei leader europei e protagonista del progetto futuro chiamato Galileo. Trasporti Con Ansaldo Breda realizza treni ad alta velocità e metropolitane. Il più famoso è l’Eurostar Etr 500 ma ci sono anche jumbo tram e i convogli del tunnel sotto la Manica Energia Ansaldo Energia realizza centrali elettriche d’ogni genere. Turbine a gas, impianti idroelettrici e persino nucleari. Oltre ai sistemi di trasformazione dell’energia, ci sono le sale di controllo e qualunque apparato di sicurezza.
Procura modello Bolzano
Risparmiare sulle intercettazioni? Mentre da anni tecnici e politici lamentano i costi crescenti della bolletta, a Bolzano sono riusciti a dare un taglio netto alle spese. “E senza rinunciare a questo strumento di indagine”, precisa Cuno Tarfusser, procuratore del capoluogo altoatesino. “Anzi negli ultimi due anni”, dice Tarfusser, “le linee sotto controllo sono aumentate”. Intanto i costi del servizio sono calati da 1,1 milioni di euro del 2003 ai 447 mila del 2005: un risparmio di oltre il 60 per cento. Non è solo questione di intercettazioni. A Bolzano, con determinazione teutonica, si sono messi in testa di gestire la Procura con uno stile aziendale. Sfruttando un finanziamento del fondo sociale europeo (200 mila euro) si sono affidati a una società di consulenza che ha contribuito a indicare mezzi e obiettivi di una ristrutturazione all’insegna dell’efficienza. Così, nel giro di due anni, le spese di giustizia si sono ridotte del 52 per cento. E grazie a questi interventi, spiega Tarfusser, la Procura è riuscita a migliorare anche la qualità dei servizi resi al cittadino. Un’esperienza di successo, senza precedenti in Italia, che verrà discussa in un convegno a Bolzano il 14 e 15 dicembre.”
Come vedete, amici del web e nemici di Ipazia Preveggenza Tecnologica, è materia delicata. Anzi lo è sempre stata come il “ricordo”, già pubblicato, su Walter Beneforti dimostra.
Lo scenario delineato dall’articolo di Gomez e Malagutti del 2006 correlato a quanto vi ho segnalato sulla recente nomina del responsabile della sicurezza di Finmeccanica Paolo Campobasso, sono elementi sufficienti per capire che, intorno a queste decisioni, si gioca il futuro della indipendenza del nostro Paese e della sua vita civile e democratica.
Il gruppo di lavoro organizzato in Kami Fabbrica di Idee ne era già pienamente consapevole sin dal 12 novembre 2004, data in cui fu redatto, a cura della dott.ssa E. B., il documento che in parte oggi ripubblico: “… La struttura del sistema, che prevede una separazione delle funzioni di acquisizione, di registrazione e di riproduzione ed analisi, consente la remotizzazione, cioè, l’ascolto da remoto, dei terminali rispetto ai server centrali, permettendo in tal senso, alle varie forze di Polizia Giudiziaria, di gestire le attività di intercettazione senza la necessità di spostarsi presso i locali della Procura.
Il modello tecnologico comprende:
– Le infrastrutture di telecomunicazione, con un sistema di interconnessione con le reti di telecomunicazione e il sistema di ascolto;
– Un sistema di certificazione delle informazioni univoco per la validazione dei dati;
– Un insieme di infrastrutture per la memorizzazione delle informazioni e la strutturazione dei dati per ricerche multimediali.
Ciò avviene attraverso:
– Introduzione di sottosistemi hardware e software dedicati per le intercettazioni dati e per quelle ambientali;
– Introduzione di un elemento di rete (NAS=Network Attached Storage) dedicato alla memorizzazione delle intercettazioni (spazio di storage espandibile fino a 8 TeraByte) con caratteristiche di scalabilità, ridondanza e prestazioni superiori ai sistemi normalmente utilizzati dalle Procure;
– Realizzazione di un accesso sicuro ad Internet per l’erogazione dei seguenti servizi:
– ricezione da parte del server di acquisizione e correlazione dei cartellini relativi all’intercettazione da parte dei provider che utilizzano il servizio di mail per l’invio degli stessi;
– aggiornamento automatico dell’antivirus per i server e le postazioni di ascolto;
– accesso da parte degli operatori telefonici ad un servizio FTP per l’upload dei tabulati relativi alle operazioni;
– utilizzo della posta elettronica certificata;
– accesso sicuro al Trouble Ticketing via Web per la segnalazione dei disservizi in modalità informatica.”
Inoltre, nel documento si poteva leggere che: “… Grazie alla collaborazione con Kami – Fabbrica di Idee, Monitoring Italia (già Carro srl) è riuscita ad elaborare un progetto completo e articolato di modernizzazione dello Stato nel comparto dei servizi alla Giustizia. Attraverso la costruzione attenta e paziente di una rete di relazioni istituzionali di alto livello, insieme, le due società hanno avviato un percorso commerciale e legislativo a garanzia del diritto, della sicurezza dello Stato e del contenimento dei costi di amministrazione della Giustizia.”
Nel proseguo di questa ampia e ormai irreversibile testimonianza racconterò chi preferì i soldi della COFITO della signora Bruna Segre, e della Banca Intermobiliare agli interessi della Repubblica Italiana.
Oreste Grani
Affermazioni mai smentite da alcuno. Torniamo ad oggi.
Sabato 15 giugno 2013 la Repubblica, con un’inchiesta, dal titolo più che esplicito (La via italiana al Datagate. Così due leggi aprono le nostre vite agli 007) a firma di Carlo Bonini, Piero Colaprico, Giuliano Foschini, Marco Mensurati e Fabio Tonacci irrompe sul tema delle tecnologie e delle libertà.
Ci risiamo, mi dico. Cosa è cambiato in meglio, in peggio, in niente dai tempi del suicidio di Bove secondo gli editori, i direttori, i redattori, i lettori di “la Repubblica” nello scenario politico culturale italiano?
Leo Rugens su questo stesso argomento, nei prossimi giorni, svilupperà il racconto che ha solo delineato. Prima di questi flashback riportiamo alla memoria, dei nostri pochi lettori, l’articolo che Rossana Miranda ha pubblicato il 25 gennaio 2011 sulla rivista Formiche. Il riferimento culturale è a Norberto Bobbio che, prima di lasciarci, aveva più volte evidenziato ed elaborato il tema dei “poteri invisibili”. In queste ore la Repubblica italiana, sia pur stanca, deve compiere scelte strategiche per stabilire come e chi potrà rendere compatibili i “poteri invisibili” con la democrazia per tutti noi. Dovremo trovare un difficile equilibrio tra innovazioni tecnologiche, esigenze investigative e garanzie costituzionali. Assicurandoci così una necessaria e serena convivenza per uscire dalla crisi economica che ci attanaglia.
Oreste Grani
La virtù del serpente
25 – 01 – 2011Rossana Miranda
Nonostante l’analisi di Norberto Bobbio risalga a molti anni fa, alcune sue considerazioni sono più attuali che mai. Come quella sui servizi segreti.
“Il segreto non è di per se stesso né bene né male. È bene quando impedisce di sapere quello che è bene, utile, opportuno non si sappia; è male quando impedisce di sapere quello che sarebbe bene, utile, opportuno che si sapesse.
Il mistero, invece, riguarda ciò che, pur essendo bene, utile, opportuno che si sappia, non si riesce a sapere o per difficoltà di accedere alle fonti o per intervento di un potere superiore o anche soltanto per insufficienza delle nostre capacità conoscitive”.
Così Norberto Bobbio riflette sulle differenze tra “segreto” e “mistero”, in un articolo di prima pagina su La Stampa del 13 novembre del 1990. Una riflessione che è stata pubblicata da Einaudi nel libro Democrazia e segreto (2010) e che raccoglie anche l’omonima relazione tenuta ad un convegno a Sassari nel marzo del 1988. Nonostante l’analisi del politologo torinese risalga a molti anni fa, quando l’Italia viveva un momento di delicata transizione della sua democrazia, la caduta della prima Repubblica, alcune sue considerazioni sono più attuali che mai.
Per Bobbio i cosiddetti “poteri invisibili” erano totalmente incompatibili con la concezione del sistema democratico. Per il filosofo, “il governo della democrazia” è “come il governo del potere pubblico in pubblico”.
Dove la nozione di “pubblico” è sia l’opposto della sfera “privata”, sia il contrario di ciò che viene “nascosto”. Perché la democrazia si basa sul principio del controllo da parte delle autorità e soprattutto dei cittadini. E come giudicare il fatto che ci sono fatti, elementi e vicende che rimangono all’oscuro?
Bobbio, da “buon realista e da sano pessimista” – come lo definisce Marco Revelli nell’introduzione a Democrazia e segreto – sapeva che la realtà si presenta in modo ben diverso rispetto ai principi teorici e agli ideali della politica. Sapeva che la totale trasparenza, la totale apertura, è un’utopia difficile da applicare anche nelle democrazie più antiche e stabili.
Ci sarà sempre qualcosa che non può uscire alla luce pubblica perché ci sono circostanze estreme in cui bisogna proteggere la società, anche, a volte, a rischio del congelamento dei principi più elementari della democrazia.
Bobbio, già alla fine degli anni ‘80, manifestava la sua preoccupazione per la pericolosa tendenza delle democrazie contemporanee a sviluppare le istanze tecnologiche al di sopra delle capacità umane.
Una conoscenza complessa, tecnica e di élite, resa facilmente “misteriosa”, oscura per la maggioranza degli italiani, in una pericolosa confusione tra mittenti, destinatari, contesti. Quasi una profezia del caso Wikileaks, dove le nuove tecnologie hanno avuto un ruolo fondamentale (anche però nella facilità con cui si sono divulgate informazioni riservate). Bobbio dedica anche una riflessione ai servizi segreti e al loro funzionamento nella storia italiana.
Denuncia che di segreto in segreto, a causa anche di troppe “deviazioni”, un ente che è stato creato per prevenire o arginare attacchi allo Stato e alla società, abbia lavorato in modo (sbagliato) tale da far correre più rischi del dovuto. “Abbiamo visto che la democrazia esclude in linea di principio il segreto di Stato, ma l’uso del segreto di Stato, attraverso l’istituzione dei servizi segreti di sicurezza, che agiscono in segreto, viene giustificato, tra l’altro come uno strumento necessario per difendere, in ultima istanza, la democrazia… Il serpente si mangia la coda.
Ma il serpente, come abbiamo visto, è sempre stato considerato come l’emblema della prudenza, virtù politica per eccellenza, e perché no, anche dei giuristi, la cui scienza non a caso è stata chiamata iurisprudentia”.
L’ha ribloggato su Leo Rugens.
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