Si aprono gli armadi e, invece degli scheletri, escono le verità che, non dette, hanno avvelenato la storia d’Italia degli ultimi 50 anni. Meglio tardi che mai!

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Il giorno 17 aprile 2014 si è tolto la vita Emanuele Insinna, responsabile della “sicurezza” della Telecom e già collaboratore, anni addietro, del più noto, Giuliano Tavaroli.

Come ho scritto altre volte, non tutte le morti pesano uguale.

Emanuele Insinna, cadendo dall’ottavo piano della Direzione Telecom, certamente ha compiuto il gesto “definitivo”, per motivi suoi personali che rispettiamo fino in fondo. Proviamo senso di umana vicinanza per i figli e la moglie che nulla hanno potuto fare perché il fatto non avvenisse.

Rimane che qualcuno avrebbe dovuto “custodire il custode” della sicurezza Telecom. Anche perché, chi garantisce la sicurezza della Telecom, in realtà, dovrebbe , in spirito di servizio, e con un NOS ultra-verificato, garantire tutti quelli che usano le telecomunicazioni di quel “marchio”. Il suicidio di Insinna, nella mente sovrana dell’uomo, evoca altri suicidi e altri tempi. Dicendo subito che, apparentemente, non ci sembra che ci siano nessi logici tra ciò che è accaduto anni addietro e il tragico gesto di ieri. Se non i “legami” evocativi. Certamente, ci torna in mente, il salto dal ponte di Adamo Bove, “deciso” nel luglio 2006, a Napoli. Certamente ci viene in mente il suicidio dell’Ing. Mirko Ducortil, collaboratore stretto e di assoluta fiducia (era l’estensore dei piani industriali relativi alle proposte a banche e istituzioni di prodotti quali “Braccialetto Elettronico” e “Sistema Enigma” per le intercettazioni telefoniche) della Carro/Monitoring srl, società riconducibile alla cordata Francesco e Giovanni Pirinoli/Mario Traverso/Co.Fi.To. di Bruna Segre. Certamente, in queste ore, la mente sovrana, ci prospetta una sequenza di fatti che difficilmente, finché viviamo, non ci sembreranno un tutt’uno. Ad esempio, nel settembre del 2006, l’intelligence italiana resta coinvolta nello scandalo Telecom-Sismi, che porta alla luce un sistema di intercettazioni illegali ad altissimo livello tecnologico effettuate da alcuni responsabili della sicurezza della compagnia telefonica, in complicità con poliziotti, carabinieri, finanzieri e agenti segreti italiani e stranieri.

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Ancora oggi, nell’era di Assange e di Snowden, nonostante tutto quello che l’amministrazione Obama lascia intravedere di un dibattito complesso che si svolge tra la Casa Bianca e la NSA sul tema delle “intercettazioni telematiche”, tutta la vicenda italiana, denominata “Tiger Team” (mi immagino come si sentivano “fichi”, con questo “nome”, quei quattro signori nelle mani dei quali, un intero Paese, ha rischiato di cadere), è coperta da “Segreto di Stato”, apposto, a suo tempo, dal noto pregiudicato Berlusconi Silvio. Quella storia di “tigri” (alla “resa dei conti”, il mio gatto Zuri mi appare molto più tosto e pericoloso di quegli impiegati, ben pagati, acquartierati nella inviolabile “Sala Mara“, a Parco dei Medici, nei Palazzi Telecom, a Roma) è e resta, “Segreto di Stato”. Queste sono le modalità, conniventi, gravissime nella forma e nella sostanza, in cui il bugiardo “patentato” Berlusconi, per troppi anni, ci ha lasciato. Il compito di un Capo del Governo (Matteo Renzi?) che ci volesse convincere che è pronto a “cambiare tutto”, ad esempio, sarebbe quello di togliere, ipso facto, qualunque copertura “fumosa” di Stato ad attività tutte invece dedicate al “lucro” e al “potere”; attività che non hanno nessuna attinenza (come si vedrà, quando un giorno si dovessero aprire anche questi fascicoli) con organismi informativi di altri Stati, o a direttive “legittime” o a ordini interni relativi ai compiti , alle attribuzioni e alle attività istituzionali dei servizi di informazione, nonché ai loro assetti organizzativi e alle modalità tecniche operative, come il buon “profumiere” (Gianni Letta), interpellato dalle autorità competenti, ci ha voluto far credere. Per anni! Ieri, come da tempo auspichiamo, il Sottosegretario con delega ai sevizi segreti Marco Minniti e l’ambasciatore Giampiero Massolo, coordinatore delle attività dell’AISE/AISI, hanno dato il doveroso annuncio della de-secretazione di tutti i documenti attinenti alle “stragi” da Piazza Fontana fino a Ustica giacenti presso gli archivi delle istituzioni competenti. Ogni ministero, come altre volte abbiamo scritto auspicando una “ingerenza” (finalmente una buona!) del Presidente della Repubblica che, consigliasse, ordinasse, imponesse l’apertura degli armadi, ha infatti un suo archivio dove i “fascicoli” giacciono, “non consultabili”, in quanto (in parte) composti da materiale “classificato”: Segretissimo (SS), Segreto (S), Riservatissimo (RR), Riservato. Ci sono voluti trent’anni, 1977-2007, per abolire nella classificazione, il concetto “misterioso” di …d.v.D. cioè, “di vietata divulgazione“. L’entità del danno di rivelazione non autorizzata erano rispettivamente: Eccezionalmente grave; Molto grave; grave; lieve; pregiudizievole. Per abolire ciò che era “pregiudizievole ci sono voluti, come detto, trent’anni. Buono l’annuncio, quindi ma, ora, vediamo di sbrigarci. In campagna elettorale, tutto fa brodo. Tenete conto che parliamo di una mole mostruosa di “carte” e che ogni amministrazione ottempererà alla disposizione con i suoi tempi attuativi. Ma è già qualcosa. Buona per gli storici e i pochi giornalisti investigativi italiani. Molti di loro avevano lavorato bene a prescindere dalle difficoltà implicite nella classificazione di “segretezza” apposta ai documenti ufficiali.

Bologna

Veniamo all’annuncio di ieri. Ottimo, soprattutto per i parenti delle vittime! Ma Leo Rugens è incontentabile: altro sarebbe una vera operazione trasparenza che, come da anni chiediamo, rimuovesse il “Segreto di Stato” da vicende tipo “Tiger Team” o rapimento dell’Imam di Milano, Obu Omar. O qualcosa che riguardasse i rapporti tra Romano Prodi e la Repubblica del Kazakistan. Le curiosità e le risposte dovrebbero spingersi fino a sapere chi fu a sponsorizzare l’istruttoria della pratica per far ottenere una onorificenza repubblicana al presidente Nazarbayev. O, sarebbe interessante sapere, chi sia veramente questo bolognese (Bologna,città grassa ma anche rossa) Valentino Valentini che tiene legati Putin a Berlusconi. In piena nuova “guerra fredda” ormai scoppiata. Materia fresca, insomma, con implicazioni di personaggi ancora a tiro di responsabilità. Temiamo che “Attanasio Cavallo Vanesio-Matteo Renzi”, non ci pensi minimamente a scoperchiare le tombe degli episodi recenti e a far, così, risorgere l’Italia. Speriamo di essere smentiti, pronti a scusarci.

Veniamo a cosa, in realtà, sta smuovendo le acque del mondo dei segreti. Voi pensate che senza quel 25% di voti espressi, dati al M5S, nel febbraio 2013, si sarebbero mai fissati i tetti agli stipendi dei manager di Stato? Pensate che senza la “minaccia grillina”, si sarebbe mai “calmierato” il numero delle auto blu? Pensate che si sarebbero mai “aperti” gli armadi delle “stragi”, se non fossero entrati nelle istituzioni dei “cittadini onesti eletti nel M5S”? La risposta è sempre la stessa: no! Ma, come è evidente, non è bastato e non basterà, quel 25%. Il 25 maggio 2014, data ultima per salvare la Repubblica, evitate di farvi prendere per il naso: quella percentuale deve salire e, sotto l’effetto del M5S primo partito, il cambiamento, da forma, deve divenire, sostanza. Intanto, prendiamoci tutto quello che non avrebbero mai fatto e dato. Prima di chiudere (soddisfatto comunque di quanto, alcune componenti del “governo”, sono costretti a fare in tema di sicurezza), tengo a precisare la non casualità degli esempi fatti: quel tipo di vicende, ne coprono altre e altre ancora. Temo siano destinate a rimanere, “segreto di Stato”, fino a quando il M5S, divenuto maggioranza nel Paese e nel Parlamento, non indicherà, ad esempio, il giovane (ma già saggio), Luigi Di Maio, quale nuovo Ministro dell’Interno. Se non, addirittura, Presidente del Consiglio. Sono anziano ma non abbastanza per non arrivare a vedere l’alba di quel giorno.

Intanto, comincio a riconoscere, “con viva e vibrante soddisfazione”, le prime crepe (l’annuncio di ieri è, comunque, un inizio) della “caduta del Muro di Berlino”. La ridefinizione del “concetto di segreto”, e la formazione professionale per le donne e gli uomini destinati a trattare la “sicurezza dello Stato” (materia a cui ho dedicato parte della vita, pagando un prezzo di grandi solitudini) è, ormai, all’ordine del giorno. Meglio tardi che, mai!

Oreste Grani