La guerra di Obama alla Food and Drugs Administration
Se non ci sbagliamo, il 2 marzo 2014, il film “Dallas Buyers Club” vincerà almeno un Oscar*, del resto è stato concepito e realizzato per questo, così come “Argo” (il manifesto della distensione dei rapporti tra USA e Iran). Tale riconoscimento sarà il segnale di inizio di un nuova fase della più importante azione di politica interna compiuta dal Presidente Barack Obama, la faticosa e incompiuta riforma del sistema sanitario, finalizzata a estendere cure mediche decenti ai cittadini poveri.
Tale riforma presenta due fronti contrari estremamente potenti e consolidati: le assicurazioni e le aziende farmaceutiche con le relative semitrasparenti lobby a servizio.
Non sorprende che per fronteggiare due giganti simili, l’amministrazione democratica abbia fatto ricorso, oltre agli strumenti di pressione politica, al più classico e potente mezzo di propaganda del XX secolo, il cinema.
“Elysium” e “Dallas Buyers Club” sono due film prodotti espressamente allo scopo: il primo per la critica rivolta contro una cultura del privilegio, che riserva solo ai ricchi il diritto alle cure; il secondo per l’attacco duro e senza mediazioni contro la FDA (Food and Drugs Administration).
A precedere il film, in ordine di tempo, ci ha pensato l’amministrazione Obama, che il 22 gennaio 2009 pubblica il Physician Payments Sunshine Act (entrato in vigore nel 2013), un documento che pretende la trasparenza assoluta nei rapporti tra aziende farmaceutiche e scienziati chiamati a testare la pericolosità dei farmaci.
Venti anni prima, a dire il vero, nel 1993, usciva nelle sale “Il Fuggitivo”, con H. Ford e T. Lee Jones, un film cui mancò il coraggio di affrontare a viso aperto la questione; chi si ricorda, infatti, quale fosse il movente dell’omicidio della moglie del protagonista (Ford), un medico? Tutta l’attenzione era infatti concentrata sulla fuga e solo nelle battute finali si scopriva che l’omicidio inscenato serviva a togliere di mezzo “Indiana Jones” che aveva scoperto che le analisi di un portentoso farmaco erano state alterate da un collega per compiacere l’onnipotente casa farmaceutica di turno.
L’offensiva culturale e politica contro Big Pharma (condannata per la sua disumanità anche da J. Le Carré con The Constant Gardner) ha vissuto un momento importante quando la storica rivista americana “Science” pubblica nel 2013 un articolo di Charles Seife dal titolo: “Come i soldi delle case farmaceutiche stanno minando la scienza”. Una affermazione così grave, sostenuta da una rivista di tale prestigio deve fare riflettere, giacché, se la tesi fosse vera, significherebbe che la sete di denaro e di potere di Big Pharma è in grado di minare uno dei pilastri principali dell’Occidente: il rigore scientifico.
Seife analizza infatti alcuni casi di conflitto di interesse, citando nomi e cognomi di ricercatori che hanno svolto test medico-scientifici su farmaci, ricevendo compensi e finanziamenti dalle stesse aziende produttrici. Chi controlla il controllore?
La questione non riguarda solo l’ambito statunitense. Prendiamo il caso nazionale.
In Italia, la commercializzazione dei farmaci deve essere autorizzata dal Ministero della Sanità dopo le necessarie fasi di sperimentazione, anche se il farmaco è già stato approvato in altre parti del mondo. Poiché, alcune aziende straniere hanno nel loro codice deontologico l’interdizione a esercitare pressioni economiche su chicchessia (“corrompere”) seguiranno un’altra strada, individuando, per esempio, un’azienda farmaceutica italiana disposta a farlo (non è difficile). Poi, sottobanco, ripagheranno l’azienda che avrà favorito l’approvazione del farmaco, stipulando contratti vantaggiosi, perfettamente leciti, “alla luce del sole”.
Per concludere, a nostro parere, l’unico aspetto postivo innescato dalle polemiche rivolte alle varie cure “Di Bella”, “Stamina” o quelle anti AIDS raccontate in “Dallas Buyers Club”, oltre alle campagne contrarie ai vaccini, risiede nel tenere desta l’attenzione su un tema delicato qual è quello della salute e di chi produce i costosissimi farmaci.
Poiché la salute e il sistema sanitario sono una questione di sicurezza nazionale, non possono essere lasciati in mano a scienziati compiacenti e a società quotate in borsa; qualcuno, negli USA, deve averlo compreso, alla fine.
Dionisia
* Aggiornamento al 3 marzo; Matthew McConaughey (attore protagonista) e Jared Leto (attore non protagonista) hanno confermato la nostra modesta previsione. Il primo, elettricista, puttaniere, omofobo e malato di Aids riscatta una vita insensata scoprendo che la malattia (la morte) ci rende tutti uguali, ergo che nasciamo tutti uguali; il secondo, transessuale, figlio di banchiere, marchettaro e libero ci racconta che la lotta per i diritti civili deve essere il sale quotidiano di ogni classe dirigente che si definisce democratica.