Nimto: “Non durante il mio mandato”. La salamandra Mauro Moretti non deve essere confermato alla guida delle Ferrovie
Giorgio Napolitano è il Presidente della Repubblica e gli dobbiamo rispetto. Inoltre, è anziano. Molto anziano. Forse, come tutti noi anziani, comincia a non avere un buon udito. Questa volta però, la questione è serissima e avendo deciso di unire la nostra voce a quella di mille e mille altri cittadini indignati, ci deve dare ascolto.
Parliamo del tentativo estremo che i parenti delle vittime del rogo di Viareggio stanno cercando di attuare: Mauro Moretti non deve essere confermato alla guida delle Ferrovie dello Stato.
Giorgio Napolitano, vecchio compagno di militanza politica di Mauro Moretti deve “interferire” e, come fa spesso, deve suggerire, a chi di dovere, che non è opportuno che la salamandra Mauro Moretti rimanga, per altri anni, al comando assoluto del grande business sottointeso alle ferrovie e al loro indotto.
Il mondo è piccolo e la gente mormora. I mormorii descrivono una ennesima recita da “ladri di Pisa”: avversari di giorno e amici di notte. La voce popolare descrive un idilliaco accordo con quelli che dovrebbero essere i concorrenti delle Ferrovie dello Stato e cioè gli azionisti della NTV guidata da Luca Cordero di Montezemolo. I mormoratori arrivano ad arzigogolare che dietro tutta questa insistenza per la Tav ci siano gli ovvi interessi francesi rappresentati da potentissimi ambienti massonici d’oltrealpe. Le solite paranoie di chi vede ovunque uomini incappucciati!
Scelgo di usare parole di un addetto ai lavori, l’onorevole Mario Valducci, per invitare a riflettere sulla inadeguatezza di chi ha diretto per troppi anni le Ferrovie dello Stato.
Il testo quando fu scritto nell’agosto del 2011, non sembrava, tranne per una battuta (Da quando è stata attivata la Tav tra Roma e Milano, realizzando la “metropolitana d’Italia”, come enfaticamente definita dall’ad di Ferrovie Mauro Moretti, si è parlato dell’utilità in termini di business tra i due principali poli italiani, ma di rado della sua funzione culturale.) censurare l’operato di Mauro Moretti.
Oggi quell’intervento va riletto e apprezzato per quanto riguarda la denuncia dell’arretratezza “culturale” delle Ferrovie, tutta ascrivibile a chi avrebbe dovuto promuovere un cambio di paradigmi e non l’ha fatto.
Da troppi anni (Moretti era già lì quando fu ucciso il direttore generale Ligato il 27 agosto del 1989) la salamandra, ha sempre pensato a salvarsi dalle fiamme, ma non è riuscita ad evitare che la questione della Val di Susa si incancrenisse e divenisse un problema soltanto di ordine pubblico, di contrapposizioni violente e di sicurezza nazionale.
Prendiamo atto che oltre a tutto il resto costituito dal deteriorarsi delle infrastrutture ferroviarie e dall’orrore degli incidenti insanguinati, Moretti non è riuscito, culturalmente, a risolvere questo nodo strategico. Proviamo a cambiare e a mandare a casa il longevo satrapo onnipotente. Proviamo ad affidare le Ferrovie italiane a qualcuno che non sia Mauro Moretti.
Leo Rugens
MAURO MORETTI L’UOMO DEI DUE PESI E DELLE DUE MISURE
Come dire no a chi dice sempre no
26 – 07 – 2011
Mario Valducci
È endemica la difficoltà italiana di decidere e agire, a meno di non essere in emergenza. Il caso della costruzione del tratto di Alta velocità ferroviaria in Val di Susa è illuminante.
Quando pensiamo alle infrastrutture e ai trasporti, di norma, pensiamo a qualcosa che più materiale non si può. Almeno era così fino a qualche tempo fa. Oggi, invece, le cose stanno in modo diverso. C’è stato un cambio di passo che è frutto di un cambio culturale e ciò è avvenuto (e avviene quotidianamente) in tutto il mondo. Prendiamo un ponte, ad esempio. Unisce due sponde che prima erano distanti se non, addirittura, completamente separate e indipendenti. Questa separazione ha prodotto spesso mondi diversi, culture diverse. Un ponte unisce mondi e culture separate. Questo concetto è ben presente nei Paesi a forte tasso di crescita, come la Cina. In Italia questo sentimento non è così diffuso: chi ha sentito parlare del ponte sullo Stretto di Messina come di un collegamento tra due culture? È solo un esempio, ma altri se ne potrebbero fare. La linea ad Alta velocità, ad esempio. Da quando è stata attivata la Tav tra Roma e Milano, realizzando la “metropolitana d’Italia”, come enfaticamente definita dall’ad di Ferrovie Mauro Moretti, si è parlato dell’utilità in termini di business tra i due principali poli italiani, ma di rado della sua funzione culturale. Eppure in chiave europea questa utilità è ben presente, anche nella mente degli italiani. È fuor di dubbio che la diffusione dei voli low-cost in tutta Europa abbia servito la causa dell’integrazione europea più di qualsiasi rappresentanza al Parlamento europeo.
Oggi può risultare più economico per un romano trascorrere un weekend a Varsavia piuttosto che a Bologna. E a volte andare a Ibiza, Baleari, Spagna, può risultare, oltre che più economico, più semplice rispetto a una spiaggia calabrese. Questo anche perché l’Italia negli ultimi 30 anni ha investito molto poco nelle infrastrutture (ad eccezione dell’Alta velocità nella parte centro-nord dello Stivale). Il ruolo degli investimenti in infrastrutture nell’Italia postbellica è sempre stato riconosciuto come determinante per l’uscita dalle macerie della crisi e la creazione del cosiddetto “boom economico” degli anni a cavallo tra il ‘50 e il ‘60. Spinta dalle necessità della ricostruzione, l’Italia in breve tempo si dotò di una efficiente rete autostradale, che verteva sull’asse nord-sud della Milano-Napoli. Si modernizzarono le ferrovie al punto che nel 1977 fummo i primi in Europa ad avere l’alta velocità, nel tratto tra Roma-Firenze. Il denaro immesso nel circuito, insomma, servì secondo una logica keynesiana, come leva economica, con benefici nel breve e medio termine.
Oggi la situazione del Paese è profondamente diversa. Non usciamo da un conflitto devastante, ma il mondo globalizzato impone alle nazioni velocità sempre maggiori e competizioni sempre più difficili da affrontare. E i conflitti spesso ce li creiamo da soli. Il caso della costruzione del tratto di Alta velocità ferroviaria in Val di Susa, parte del tratto Torino-Lione, è illuminante. La Francia ha terminato le gallerie di sua competenza, mentre da noi è dovuta intervenire la forza pubblica per rimuovere i blocchi creati dai comitati No Tav. Qui entriamo nella endemica difficoltà italiana di decidere e agire, a meno di non essere in emergenza. La lingua inglese sintetizza questa difficoltà a prendere decisioni con due acronimi: Nimby e Nimto, rispettivamente “non nel mio cortile” e “non durante il mio mandato”. I due acronimi rendono bene la ritrosia nel costruire infrastrutture, dai termovalorizzatori alle centrali, dai rigassificatori alle gallerie per l’alta velocità, ritrosia simbolo di un’Italia che non cresce ma galleggia, vivacchia.
L’assetto istituzionale italiano sembra strutturato apposta per seguire la tendenza del Nimto, con la frammentazione dei poteri (20 Regioni, 110 Province, 8100 Comuni), sovrapposizioni, diritti di veto diffusi, non chiarezza dei ruoli. Il tutto amplificato da una dissennata riforma del Titolo V della Costituzione votata a maggioranza nell’ultimo giorno della XIII legislatura, che ha introdotto competenze concorrenti praticamente in tutte le materie strategiche per lo sviluppo del Paese. Basti pensare che nel periodo 2002-2003, a ridosso della riforma del Titolo V, si è avuto un aumento del 500% del contenzioso Stato-Regioni presso la Corte Costituzionale. La riforma ha poi portato anche a un sovrapporsi di norme statali con quelle locali, con la moltiplicazione di leggi e regolamenti di sempre meno chiara interpretazione e applicazione. Uno studio del Club european house Ambrosetti ha evidenziato come la produzione di leggi in Italia sia superiore del 15% rispetto ai cugini francesi e sia quasi quadrupla rispetto al Regno Unito.
Si è tentato più volte di realizzare le opere pubbliche con processi inclusivi che servissero ad aumentare il consenso, un po’ sul modello della procedura di débat public francese, ma anche quando ciò si è verificato, come con l’Osservatorio sulla Torino-Lione, non è servito ad evitare durissimi scontri tra i contrari all’opera e lo Stato. Su questo un ruolo decisivo possono giocarlo i media, attraverso un’informazione completa, corretta e diffusa, che eviti inutili allarmismi, ma sia capace di generare un consenso consapevole.
Siamo quindi destinati all’immobilismo sia motorio sia istituzionale? Credo di no. L’Italia ha più volte dimostrato di saper reagire a situazioni difficili, di avere forza, tecnologia ed estro per innovare. L’Autostrada del Sole fu costruita negli anni ‘60 in soli otto anni, con soluzioni all’avanguardia. Fondamentale per la crescita, lo sviluppo delle infrastrutture e dell’Italia è una modifica della Costituzione. Come la Costituzione in vigore ha educato gli italiani ad amare la democrazia, ad uscire da una dittatura e da una guerra e porre le basi per essere uno dei Paesi più industrializzati del mondo, così una modifica agli strumenti di governo e di organizzazione dello Stato renderebbe l’Italia al passo con i tempi e con le armi giuste per affrontare le sfide del futuro. E ponendo le basi per una nuova cultura dell’innovazione e del merito, chissà: magari anche il ponte sullo Stretto verrà visto come un ponte tra culture.
L’ha ribloggato su Leo Rugense ha commentato:
Dossier Salamandra : ovvero Mauro Moretti con la sua tracotanza e avidità senza limiti, ha pisciato fuori del vaso.
Vediamo se, al suo”me ne vado”, qualcuno risponde “e sti’ cazzi?”oppure più semplicemente, “finalmente”.
La verità è quella che sosteniamo da anni e cioè che Mauro Moretti custodisce una serie di inconfessabili segreti che lo hanno reso più che un valido dirigente dello Stato, un intoccabile satrapo .Quando se ne andrà o quando qualcuno avrà il coraggio di allontanarlo dagli armadi si scoprirà quali scheletri, mummie, segregati a vita sono nascosti dalle sue parti. Tenete conto che Mauro Moretti era un potentissimo sindacalista sin dai tempi del delitto Ligato, sin dai tempi di Lorenzo Necci. Il primo eliminato dalla criminalità organizzata in Calabria, l’altro fino all’ultimo giorno della sua vita socio formale dei fratelli Paolini di Fiuggi entrambi incriminati per gravissimi dissesti e, soprattutto, sospettati di essere coinvolti nella sparizione del Giudice Adinolfi.
Intorno alle Ferrovie è successo di tutto tranne che la Salamandra si bruciasse: E’ ora di sapere chi lo sempre protetto e a chi il sindalista ha sempre riferito. Leo Rugens
"Mi piace""Mi piace"