Ipocriti, invece di parlare di “emigranti clandestini”, confessate le vostre complicità con l’industria bellica
Oggi è il 17 settembre 2015. Il 12 ottobre del 2013 scrivevo questo post sotto lo stimolo del piagnisteo ipocrita di quei pezzenti che fanno finta di non sapere come stanno le cose e attribuiscono a non si sa chi la responsabilità degli esodi.
Mascalzoni, criminali, depravati cocainomani, avvinazzati, giocatori compulsivi, violentatori di donne e di ragazzetti ma la volete smettere di menarla su questi cattivoni perdigiorno che non avendo un cazzo da fare si mettono per mare e cercano un po’ di emozioni.
Per mare o a fare un po’ di footing salutare. Vi penso, leghisti di merda, con l’augurio che in altra vita siate obbligati da mane a sera ad aggirarvi tra fili spinati e violentatori.
Oreste Grani/Leo Rugens.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXÈ ora di finirla con gli atteggiamenti ipocriti e le rimozioni delle vere responsabilità di quanto sta accadendo nel bacino mediterraneo e nel vicino oriente. Passo al finale del mio ragionamento, così si capisce, subito, di cosa voglio parlare, a prescindere dal solito duo, colpevole di ogni nefandezza perpetuata da umani contro umani, negli ultimi 60 anni: Grillo (il nazi-fascista) e Casaleggio (il guru delirante).
Mi dite chi cazzo vende le armi, per denaro e perché ci si “scanni” fra simili, nelle terre da dove provengono donne, uomini e piccolini terrorizzati?
Le vendono tutti i paesi che, in queste ore, dicono di portare il lutto per gli esuli, i profughi che nell’estremo tentativo di “voler vivere” (ma che pretese assurde hanno questi “emigranti clandestini”!) muoiono, dopo ore di sofferenza e di “consapevolezza” di quanto sta per accadere loro. Anche se sono scuri di pelle o, a volte, addirittura “neri”, capiscono che stanno morendo, nel notte “nera”, nella “nera” acqua fredda.
Quanti sono oggi i morti? Quanti possano essere, sono tutti vittime dell’alleanza della spada con la moneta.
Il resto sono chiacchiere. Io sono troppo offeso da queste cerimonie macabre dei nostri politici per non augurare, agli ipocriti piangenti, la stessa fine. Nel caso, che una falla, improvvisamente, si apra nello scafo della loro “barca”.
Veniamo a un ricordo storico che, come ben evidenzia Aldo Gianulli nel suo testo “2012: la grande crisi“, non lascia adito ad equivoci. Il 17 gennaio 1961, nel suo discorso di commiato dalla Casa Bianca, il presidente Dwight Eisenhower, disse: Noi siamo stati costretti a creare un’industria permanente degli armamenti di grandi dimensioni. Ad essa bisogna aggiungere 3 milioni e mezzo di uomini e donne direttamente impegnati nell’apparato delle forze armate. Questa combinazione di un immenso apparato militare e di una grande industria darmi è un’esperienza nuova per l’America. Influenza globale – economica, politica, e anche spirituale – viene sentita in ogni città, in ogni parlamento dei diversi Stati, in ogni ufficio del Governo federale […] degli organi di governo dobbiamo guardarci dal lasciare acquisire una influenza non giustificata, avvenga ciò di proposito o no, al Complesso militare -industriale. Il potenziale per un disastroso aumento di potere mal collocato esiste e persisterà in futuro.
L’espressione “complesso militare – industriale” era nata qualche tempo prima nel campo della ricerca sociologica, ma il fatto che a usarla fosse un ex presidente rese ancora più efficace l’avvertimento. Gli USA, anche grazie alla loro posizione geografica, non avevano più ospitato un conflitto sul proprio suolo dalla fine della Guerra di secessione, e dunque non avevano bisogno di un esercito come quelli dell’Europa continentale: avevano adottato servizio di leva solo in occasione dell’entrata nella Prima guerra mondiale, ma per abolirlo già due anni dopo, e sino agli anni ’40 la spesa per armamenti era stata sempre inferiore a quella delle potenze europee. Tuttavia, nella Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti divennero l’arsenale di inglesi e russi, sviluppando una industria bellica di ampiezza senza precedenti, la quale non sarebbe stata ridimensionata con la fine del conflitto, ma, al contrario, ulteriormente potenziata con l’avvento della Guerra fredda e dei ripetuti interventi americani all’estero.
Si creò così una fitta ragnatela di rapporti economici e politici, ideologici che collegava inestricabilmente le forze armate del paese alle sue maggiori industrie attraverso il meccanismo delle commesse, delle consulenze reciproche, degli scambi di personale. In particolare nel settore delle telecomunicazioni, della cantieristica, aeronautico, della nascente industria elettronica, l’interscambio fu sempre più intenso sino a creare una forte compenetrazione. Naturalmente, autorità politica e vertici amministrativi furono ben presto parte integrante e necessaria di questo che divenne il blocco sociale dominante. Intorno al bilancio della difesa, si intrecciavano molteplici interessi economici, a cominciare dalla miriade di aziende fornitrici, proseguendo con le gerarchie militari e una fetta rilevante del mondo universitario americano, il quale ricevette cospicui finanziamenti per ricerca direttamente o indirettamente connesse all’industria bellica.
Il Dio a cui vengono sacrificate donne incinte con i loro bambini, “candidamente” convinti che il ventre della madre li proteggerà da tutto, si chiama Ares-Marte, il demone della Guerra. Ricordiamoci sempre che ad Ares erano consacrati gli avvoltoi.
Oreste Grani