Oggi è il compleanno (dieci anni!) di Facebook! Buona “rete accessibile” a tutti.
In questi giorni, spero per loro con profitto, ho suggerito, ad alcuni amici impegnati professionalmente nel campo complesso dei rifiuti (settore dove, a mio avviso, solo un approccio strategico può dare “speranza” di affermarsi), un pensiero di Mohandas Karamchand Mahatma Gandhi sull’essere ognuno “spazzino di se stesso”. Oggi, di pensiero, ne propongo un’altro, sicuramente più noto, sempre del grande indiano : “Il fine è nei mezzi come l’albero nel seme“. Questa espressione, che io semplifico fino a dire “i mezzi anticipano il fine e devono essere coerenti, sempre, con la finalità“, non gode di molte simpatie nella terra, la nostra Italia, dove, con superficialità, si valorizza il pensiero politico di Niccolò Machiavelli ed, in particolare, “il fine, giustifica i mezzi”. Espressione divenuta, ormai, uno stereotipo e un luogo comune, dietro il quale si fanno passare, oggi, tutte le brutture del “governo della cosa pubblica” o delle relazioni, tra gli uomini e le donne, nel mondo degli affari. Non è necessario essere così cretini e violenti per provare a realizzare i propri eventuali “sogni”.
Il Mahatma Gandhi ha battuto lo spietato Impero inglese con il progressivo e “stringente” uso dello strumento organizzativo rappresentato dagli sforzi politici e culturali necessari all’attuazione del “il fine è nei mezzi come l’albero nel seme”. Oggi è il “decennale” di Facebook e ci tengo, per quel poco che i miei quattro lettori possono rappresentare in un mondo dove ogni due secondi nasce un blog e ogni secondo qualcuno decide di affacciarsi (anche con la propria faccia) nell’infosfera, a ribadire che l’amica elettronica è un mezzo e che deve essere trattata lei stessa secondo la saggezza gandhiana. Dice Luca De Biase che ne capisce di implicazioni sociali della diffusione dei nuovi media digitali un milione di volte (basta?) più di me: “Vivendo nel mezzo di una trasformazione fondamentale, dello stesso ordine di profondità di quelle avvenute intorno alla rivoluzione copernicana e alla Rivoluzione industriale, non si ha possibilità di leggere con chiarezza l’evoluzione dell’insieme. Quello che sappiamo è che la rete è la nuova struttura di relazioni tra le persone. Quindi l’approccio caotico appare più fecondo di quello lineare tipico dell’Ottocento e del Novecento. E chi vive in prima persona la nuova cultura si sta da tempo abituando a navigare nel caos del tempo e dello spazio allargato dal digitale. La potenza creativa di tutto questo è anche la fatica di gestire molte dimensioni di vita asociale contemporaneamente. E chi vive in prima persona la nuova cultura sa di partecipare alla costruzione di qualcosa di innovativo: non per nulla è condotto dall’idea di contribuire a “migliorare il mondo”. Perché nel nuovo paradigma culturale il futuro non e quello che ci sta per capitare, ma quello che noi stiamo costruendo. E l’unico modo per prevedere il futuro è disegnarlo e realizzarlo.
In questo contesto, l’economia monetaria non è più il centro della vita e (soprattutto – ndr) delle aspirazioni. I bisogni e gli scopi delle persone vanno oltre ciò che si può comprare. La consapevolezza dei limiti della soddisfazione che si può ottenere dalla spirale del lavoro e del consumo si va diffondendo. La qualità della convivenza civile è diventata una necessita fisica, come l’attenzione per l’ambiente.”
Qui volevo arrivare e, spero di esserci arrivato, con la vostra attenzione. Ecologia della mente ed ecologia dell’ambiente sono una sola cosa e, comunque, vivono in un stretta interdipendenza. Per questo, suggerire il pensiero su l’essere spazzini di se stessi e come dire che il fine è nei mezzi come l’albero nel seme.
Dice ancora Luca De Biase: “La dimensione economica monetaria e quella gratuita vengono gestite pragmaticamente in funzione della felicità che possono procurare, cioè della loro capacità di facilitare la realizzazione creativa dei sogni e il costante miglioramento di sé in una prospettiva di crescita qualitativa”.
Buon compleanno Facebook! Lunga vita alla “Rete” sempre più accessibile a tutti.
Oreste Grani