Macro è sull’orlo del fallimento. In queste ore drammatiche per la vita dell’Italia e dei suoi “giacimenti” culturali è bene non dimenticare chi sia stata Claudia Gioia
Il 28 dicembre 2012, postavo l’articolo “Le regie occulte. Ovvero, come e perché Claudia Gioia fece assassinare il Generale Licio Giorgieri“.
Da quel momento non c’è stato giorno che la rete, attraverso i suoi percorsi carsici, non abbia portato lettori fino alle mie “impegnative” affermazioni. Oggi, una notizia stampa relativa alle gravissime difficoltà in cui versa il Museo Macro, mi obbliga a ritornare, con la memoria, a fatti dolorosi (questa volta, per fortuna, non di sangue) dovuti all’operato della “Gioia Claudia”. Parlo di quando, la dottoressa Gioia, invece di starsene a scontare un doveroso ergastolo come chiunque al mondo avesse ordito la morte di un integerrimo e “utilissimo” servitore dello Stato quale era il Gen. Licio Giorgieri, era libera di fare danni, consigliando comportamenti professionali al Direttore (dell’epoca) del Museo, Danilo Echer. Le scelte culturali e amministrative del duo, portarono gravissimo danno alla Kami Fabbrica di idee come fu, inutilmente, sentenziato dal tribunale di Roma, nel lontanissimo 2005. L’effetto domino di quei danni (oltre 180.000 euro) e di quel denaro profuso e mai riscosso, come il Tribunale, invece, aveva sentenziato dichiarando debitore il Comune di Roma, furono l’elemento scatenante, se non determinante, per effetto domino, del fallimento di Kami Fabbrica di idee. Tenete conto che, ironia della sorte, per arrivare alla sentenza, correttamente, furono pagare le parcelle agli “arbitri” del lodo. Ovviamente, con assegni circolari, per decine di migliaia di euro. Mi dicono che, ad oggi (otto anni), il Comune di Roma/Macro non ha mai onorato il debito non consentendo così di risarcire i dipendenti di Kami. Mentre i tanti Danilo Echer e le Gioia Claudia hanno, viceversa, continuato a campare lautamente. Non solo quindi la rossa rivoluzionaria, fu l’oscura mandante dell’assassinio del Generale Licio Galvalici ma anche della “morte” civile dell’esperimento di intelligence culturale (geniale), messo in atto sotto il nome di Kami Fabbrica di idee. Gentile dottoressa, ora che sembra essere divenuta una persona per bene e che l’arte, intenerendole il cuore, potrebbe averla spinta a pentirsi di quell’omicidio, ci può rivelare chi le suggerì quel nome (Giorgieri), sconosciuto a “chiunque” non fosse “d’ambiente”, se non, addirittura, “coltivato” da servizi segreti di paesi terzi? Come ormai è noto, intorno al “caso Ustica” (e strage di Bologna) si è giocato lo scardinamento di tutta la nostra sicurezza nazionale. In più, già che c’è, potrebbe dirmi chi le suggerì di mandare per aria il progetto, da Kami proposto, della prima mostra, in Italia, esclusivamente dedicata ad artisti contemporanei israeliani? Perché, abilmente, si mise di traverso e vanificò quell’atto culturale che chiunque avrebbe capito era, soprattutto, una scelta politica? In poche parole, ci può, cortesemente, dire, da quando “istruì l’inchiesta” e le ricognizioni che portarono alla morte del Gen. Licio Giorgieri, per chi “lavorava” o “lavora”? Perché, se non lavorava per nessuno, allora la cosa è ancora più grave perché se fosse lei e solo lei l’artefice di tanto male, sarebbe un vero “genio”. Del “Male”, appunto.
Per i più distratti, ricorderò che il generale era depositario di non pochi segreti relativi alla strage di Ustica; 81 morti, più “altri”, fatti fuori durante il periodo investigativo. Questo perché, il cretino di turno, non pensi che abbia un rancore “personale” contro la rossa terrorista. Anche se sarebbe giusto odiarla per quello che ci ha fatto, “sabotando” la geniale, irripetibile, Kami Fabbrica di idee.
Oreste Grani che, come al solito, ci mette la faccia e tutto il resto
L’ordine di morte partì dall’estero
ROMA Il ministro Scalfaro non ha dubbi: L’ attentato mortale al generale Giorgieri è stato deciso fuori dall’ Italia ed eseguito da killer professionali. Lo ha detto uscendo dalla riunione che lui stesso ha presieduto ieri pomeriggio al Viminale. Sono molti infatti gli elementi che rafforzano la tesi del titolare dell’ Interno. Le modalità dell’ agguato e prove concrete nei collegamenti tra i terroristi tedeschi della Raf, quelli di Action directe e le Br. Giorgieri come Dozier? Gli inquirenti non si sbilanciano, ma intanto a ventiquattr’ ore dal feroce delitto di via del Fontanile Arenato, si fa strada un’ altra, inquietante ipotesi. Le nuove leve delle Br, il gruppo delle Ucc, avevano in realtà deciso di rapire il direttore generale di Costarmaereo. Un’ azione spettacolare che avrebbe rilanciato l’ immagine dell’ organizzazione anche a livello internazionale. Il piano, però, era sfumato per l’ inaspettato arresto di tre militanti sorpresi dai carabinieri il 22 gennaio scorso in via Nomentana; allora i terroristi avrebbero deciso il delitto. La tesi si basa su elementi concreti. Uno, in particolare: il ritrovamento di un furgone Transit nella zona dell’ Appia Antica cinque giorni dopo la movimentata cattura dei terroristi. L’ auto, abilmente camuffata, era stata preperata per ospitare un sequestrato. Aveva documenti e targhe in regola. Insomma, era pulita. C’ è però un’ altra tesi. E cioè che nei giorni immeditamente precedenti l’ attentato, le br volessero rapire un importante uomo politico. Messi in allarme, i servizi avrebbero sventato il piano sorprendendo tre brigatisti latitanti proprio sotto l’ abitazione del personaggio. Il gruppetto si sarebbe dato alla fuga riuscendo a far perdere le proprie tracce. Anche la moto Enduro Gilera 125 usata dai due killer per compiere l’ attentato era pulita. E’ stata ritrovata a un chilometro e mezzo di distanza dal luogo del delitto. I terroristi l’ hanno abbandonata in via Villa D’ Este e sono fuggiti probabilmente a bordo di un’ auto che li attendeva con un complice. La motocicletta è uno dei pochissimi elementi in mano agli inquirenti. Non è stata rubata, ma, al contrario, regolarmente acquistata. Nel giugno scorso. Uno sconosciuto ha risposto ad un annuncio su un giornale, ha incontrato il vecchio proprietario, ha trattato il prezzo, ha pagato in contanti. La pratica per avviare il passaggio di proprietà è stata fatta in un’ agenzia automobilistica. Ma tra venditore e compratore c’ è stata solo una scrittura privata, così come prescrive la legge, in attesa di perfezionare l’ iter amministrativo. Lo sconosciuto ha presentato un documento d’ identità (ovviamente falso) e se n’ è andato con la moto. Avrebbe dovuto riportare i certificati necessari per avviare il passaggio di proprietà. Non si è fatto più vedere. Ieri, per tutto il giorno, la Digos ha interrogato sia il vecchio proprietario della moto sia il titolare dell’ agenzia automobilistica per tentare di tracciare un identikit dell’ anonimo acquirente. Attraverso i tratti somatici si spera di aggiungere nuovi tasselli al difficilissimo mosaico ancora tutto da riempire. Nell’ attesa del volantino di rivendicazione, gli inquirenti lavorano soprattutto a tavolino. Si esamimano vecchi e nuovi documenti trovati nei covi, si scambiano informazioni con gli altri paesi europei, Francia e Germania soprattutto, si cerca insomma di disegnare la nuova mappa del terrorismo per capire dove e come colpirà in futuro. Il grave clima di tensione e di apprensione ha spinto i massimi vertici, politici e militari, a intrecciare una serie di riunioni per fare un primo punto della situazione. Dopo il vertice di venerdì notte al Viminale, ieri mattina il prefetto di Roma Ricci si è incontrato con il questore Jovine, con il comandante della Legione Roma dei carabinieri, colonnello Guarino e con il comandante della Guardia di Finanza. La riunione ha preperato il vertice del pomeriggio presieduto dallo stesso ministro dell’ Interno, Scalfaro. Il summit è durato un’ ora. Erano presenti i massimi responsabili della polizia, dei carabinieri, della Finanza e dei servizi segreti particolarmente attivi nelle indagini. Entrando al Viminale quasi tutti hanno confermato che ci sono gli elementi, si seguono precise piste. Un modo per far capire l’ importanza attribuita alla moto usata nell’ agguato e poi recuparata dalla polizia. Le indagini comunque procedono nel massimo riserbo. Parlando con i giornalisti, il ministro Scalfaro ha detto che lo Stato sta rispondendo all’ attacco dei terroristi con grande efficienza, ha confermato la validità della legge sulla dissociazione, ma non ha nascosto le sue perplessità sulle scarcerazioni per decorrenza termini. Sull’ inchiesta, il titolare dell’ Interno si è limitato a confermare che l’ attentato è analogo agli altri episodi evvenuti a Parigi e nella Germania Federale, che vi sono prove certe dei collegamenti tra i terroristi della Raf, di Action directe e delle Br. L’ omicidio del generale Giorgieri, ha aggiunto Scalfaro, ha il marchio del terrorismo europeo. Subito dopo ha ricordato: Quando abbiamo avuto in mano i documenti diffusi dopo i precedenti attentati ci siamo resi conto che c’ era un evidente profferta di alleanza. Ne abbiamo parlato con i nostri colleghi degli altri paesi e su questa diagnosi si è fondata l’ azione, che portiamo avanti ormai da tempo, di tessere una rete di collaborazione con tutti gli stati disponibili in Europa, nel Mediterraneo e altrove. Il primo atto di questa azione comune si concretizerà nei prossimi giorni. Un gruppo di funzionari dei servizi e delle strutture antiterrorismo andranno a Parigi per incontrare i colleghi francesi. Perché è proprio la Francia il paese che desta maggiore interesse negli investigatori. Qui, infatti, furono trovati, nel gennaio del 1985, indizi di collegamento tra le Br e Action directe. Venne scoperto un covo dove, secondo i servizi di sicurezza, si erano incontrati esponenti delle due organizzazioni. La prova era un lungo documento, scritto in italiano e tradotto in francese nel quale era annunciata una nuova scissione nelle Br dopo il ricompattamento avvenuto nel periodo di ritirata strategica seguito al sequestro Dozier. Nello stesso covo, i servizi francesci avrebbero trovato anche un archivio della seconda posizione, il gruppo che ha rivendicato l’ attentato al generale Giorgieri. Un archivio che gli inquirenti italiani considerano fondamentale e che tenteranno di farsi dare quando andranno a Parigi. Un tentativo, visto che un’ analoga richiesta dei servizi tedeschi è stata respinta proprio poche settimane fa. A parte la firma e la certezza dei suoi legami con la Raf e con Action directe, non si conosce infatti presocché nulla dell’ Unione comunisti combattenti. Le indagini fatte dai servizi dopo gli arresti dei tre terroristi in via Nomentana non hanno aperto alcun spiraglio sull’ organizzazione. L’ ipotesi che il terzetto stesse preparando un sequestro venne confortata dopo il ritrovamento del Transit. All’ inizio si pensò che l’ obiettivo fosse un magistrato. Si parlò del giudice Caselli perché abitava vicino a via Nomentana. Ma la circostanza fu poi scaratata. Adesso, quel Transit e l’ agguato al generale Giorgieri vengono collegati. Doveva essere rapito. Invece, l’ arresto dei tre militanti ha fatto saltare il piano. Ma non del tutto: ormai il direttore di Costarmaereo era nel mirino. Andava colpito. E così è stato. Le testimonianze raccolte dagli inquirenti, il racconto del giovane soldato, Simone Nuccelli e l’ autopsia sul corpo dell’ alto ufficiale hanno confermato la dinamica dell’ agguato. I due killer, in tuta blu a strisce bianca, casco in testa, hanno seguito l’ auto, hanno l’ ampeggiato, l’ hanno costretta a fermarsi. Quindi hanno esploso due colpi infrangendo il lunotto posteriore della 131, poi, da distanza ravvicinata, altri quattro, dal finestrino posteriore destro dell’ auto. Calibro 38, pistola a tamburo. Dalle ferite sul corpo del generale, gli esperti balistici hanno accertatoche sono stati usati proiettili incamiciati. Pallottole devastanti. Lunedì, alle 11 e 30, nella basilica di San Lorenzo fuori le mura si svolgeranno i funerali. Poi, la salma del generale Licio Giorgieri verrà trasportata a Trieste e qui tumulata.
di DANIELE MASTROGIACOMO