Nel giorno in cui viene riconosciuto lo stato di rifugiata politica ad Alma Shalabayeva, il gen. Alberto Manenti viene nominato Direttore dell’AISE. Che, il doppio evento, sia di buon augurio per l’Italia

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A questa prosa, difficilmente male interpretabile, è seguito l’annuncio che Alma Shalabayeva e sua figlia sono state accolte in Italia (quindi, nell’area di libera circolazione europea) con lo stato giuridico di “rifugiate politiche“. Solo alcuni giorni addietro, vi invitavamo a prendere atto dell’esito della perizia sul passaporto di quella persona che “i nostri” ritennero opportuno espellere con modalità illegittime (aggravate da violenze sui familiari della signora), apostrofandola come “puttana russa”. Ormai tutti sanno che Alma Shalabayeva è kazaka e che, soprattutto, non è “una puttana”. Anzi, come abbiamo sempre sostenuto, la signora, alla data degli eventi, era legata, da 26 anni, con il dissidente politico Ablyazov, in un matrimonio “rotto” a tutte le difficoltà tipiche di chi viene “perseguitato in patria”. In queste ore è opportuno ricordare che nei documenti ufficiali del Ministero dell’Interno, ricostruenti gli avvenimenti, il famoso passaporto, poi rivelatosi “autentico”, veniva definito “palesemente contraffatto”. Sempre nelle stesse ricostruzioni, il Ministero dell’Interno, informa il resto della Repubblica Italiana che all’esame della Polizia di Frontiera il passaporto intestato AYAN Alma è alterato per la sostituzione di alcune pagine, la presenza di una abrasione e che sempre in modo palese le pagine iniziali del documento erano state prelevate da pagine interne allo stesso passaporto e stampate con tecnica imitativa di quella effettivamente in uso. Puttana russa e  vera pasticciona come “falsario di documenti”. Aiuto, mi immagino come si deve essere sentito l’estensore di questo documento quando è pervenuta la perizia che, senza ombra di dubbio alcuno, il passaporto era autentico, senza abrasioni, senza alterazioni “palesi”. Torneremo su questo documento al momento opportuno. Oggi è vigilia di Pasqua e siamo felici che, liberata a Natale, Alma Shalabayeva si può godere una vera resurrezione pasquale.

Quando Leo Rugens decise di sposare la tesi dell’analista politico Alberto Massari sul “Caso  Shalabayeva“, in questo paese di scommettitori, nessuno avrebbe puntato un centesimo di euro sul felice esito della vicenda. Diciamo che, per essere, “autentici” (come miriamo ad essere nelle nostre “informazioni”), nessuno avrebbe scommesso un centesimo se non Alberto Massari e l’intelligente Gianroberto Casaleggio che, con la Casa editrice Adagio, diede alle “stampe elettroniche” l’e-book “Shalabayeva. Il caso non è chiuso“.

Il testo fu scritto da Massari con l’aiuto fattivo di Anna Laura Palandrani e per chi lo volesse ancora oggi leggere, è una incontrovertibile prova di quale complessità ruoti (ancora adesso e in modo evidente) intorno a questo intrigo internazionale. Oggi, con l’arrivo – ben augurante – del Gen. Alberto Manenti, alla Direzione dell’AISE, sarà necessario, un esame approfondito di quegli avvenimenti, per provare a non ricadere più in errori prospettici, di tale dimensione. Come sempre, ne va della Sicurezza nazionale e degli interessi concreti della nostra gente. Avete un idea di quanto è ricco il Kazakistan e quanto “non” facciamo, da anni, su basi prettamente culturali, per avere un equo, reciproco, vantaggio nelle relazioni con quel Paese? Invece di affidare “solo” all’ENI (come dice Matteo Renzi) i compiti di “sicurezza e intelligence” in quelle terre, forse, l’AISE ha l’occasione, con l’arrivo del nuovo Direttore, di mettere a punto una ridefinizione “di chi fa che cosa” e, soprattutto, sposare la tesi, come da anni suggeriamo, che valga di più (e costa di meno!), ad esempio, avere dei buoni rapporti “culturali” con il Direttore del Teatro dell’Opera di Astana (tra l’altro è un italiano, William Graziosi) che “leccare le orecchie” a chi si ritiene che sia in “affari” con l’oligarca di turno.

Teatro Opera Astana2

La cultura “rimane”, generando autorevolezza e legami invisibili agli occhi dei competitori. Soprattutto crea rizomi, negli anni e a prescindere (direbbe Totò) da chi sembra, in quel momento, guidare le danze. La Cultura è strategica; il “resto”, è… “tattica” o, peggio, “piccoli opportunismi”. Inoltre, ripeto (sapendo ciò che dico), investire in cultura, costa molto, molto meno, che corrompere o farsi corrompere. Come i lettori di Leo Rugens sanno, chiamo questo approccio, “Intelligence culturale”.

Quando Alberto Massari lo riterrà opportuno, “la rete” riceverà il racconto fedele e completo di come è andata questa vicenda “kazaka”, storia complessa ed emblematica nelle sue implicazioni umane e geo politiche. Passo dopo passo, sarà possibile, se l’autore del libro lo riterrà opportuno, rendere edotto il nostro pubblico e chi di dovere, su quale “tavolo” lui, da non giocatore, abbia “scommesso” e quali scenari abbia saputo prefigurare, dando per certo l’esito positivo di questa prima parte della vicenda. Nel “Grande Gioco” (e il “caso Ablyazov” appartiene di diritto a quel mondo) difficilmente si vince senza veri riferimenti culturali, anni di studio e addestramento sul campo.

Dicevamo, “prima parte della vicenda”, perché la tesi di Alberto Massari, documentata dall’impianto narrativo dell’e-book e dalle date che solo l’amica rete rende certe, affronta anche un secondo aspetto della “storia”: la sorte di Ablyazov, marito della signora, che, vi faccio notare, ora, tutti, nei comunicati stampa chiamano “dissidente” e non più “delinquente” o “ladro di stato”. Alberto Massari ha sempre sostenuto che la vicenda non si dovesse ricondurre ad una banale “caccia al ladro”. Massari ha sempre sostenuto che ci si trovava di fronte ad uno dei più importanti episodi prodromi di una imminente trasformazione della scena geo politica, in Eurasia. E così è stato. La crisi in Ucraina, ad esempio, quando, con “mente ossequiosa”, le nostre autorità hanno deciso di servire  interessi di Paesi terzi (era il 31 maggio 2013!) espellendo la “signora”, non era prevedibile, da nessuno. Se non da chi era realmente addestrato a pre-vedere. Cioè da chi era (ed è) in possesso di una “macchina del tempo” che, unica nel suo genere, consentì e consente, in quei frangenti convulsi e drammatici, di andare nel futuro e, così facendo, scegliere le soluzioni più opportune per il “nostro” Paese. Cioè l’Italia. Gli “altri”, in quelle ore, non sappiamo per chi abbiano lavorato, coscientemente o manovrati come marionette. Viceversa, per chi abbia lavorato Massari, senza ombra alcuna, è certo.

Oreste Grani

Asino-Cattelan

P.S.

Quella sera di fine maggio, lo “stellone dell’Italia turrita”, ha protetto tutti, non facendo trovare in casa, il “giocatore di scacchi”, Ablyazov”. Così facendo, la Provvidenza (o chi per Lei), ha impedito che il “caso” fosse, seduta stante,  senza troppo clamore, dichiarato “chiuso”. Anzi, come, saggiamente, ha scritto Alberto Massari, non solo il “Shalabayeva: il caso non è chiuso” ma adesso, si apre il ragionamento di come si debba operare perché errori così gravi non vengano più “lasciati” commettere. Forse è arrivata la stagione in cui, qualcuno, in questo nostro Paese stanco, cominci a dire, al “politico” di turno: …”signor presidente, signor ministro, non ritengo opportuno che Lei agisca così o che si faccia questa scelta”.

Se, con l’arrivo del Gen. Alberto Manenti, si chiudesse la stagione di chi, per troppo tempo, ha semplicemente e ben spesato, “attaccato l’asino dove il padrone voleva”, l’Italia potrebbe, passo dopo passo, ritrovare sovranità e benessere per la sua gente. Comunque, signor generale, auguri di buon lavoro.