Oltre che dei pericoli che la democrazia corre per colpa di quei fascistacci dei “grillini”, qualcuno ci può dire dove si trovano le 2.452 tonnellate d’oro italiano?
Nel novembre del 2010, l’autorevole rivista bimestrale di economia e geopolitica, “la Finanza”, a firma del suo fondatore e animatore culturale, l’esperto e sempre bene informato, Giorgio Vitangeli pubblicava un articolo dal titolo già di per sé inquietante: “Ma dove è custodito l’oro di Bankitalia?”.
Apprendevo così, leggendo il testo, che non tutto l’oro “italiano” si trova custodito a via Nazionale ma che, gran parte, era al “sicuro” nei sotterranei della Fed, a Manhattan cioè a New York. Vitangeli, che conosco dal lontanissimo 1965, non credo abbia mai, dico mai, fatto, in materia economico-finanziaria , un’affermazione con leggerezza o a fini “scandalistici”. Nel “pezzo”, aggiunse anche una parte autobiografica riferita al fatto che lui stesso aveva visto, in una visita riservata in quei sotterranei, le cataste d’oro di paesi di mezzo mondo e, in particolare, ricordava la “catastona” (l’Italia dovrebbe avere oltre 2.452 tonnellate d’oro), con davanti il cartellino “Italy”. Alla sua legittima curiosità del perché di quella allocazione, gli fu risposto che si era deciso così al tempo della “guerra fredda” per motivi di sicurezza. La visita accadde alcuni anni addietro e sarebbe interessante, ora che quei saputoni che, in Parlamento, hanno ritenuto opportuno far passare, in fretta e furia, un decreto relativo all’assetto azionario di Bankitalia, sapere, almeno, dove si trova quell’oro che, al tempo della visita di Giorgio Vitangeli, era in Usa e non, sicuramente, in Via Nazionale.
Oreste Grani