Alla fine la passione per i generi di lusso (“l’oro rosso”, marchiato “Mutti”), mi ha perduto!
Corrado Formigli mi è simpatico da quando quel “luogo strano” di massimo e oscuro potere che (in un’Italia meno sgangherata ), per oltre un secolo, è stata la FIAT, pretese, dalla giustizia italiana, che il giornalista fosse chiamato “in solido” a rispondere di alcuni servizi effettuati per conto della Rai e che fosse condannato a risarcire, quei poveracci degli Agnelli, di oltre 7 milioni di euro. La Fiat riuscì nel suo intento e la condanna comminata fu strombazzata con pagine e pagine dalla La Stampa di Torino. Con i tempi della giustizia, Formigli, in appello, fu assolto “con lode” del Tribunale per l’ottimo lavoro di denuncia fatto a suo tempo. Ovviamente, non un rigo fu dedicato, dal giornale della FIAT, alla “verità” ristabilita.
Ora, scopro che lo stesso giornalista ha scritto un libro, “Impresa impossibile. Storie di italiani che hanno combattuto e vinto la crisi”, dedicato alla strada in salita che gli imprenditori, anche di successo, devono, tutti i giorni, percorrere. Storie di veri eroi che sono riusciti a sviluppare fatturati e qualità di prodotto nonostante le leggi-giungla, la burocrazia corrotta, le tasse imposte sproporzionatamente per coprire i costi della politica “depravata”. Formigli descrive otto casi, tra i tanti possibili, e uno di questi imprenditori, è proprio uno dei miei miti: Francesco Mutti, della omonima “salsa di pomodoro”. La più buona del mondo. Nutella e Mutti, possono fare la felicità di un uomo. Prima di riportare alcune pagine del libro di Corrado Formigli dedicate a Francesco Mutti, voglio confessare dove e come ho “nascosto” il “bottino” che in molti ritengono sia riuscito, negli anni delle mie attività professionali, ad accumulare. Alla fine, tutti i criminali hanno un punto debole e, ad alcune condizioni, sono pronti ad arrendersi alla giustizia “giusta”. Ed io, non farò eccezione: posseggo 60 barattoli di polpa da 400 grammi; 48 bottiglie da 700 grammi (circa) di passata e, solo, tre tubi di “concentrato”; tutti rigorosamente marca MUTTI. Siamo parlando di kg e kg di “oro rosso” (detto anche “oro basso” o “14”) che, sia pur con le oscillazioni speculative degli ultimi mesi, sono un vero patrimonio. Contenti: Poggiolini nascose l’oro in verghe nei “puff” del salotto; Licio Gelli nei vasi di Villa Wanda io, più scaltro, ho nascosto l’oro (rosso), sotto gli occhi di tutti: in dispensa.
Godetevi le pagine dedicate da Formigli a Mister Pomodoro e … buoni spaghetti consolatori a tutti.
Oreste Grani
“Per diventare Mister Pomodoro ha dovuto parlar chiaro a quel calvinista di suo padre, «uno che se vede uno spreco di 1000 euro è capace di impazzire». Uno che governava l’azienda all’antica, Uno che gli ha lasciato il posto in fretta, a metà degli anni Novanta, quando Francesco Mutti era ancora un ragazzone ma aveva la tarantola degli affari e una sua personale, appassionata visione della pummarola. Così eccoci qua, coetanei (l’amministratore delegato di Mutti è del 1968 come me), a veder sfrecciare barattoli di passata sul nastro con un entusiasmo che manco fosse la pista Polistil. «Lo vedi? Settecento battute al minuto!» Significa che ogni secondo dodici lattine si riempiono di polpa di pomodoro e corrono verso il supermercato. Mutti.
La conoscete, l’avete comprata: polpa, passata o concentrato. «Il migliore sul mercato» mi fa lui con gli occhi che brillano. Non so se sia vero, m’intendo poco di sughi e affini. Però Francesco Mutti è considerato l’artista del pomodoro in scatola. È un dato parla per lui: prende l’azienda da suo padre che fatturava 10 milioni e oggi ne fattura 150. Un miracolo, un botto. La scalata avventurosa di un sognatore col pallino della qualità. Il mio incontro con Francesco vorrei raccontarvelo dalla fine, quando si è sciolto ed è passato al tu. Quando – dopo essersi arrampicato su una balaustra e mentre io ancora impreco per aver distrutto il mio telefonino nuovo contro uno spigolo in ferro nel tentativo di seguirlo, fare un a foto e capire quel che mi sta dicendo – osserva la sua azienda dall’alto e, aprendo le braccia, esclama: «Questo è il mio punto preferito. Qui capisci cos’è la velocità». In effetti non avevo mai visto in funzione una fabbrica di pomodoro in scatola. È come correre i cento metri una volta l’anno, e in quei cento metri ti giochi tutto. Il 90 per cento della produzione si svolge nell’arco di due mesi, dalla fine di luglio alla fine di settembre. Fra il momento della raccolta e quello dell’inscatolamento della polpa non passano mediamente neppure dodici ore. Dalla terra al contadino. Dal contadino al trattore. Dal trattore al camion. Dal camion alla fabbrica. E qui comincia la trama, mentre centinaia di opera i stagionali si aggiustano ai blocchi di partenza.
Francesco mi porta su una torretta dove i pomodori vengono prelevati e sottoposti a un maniacale controllo a campione per determinarne la qualità. «Con questa centrifuga e questo apparecchio determiniamo la percentuale di solidi insolubili del pomodoro» mi spiega incurante del mio sguardo interrogativo. l solidi insolubili, lo capirò poco dopo, sono la parte buona del pomo, quella più ricca di sostanze nutrienti e saporite. È calcolando quella percentuale, variabile fra il 5 e l’8 per cento, che Mutti pagherà i duecento produttori che gli forniscono i pomodori. «In realtà ognuno di loro ha con noi un contratto che stabilisce il prezzo a quintale» precisa lui «ma se il valore si discosta da quello medio, pagherò di meno oppure di più». Segnatevelo: il premio Pomodorino d’Oro assegnato dalla Mutti ogni anno al contadino che porta il pomodoro migliore, l’Oscar della polpa rossa lo vince chi fornisce pomi più dolci e più ricchi. E con una soglia di 350 tonnellate: «Il minimo per un produttore: i nostri in media ce ne portano 1000 ciascuno per una produzione annuale di 200 mila tonnellate». Chi vince, guadagna di più. Più polpa, più quattrini. Più quattrini, più ettari. Più ettari, più pomodori. La saga dei Mutti coinvolge la province di Parma, Reggio Emilia, Ferrara. Con un esperimento al Sud, fra Salerno e la Basilicata, descritto come il viaggio avventuroso oltre i confini della civiltà conosciuta: «Abbiamo appena iniziato, con poche migliaia di tonnellate. Per ora sembra andare tutto bene, poi si vedrà…»”.
L’ha ribloggato su Leo Rugense ha commentato:
Tra poche ore segue post-confessione!
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