La ministra Emma Bonino torna da Davos profondamente frustrata: la richiesta di pena di morte, per i marò, si avvicina

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“Profonda frustrazione”, così si esprime la signora Ministra degli Esteri Emma Bonino, già radicale e quindi gandhiana, proprio al ritorno da Davos dove ha incontrato gli eredi dell’opera di Gandhi.

Gandhi, proviamo a non dimenticarlo, prima di tutto, era uno stratega e per questo ha sconfitto gli inglesi. Forse Gandhi è stato il più grande degli strateghi dell’era moderna.

Si può pretendere di piegare i suoi eredi, senza una strategia? L’Emma nazionale, dopo l’incontro con i colleghi ministri indiani dell’economia e del commercio, ha capito che sarà ancora tutto difficile e che quel coacervo di dilettanti italiani (?), fatto di ex ministri (tutti rigorosamente “mimetizzati”), mediatori con foulard, agenti segretissimi di un’intelligence poco colta e di fatto “poco intelligente”, truffatori internazionali eternamente a caccia di tangenti, annidati in quel che avanza delle nostre industrie di Stato, hanno sempre di più, in questi anni (avete letto bene, stanno passando gli anni) aggrovigliato la vicenda. Che si presentava subito come una “partita di shangai o mikado”, gioco complesso ma che anche i bambini sufficientemente pazienti, sanno giocare.

Così, cara ministra, dopo aver dichiarato (senza mai ritrattare) che in questo nostro travagliato paese si lavora, in geopolitica e in tutto il resto, con prospettive “a meno di sei ore”, adesso, con altrettanta spontaneità, usa il termine “frustrazioni”. A quando quello di, “dimissioni”? Che fa anche rima!

Signora, come Le abbiamo altre volte suggerito, si chiami fuori, prima che sia troppo tardi perché, i “furbacchioni” che la consigliano (si fa per dire!), stanno per lasciarle in mano il cerino. E, questa volta , sarà difficile risolvere tutto attribuendosi, come nel caso Shalabayeva , il merito del felice esito.

A suo tempo, da queste pagine web e da altre, più lette ed autorevoli, quali quelle della rivista telematica “La Fucina“, fu consigliato di rivolgersi (tenendo conto che Lei è anche piemontese), alla Direttrice del CESMEO di Torino, dottoressa Irma Piovano, per avere, qualora lo avesse ritenuto opportuno, consigli “colti” atti a risolvere la questione “marò”.

Lei, evidentemente, è circondata da ciucci presuntuosi, troppo indaffarati a “non si sa cosa fare”, che, invece di attivare, ogni mattina, un semplice algoritmo capace di recuperare nelle fonti aperte (quindi, anche Leo Rugens o La Fucina) quanto di interesse delle attività del Suo ministero, l’hanno lasciata, giorno dopo giorno, inoltrarsi nei “misteri della giungla nera indiana”, ben descritti da Salgari e Kipling, senza procurarle una sia pur flebile “luce”.

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Kipling era massone, Salgari altrettanto, signora ministra e, di luci ed ombre, se ne intendevano entrambi parecchio, a differenza dei suoi collaboratori che sembrano più le solite ovvie scimmiette, che degli “intelligenti (basterebbe che fossero, come si dice negli Stati maggiori, “solerti”) servitori dello Stato”. La domanda che sorge spontanea è: di quale Stato? Queste “teste di cazzo”, per chi lavorano?

Dico queste cose “violente” perché potrebbe essere ormai tardi per salvare i Marò a cui, adesso, tutti dicono di volere salvi. Non bisognava imbarcarli e al loro posto si dovevano spendere soldi leciti per attrzzare elettronicamente le nostre navi. Punto.

Comunque, Lei ci provi a contrattare la Dottoressa Piovano. Anche perché la richiesta di “pena di morte”, quale punizione possibile per i marò , in piena campagna elettorale, in India e in Italia, si avvicina.

Leo Rugens

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