Chi spiega a Renzi gli intrecci bituminosi della pseudo massoneria toscana?
Cari e attenti lettori, in molti vi siete incuriositi del contenuto del post, a sfondo “politico/sessuale”, dedicato a chi spingesse da dietro, Matteo Renzi.
Ci deve essere stato un malinteso e me ne scuso con i protagonisti della vicenda da me citati: il Giovane, Matteo Renzi; il Vecchio, Giancarlo Elia Valori. Ma che avevate capito? Quando parlavo di trenini, non alludevo a posizioni atte a trarre soddisfazioni “sodomite” (lecitissime!) ma mi riferivo, metaforicamente, a chi “manovrava” chi. Tra il Vecchio marpione, Giancarlo Elia Valori e il Giovane vanesio, Matteo Renzi, quello che ha letto di più è, sicuramente, l’espulso dalla loggia di spietati affaristi, denominata “Propaganda Due”.
Cosa sia stata, per troppo tempo, la loggia massonica denomina P2, un giorno, quando Leo Rugens non avrà niente di meglio da fare, dirà la sua. Per ora, teniamo a mente quali furono gli intendimenti di Giuseppe Mazzoni (non Giuseppe Mazzini nonostante le stesse iniziali) pratese (sempre queruli toscani intenti a tramare in questa povera Italia) Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia (Goi) quando fondò la loggia Propaganda.
Saccheggio “liberamente” (si può ancora dire la parola “liberamente”?) saperi di altri e mi scuso di qualche inesattezza storica. La sostanza non cambia.
Correva l’anno 1877, l’Italia unita era giovane e Roma, fresca capitale, si riempiva di gente dal dialetto strano. Arrivarono da tutte le regioni Senatori del Regno, deputati, banchieri, sin da allora avidi faccendieri, “leccaculo” di professione (come oggi) e professionisti vari (i ruffiani no, perché a in città abbondavano da secoli, quando arrivarono i Lele Mora e i Tarantini è finita malissimo). I più giunsero sognando di fare la Nazione dopo aver fatto lo Stato. Quasi tutti custodivano nelle valigie i grembiuli e i mazzetti, decisi a portare modernità, innovazione scientifica e tecnologica e, soprattutto, buon governo. Talvolta, in regime monarchico, sognavano la Repubblica, giusta, libera e “pulita”.
Quando Mazzoni si insediò a Roma pensò che tante energie non potevano essere disperse e che “i fratelli” non potevano essere lasciati a se stessi. Tenete conto che le logge di riferimento e di appartenenza erano tutte lontane e viaggiare senza i congrui rimborsi spese che i parassiti della partitocrazia di oggi hanno, era disagevole e oneroso. Fondò quindi la loggia “Propaganda”. La scelta fu quella di accogliere tutti, senza badare alle obbedienze. La finalità, culturalmente e politicamente più che lodevole, era di tentare di fare gli italiani come auspicato da Massimo D’Azeglio.
La loggia “Propaganda” fu edificata sui pilastri della “Universo”, ideata e realizzata dieci anni prima dal Gran Maestro, suo precedessore, Ludovico Frappoli. La loggia “Propaganda” fu pensata subito con una doppia veste (“doppio livello”, direbbe la studiosa di realtà complesse Stefania Limiti): riservatissima negli affari e nelle lotte di potere e salotto buono da mostrare ai profani. Dopo le buone intenzioni di Giuseppe Mazzoni, arrivarono le abilità di altra natura del successore, Adriano Lemmi. Qui ci fermiamo perché la cronaca giudiziaria ci riporta, con crudezza e con nostra soddisfazione, alla notizia che Villa Wanda, nota proprietà del noto Gelli Licio, è stata posta sotto sequestro preventivo (leggi la notizia). Torneremo, comunque, su quali siano i saperi di un uomo (Elia Valori) che considera lecito favorire la vendita di armi, meccanismi ideati e costruiti per dilaniare altri esseri umani, generando, così, sofferenze senza fine in fragili, innocenti figli del Grande Creatore. Torneremo su quali possano essere i comportamenti di individui attratti solo dall’esercizio del potere quale retaggio di monarchie assolute di un mondo in cui il diritto elettorale era sancito per censo. E non, certamente, per stimolare la consapevolezza, negli Uomini, della bellezza armonica dell’Universo o degli Universi possibili.
Torniamo al novello Mosè che vorrebbero imporci.
Di Matteo Renzi e del suo spessore culturale abbiamo già detto la nostra (leggi qui).
Ora, tra le mille questioni di natura complessa che si delineano per chi volesse guidare autorevolmente il nostro popolo nell’attraversamento del deserto geopolitico che ci aspetta, si tratta di capire, ad esempio, come un ragazzotto, senza alfabetizzazione alcuna, se non la parlantina fiorentina (e fa anche rima) intenda risolvere l’intricata vicenda del “buco di cassa” della manifestazione musicale denominata “Maggio Fiorentino” che, come dice il nome, si svolge a Firenze – città dove il nostro “aspiratore di consonanti” risulta faccia il sindaco.
Cosa sia la Musica e quale funzione sociale possa e debba svolgere, abbiamo provato a dirlo in più occasioni. Certamente la Musica e le relazioni che intorno ad essa si possono costruire, può divenire lei stessa una strategia di definizione dell’identità nazionale. La Musica e il modo di rappresentarla, offrendola al Mondo, è già lei parte del patrimonio salvifico (i beni culturali) a cui l’Italia dovrebbe votarsi per uscire dal mondo “ragionieristico” in cui ci vuole costringere la troika europea.
Veniamo al problema. Che minchia c’entra, Matteo Renzi con la Cultura? Ecco le responsabilità criminali (culturalmente parlando) di Valori e di quell’altro peso massimo del pensiero politico/filosofico italiano rispondente al nome di Goffredo Bettini. Possibile che una risorsa, come i nostri giacimenti culturali, stiamo per affidarla allo stesso che non risulta aver vigilato perché le malversazioni non avvenissero nelle manifestazioni culturali della sua città e nel sottosuolo (TAV) proprio a Firenze? Fermiamo la moda in arrivo che vorrebbe farci “vestire” come questo piazzista di scampoli. Matteo Renzi, più che uno statista, infatti, mi sembra un magliaro di stoffe, brillante solo per il popolino. E, così dicendo, temo di fare torto alla creatività, ai sacrifici e alla simpatia umana dei nostri coraggiosi connazionali di quegli anni. Tale Cavalli, stilista (non Capucci o Coco Chanel!), è innamorato di Matteo Renzi e del suo ciarliero attivismo. I più anziani tra i miei affezionati lettori, ricorderanno un motivetto… “Attanasio cavallo vanesio, mamma mia le arie che si da…”.
Quando vedo l’esagitato Renzi provare a spiegarci come si esce dalla complessità della “quinta repubblica italiana”, penso sempre a quella canzoncina e a quella spensierata rivista musicale. Quando andava in scena “Attanasio cavallo vanesio”, a Firenze c’era sindaco il siciliano, giurista colto, Giorgio La Pira. Irreprensibile sul piano dell’uso del denaro pubblico per uso personale. È noto l’episodio di quando ad Hanoi, Vietnam del Nord, dopo una visita fatta ad Ho Chi Minh per discutere della pace necessaria, non aveva i soldi per tornare. La colletta fatta tra gli amici a Firenze aveva coperto solo le spese dell’andata. Per tornare, i soldi glieli diede il Presidente stesso del Vietnam del Nord.
In Toscana e in Italia, prima di Matteo Renzi, contava anche un altro grande (era molto piccolo di statura) democristiano: l’aretino, Amintore Fanfani. Anche di Renzi, si dice che sia stato “democristiano”. Proviamo a prendere le misure. Nel 1954, la moglie di Fanfani, Biancarosa, scriveva alla sorella: “Amintore è contento di essere diventato Presidente del Consiglio ma io ho pianto tutta la notte. Mi ha imposto di vendere i miei buoni del Tesoro, non vorrebbe si pensasse che possa avere un interesse nella politica del governo sul risparmio“. Ci sono democristiani e democristiani. Tutto qui.
Oreste Grani
Caro Oreste, è vero ci sono democristiani e democristiani. Ma quello che vorrei superare è la nostalgia. La DC di De Gasperi, La Pira e Fanfani non tornerà più. Aspettiamo una purificazione, piuttosto che immelanconirci sul passato. Ciao.
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L’ha ribloggato su Leo Rugense ha commentato:
Il 10 ottobre scrivevo di quanto fosse inopportuno che il filodiretto Matteo Renzi assumesse la guida del Paese.Ora ci siamo e vedremo che fine facciamo. Soprattutto vediamo a chi va la delega ai Servizi Segreti!
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Credo proprio che non conoscete la Massoneria!!!
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Da cosa lo deduce?
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