Lorenzetti: talpe, tunnel e tangenti (per tacer della camorra)
Come sanno i lettori di Leo Rugens, da queste parti, tifiamo per i giudici alla Ilda Boccassini o, come nel caso dell’indagine sulla TAV in Toscana, alla Angelo Antonio Peruzzi. Entrambi, tra le altre qualità, sanno anche fare un uso sistematico e intelligente delle intercettazioni telefoniche, strumenti investigativi legittimi che, in altre occasioni, abbiamo definite “sante”. È evidente infatti che non saremmo mai arrivati al disvelamento dell’esistenza di un groviglio bituminoso, addensato intorno alle figure di Maria Rita Lorenzetti, Gualtiero (detto Walter) Bellomo, Furio Saraceno, Valerio Lombardi, Alessandro Colella, Aristodemo Busillo e, per accostamenti giornalistici e “prove logiche”, Mauro Moretti (sì, proprio lui!) e Anna Finocchiaro (sì, proprio lei) se non ci avessero assistito le suddette “sante intercettazioni”.
A Leo Rugens rimaniamo sempre stupiti (secondo noi lo siete anche voi che ci state leggendo) di quanto il potere, gestito senza controllo e in oscena libertà, trasformi questa gentarella, che il sistema partitocratico pone ai vertici della cosa pubblica, in arroganti “ciucci presuntuosi”, convinti che loro “non possano essere intercettati”. Le cronache provenienti dal mondo intelligente dicono, invece, che perfino la Presidentessa del Brasile è ascoltata; figurarsi le piccole arrampicatrici sociali nostrane sempre pronte a sedersi a tavole imbandite, mentre i lavoratori delle realtà da loro presiedute sono mantenuti nel più assoluto precariato e con stipendi da fame.
Torniamo al Brasile e alle sante intercettazioni. Le sonde intelligenti, opportunamente attivate dalla Procura fiorentina, ci hanno consentito di apprendere che Massimo D’Alema (all’epoca dei fatti Presidente COPASIR), invece di utilizzare la sua ipotetica influenza presso quel grande e complesso paese che è il Brasile, cercando così di ottenere la sacrosanta estradizione del pluriomicida Cesare Battisti, veniva attivato dai suoi compagni di partito per aggiungere affari ad affari. E, a quanto si legge e si è ascoltato, si trattava di affari loro e non benessere per la Repubblica. Come da tempo diciamo, nel nostro amato Paese, non dobbiamo risolvere solo il problema “Berlusconi Silvio” che, a nostro modesto giudizio, è in via di soluzione. Ora, dobbiamo snidare migliaia di acquartierati all’ombra delle troppe COOPSETTE che, come vere termiti, hanno digerito la ricchezza del Paese, generando così la gran parte del mostruoso debito pubblico che ci toglie la sovranità nazionale.
Perché di questo si tratta: è necessaria una maggioranza parlamentare, legittimata da nuove libere elezioni, che istituisca una Commissione, con ampi poteri, che indaghi quali sono i dirigenti piazzati dalla partitocrazia nella “rete delle reti” (ENI, ENEL, POSTE, FERROVIE, FINMECCANICA, PORTI, RAI, FORZE ARMATE, CONSIP, CASSA DEPOSITI E PRESTITI, CNR, UNIVERSITÀ ecc. ecc. ecc.) che si sono macchiati di alto tradimento. Per questo reato, politico e culturale, vanno indagati e puniti gli oligarchi partitocratici che, depredando le casse dello Stato, hanno consentito a forze estranee agli interessi della Nazione, di “cannibalizzare” il nostro sistema produttivo. Siamo poveri per colpa loro e i dittatori occulti devono rispondere di alto tradimento alla Repubblica. Non solo di scarti della talpa che scava il tunnel sotto Firenze, affidati alla camorra per lo smaltimento.
Abbiamo scritto, per mesi, che le Ferrovie non sono un comparto delle infrastrutture del Paese che può essere lasciato in mano a chiunque. È ora di ridefinire la cultura della sicurezza in base alla quale possono essere concessi i NOS per svolgere attività afferenti la Strategia di Sicurezza Nazionale. La cui “stesura e definizione”, a sua volta, deve divenire priorità assoluta del futuro esecutivo.
Oreste Grani
L’ha ribloggato su Leo Rugens.
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