7° giorno: “Io avevo la P2, Cossiga la Gladio e Andreotti l’Anello” Licio Gelli

andreotti cossiga

Andando in fondo al pos troverete una foto con due “X” rosse. Mancava la terza e il trittico di quelli che avevano in proprio ciò che non era legittimo che fosse di qualcuno a prescindere dagli organi ufficiali della Repubblica, si completa. La terza”X” rossa, da ieri è apposta. Ora è tempo di girare pagina anche e non solo sostenendo le intelligenti attività del M5S.


Il post di oggi (il 7° dei 55 che dedicherò alla vicenda “Aldo Moro“) è finalizzato a dare un tenue contributo a comprendere le ragioni della ennesima deviazione (da cosa?) messa in atto (da chi?) prima, durante e dopo il “rapimento e la soppressione del dirigente democristiano ideatore (tra l’altro) del “lodo Moro”. Questo terribile sospetto, dopo decenni, è implicito nel racconto del proprio operato investigativo fatto dall’ispettore di Polizia Enrico Rossi. Il “signor Rossi” ha affidato all’ANSA, il rilancio della notizia-bomba. Notizia che, inaspettatamente, in queste ore, agita non poco il Palazzo. Anche troppo, ad un esame superficiale. “Chi c’è dietro a queste dichiarazioni”, è divenuto il vero cruccio di chi non vuole “fastidi” per quello che si accinge a fare cioè, “manovrare” e “nominare”. A nostro giudizio (per quel che conta) dietro c’è solo il senso del dovere di un uomo che ha saputo e voluto fare “il poliziotto”. È interessante comunque, a nostro giudizio, che abbia saputo scegliere nel vasto panorama di media possibili, proprio l’ANSA.
Anche la bella e intelligente collaboratrice di Leo Rugens, Dionisia, ha sempre saputo scegliere le fonti a cui attingere o a cui affidare le proprie deduzioni. Vi ricordo che, ad esempio, Dionisia è stata, tra gli studiosi di cose “complesse”, la prima ad accorgersi di come, negli anni, il settimanale “Oggi” (testata per famiglie!), fosse pronto a cogliere “primizie” nel campo degli “intrighi internazionali” o dei troppi misteri che aleggiano, irrisolti, in Italia.
Anche in questo caso, per dare spessore e prova alle mie ragioni, ispirato dalla mia affascinante collaboratrice, mi rifarò ad una intervista comparsa su quell’autorevole magazine, nel febbraio del 2010. In quell’articolo, Licio Gelli, con dieci sole parole, prova a spiegare sessanta anni di storia d’Italia: “Io avevo la P2, Cossiga la Gladio e Andreotti l’Anello“. Minchia, che capacità sintetica! Tutta qui l’Italia? Per fortuna che due sono morti e che aleggia il detto popolare “non c’è il due senza il tre”.

Gelli-Andreotti

Ora, si tratterebbe di capire quale di queste strutture (P2, Anello, Gladio), da sempre inestricabilmente intrecciate coi i “servizi segreti” legittimi e ognuna con proprie aderenze nei ranghi militari italiani ed esteri, ha ideato e guidato l’evento specifico del “rapimento” Moro. La tesi audace di Leo Rugens è che, in questa vicenda nodale, da cui l’Italia è uscita senza speranza, la vera sorpresa potrebbe essere scoprire che nessuno di questi signori, si pur ognuno “armato” della propria organizzazione, è stato l’artefice, il vero regista dell’operazione. Tutti comprimari, tutti con piccoli ruoli, tutte comparse in questo colossal di cui ancora non si conosce il “produttore”. Milioni di pagine scritte intorno a questi 55 giorni, suggeriscono la bizzarra idea che i tre siano stati quasi spinti dagli eventi (durante e dopo) a far credere, al grande pubblico, di essere “dietro le quinte” di quanto avveniva. Io invece, ho sempre pensato che il “Trio Lescano” fosse colpevole, in modo certo e “storicamente” provato, di mille altri episodi, ma non di questo. Tutte e tre le stars, durante e dopo il “rapimento”, hanno smentito (come era ovvio) ogni responsabilità diretta ma, come nel mondo del “grande (spettacolo) gioco” è costume si faccia, tutte è tre i “narcisi” hanno amato che si “mormorasse” del loro coinvolgimento. E quindi, implicitamente, del loro potere “macabro” ancora in essere. Invece, a mio giudizio, nello stesso istante, con Moro, sono morti tutti e tre. “Quattro piccioni con una fava” potrebbe essere l’irriguardoso titolo del film. Qualcuno, potrebbe aver fatto “poker”, eliminando l’uomo che, lui sì, come nessuno in Italia dopo Randolfo Pacciardi e Enrico Mattei, sapeva “parlare” e dare ordini ai “servizi segreti”. Da “statista” e non da delinquente capo banda, aderente e funzionale alla “Agenzia del Crimine”, come tutti gli altri. Moro fu ucciso perché era diverso. Soprattutto nel suo capire culturalmente il valore strategico dei “servizi”. Questo è quanto pensa Leo Rugens; questo è quanto Enrico Rossi potrebbe aiutare a dimostrare. Così facendo, potrebbe mettere in moto un “effetto valanga” capace di travolgere l’Agenzia del Crimine che, non solo è ancora in funzione, ma che, in queste ore, tramite i suoi “sensori” (alcuni tanto grezzi da non sapere di esserlo), si allarma, fa domande nei Palazzi del Potere, frena e, come al solito, “devia”.

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Oreste Grani