La storia infinita di Ustica e delle responsabilità francesi (dagli anni di piombo, passando per l’abbattimento del DC-9, finendo all’invasione della Libia) sta per finire?
Ricevo una gentile segnalazione e ad essa dedico un post. La gravità della materia ci obbliga, ancora dopo tanti anni, a non dismettere il tentativo di conoscere tutto intorno all’orrore “scatenato” dai francesi, pur di far fuori il dittatore libico,facendo così “carne di porco” della Libia e degli interessi italiani nel Mediterraneo.
Per rispondere al lettore SC, dico che non credo ci sia alcuna attinenza tra quanto accade, in queste ore, intorno alla figura di Sarkozy e il Caso Ustica.
Conoscevo l’intervista che mi viene segnalata e l’attenzione che il giornalista investigativo Andrea Purgatori pone (da sempre) alla questione Ustica. In chiave narcisistica (ma non solo) segnalo che il super-testimone (Giuseppe Dioguardi) evidenzia, nell’intervista rilasciarta il 23 ottobre 2013, tra molti altri aspetti complessi dell’intera vicenda, l’esecuzione del Gen. Licio Giorgieri, da parte delle Brigate Rosse (questa è una grave imprecisione per un addetto ai lavori, dotato – come dice – di COSMIC, massimo nulla osta di segretezza previsto in ambito NATO, dal momento che l’episodio fu rivendicato dalle Brigate Rosse – Unione Comunisti Combattenti, sigla terroristica che, per percorsi ideologici, modello di reclutamento, e schemi operativi fu altra cosa dalle Brigate Rosse storiche) mentre il post “Le regie occulte.Come e perché Claudia Gioia fece assassinare il Generale Licio Giorgieri” (articolo che oggi è “primo” su Google quando un cybernauta chiede alla “rete” chi sia Claudia Gioia), compare su Leo Rugens, già il 28 dicembre 2012. Narcisismo dicevo, ma non solo. Colgo l’occasione, infatti, per la prima volta, di evidenziare che, pur colpevoli di un gravissimo delitto (l’eliminazione appunto dello “sconosciuto” Gen. Licio Giorgieri), i tre operativi (Maurizio Locusta, Francesco Maietta e Claudia Gioia) ebbero i domiciliari, dopo solo tre anni dal delitto commesso il 20 marzo 1987). Questi sono i percorsi che vanno ora ricostruiti: chi firmò il provvedimento per i domiciliari (ovviamente, si sa) e, soprattutto, sotto quali pressioni “alto locate” la gravissima leggerezza accadde?
Nell’investigazione delle pieghe di tali scelte “burocratiche”, si troveranno i traditori della Repubblica e gli “amici” dei francesi di allora e che tali potrebbero ancora essere, oggi. Proviamo a dire di cosa si tratta e della gravità dell’atto amministrativo a suo tempo compiuto: è come se, dopo tre anni dall’aver arrestato gli esecutori della strage di Capaci o via D’Amelio, “qualcuno” li avesse mandati ai domiciliari. La stampa, la politica partitica, la cittadinanza tutta sarebbe, giustamente, insorta. Servitori dello Stato, Falcone e Borsellino; servitore dello Stato, Licio Giorgieri. Spero che sia chiara la gravità dei comportamenti tenuti dai dipendenti statali in occasione delle facilitazioni riservate a Claudia Gioia, Maurizio Locusta e Francesco Maietta. Alla luce di quanto continua ad emergere relativamente alla Strage di Ustica, spero sia evidente perché, “Orestino Granetto”, viceversa continua a chiedere, pubblicamente, a Claudia Gioia di raccontare, con dovizia di particolari, chi le suggerì di uccidere proprio il Gen. Licio Giorgieri. Ovviamente, non ho niente di personale contro Claudia Gioia. Bugia, non è proprio vero ma… si dice così. Le verità indicibili su Ustica ed altro, come le chiama onestamente Rosario Priore, sono vicinissime da essere conosciute e raccontate. Il conflitto tra giustizia e “ragion di stato” (in questo caso, francese) va risolto ora. Riguardate la fisiognomica dei politici dell’epoca, durante i funerali del generale Giorgieri: c’è tutto “Todo Modo” di Leonardo Sciascia.
Ci meritiamo ancora, come cittadini, quei silenzi, quei volti lividi, quell’ipocrisia? O, forse, è arrivata (finalmente!) la stagione in cui prevarrà il nostro di “interesse nazionale” e i “francesi” (soprattutto il loro, amici italiani) saranno costretti a raccontare tutta la verità? Nella Verità, la Pace.
L’Italia, per ritrovare una sua identità e un ruolo dignitoso nel Mediterraneo, ha infatti assoluto bisogno di fare pace, prioritariamente, con la Francia e subito dopo con la nuova Spagna.
Oreste Grani
LE REGIE OCCULTE. OVVERO, COME E PERCHÉ CLAUDIA GIOIA FECE ASSASSINARE IL GENERALE LICIO GIORGIERI
Aggiornamento del 7 febbraio 2014: “MACRO è sull’orlo del fallimento. In queste ore drammatiche per la vita dell’Italia e dei suoi giacimenti culturali è bene non dimenticare chi sia stata Claudia Gioia“
“Uno dei banchi di prova più interessanti è stato per Croppi quello del MACRO (Museo d’Arte Contemporanea Roma), perché è sul contemporaneo che ha giocato gran parte della sua scommessa. Concepito come ristrutturazione della ex fabbrica di birra Peroni e pensato per ospitare la collezione d’arte moderna del comune (una quadreria di circa cinquemila pezzi, gran parte ottocenteschi), dal momento in cui apre prende subito un’altra piega. È Veltoni ad affidarlo a Danilo Eccher, critico supercontemporaneo, facendolo divenire così il luogo dell’arte contemporanea del Comune di Roma. Come in altri casi, si tratta di una situazione anfibia. Il museo infatti rientra nelle competenze della sovraintendenza e il suo direttore è, seppure esterno, inquadrato come dirigente dell’ufficio extradipartimentale. Anzi, a un certo punto Croppi scopre addirittura che non è mai stato istituito come museo: è una unità organizzativa della sovraintendenza. Nonostante questo però, al suo direttore viene garantita una sostanziale autonomia, rispetto alla sovraintendenza, al suo sistema museale, al suo ufficio mostre: questo sarà fonte costante di incomprensioni, frustrazioni, rivalità. Intanto i quadri restano ammucchiati nella vecchia sede di via Crispi, chiusa dal 2000.
Al MACRO vengono anche assegnati due capannoni dell’ex mattatoio, diventati “MACRO Future”.
AI momento delle dimissioni di Veltroni, Eccher decade come tutti i dirigenti di nomina diretta, nel suo caso… non serve nemmeno la nomina di un commissario. Eppure lui continua a occupare il suo ufficio, a usare le attrezzature, a assumere impegni, a organizzare mostre.
“lo comincio a occuparmi della materia già dalle prime ore. Quale fosse il mio atteggiamento nei confronti del contemporaneo lo aveva attestato il mio rapporto con Sgarbi. Incontro subito Achille Bonito Oliva, col quale nasce un eccellente rapporto. Eccher, insieme all’associazione dei Macroamici, organizza una cena nell’atrio del MACRO in mio onore: sono introdotto da Bonito Oliva. In realtà quello era un atto gravissimo: l’ex direttore non aveva nemmeno più titolo per entrare nell’istituzione e organizzava una cosa di questo genere senza avvertire la facente funzione di sovrintendente. lo verificai il tutto con la dottoressa Tittoni e decisi di andare, per sanare una iniziativa che, senza la mia presenza, sarebbe risultata del tutto abusiva, ma anche per far sentire, fin da subito, che sarei stato un assessore presente, laddove per i miei predecessori esistevano delle vere e proprie zone franche.
Quando provai a spiegare che il MACRO era stato fino ad allora un corpo estraneo rispetto alla città, il ‘mondo’ che gli ruotava intorno si scatenò contro di me. Una conoscenza anche superficiale – e la mia era tutt’altro che superficiale – della materia, corroborata da dati che attestavano quarantamila presenze annue tra paganti e non, mi davano però ragione. E ancor più ragione mi diedero le scelte successive.
Non ‘mandai via’ Eccher, come qualcuno disse allora, mi limitai a selezionare una personalità che ritenevo più adeguata a ricoprire un incarico che era rimasto vuoto. La scelta cadde su Luca Massimo Barbero, giovane storico che aveva avuto importanti esperienze internazionali e si era qualificato soprattutto a Venezia, in collaborazione col sindaco Cacciari. Anche in questo caso non mi si poteva certo accusare di praticare lo spoil system. L’azione di rilancio, la politica innovativa, l’incisiva azione di comunicazione svolta dal nuovo direttore mi hanno consentito di recuperare il consenso di quanti mi avevano criticato e stabilire solide amicizie in tutte le componenti del contemporaneo romano e nazionale. Le presenze raddoppiate già dal primo anno, una critica unanimemente favorevole, l’interesse della stampa internazionale furono gli elementi su cui riuscii a far leva per i passaggi successivi.
Da anni ormai era aperto il cantiere per l’edificazione della nuova parte del MACRO di via Nizza, che avrebbe fatto diventare una struttura accampata nella vecchia birreria un museo degno di questo nome. Nell’altra location, il mattatoio di Testaccio, un secondo cantiere interessava uno spazio complesso – 5000 metri quadrati totali – quello della cosiddetta ‘Pelanda dei suini’ per via della sua, un po’ raccapricciante, funzione originaria.”
Questi brani sono tratti dal libro “Romanzo Comunale I segreti dei palazzi del potere di Roma” scritto da Umberto Croppi e Giuliano Compagno per la Newton Compton Editori.
“Saccheggio” alcune pagine del volume in modo funzionale ad un mio sfogo personale contro Walter Veltroni, Danilo Eccher e la terrorista assassina Claudia Gioia che, in associazione con gli esecutori materiali del delitto Maurizio Locusta e Francesco Maietta, fu responsabile della morte del generale Licio Giorgieri.
Licio Giorgieri (Trieste, 1 giugno 1925 – Roma, 20 marzo 1987) è stato un generale italiano dell’Aeronautica Militare, ucciso in un agguato terroristico a Roma senza un vero perché o meglio, il perché recondito, oscuro, sordido di quell’agguato lo sa solo Claudia Gioia, sua assassina, che lo scelse come vittima preparando l’istruttoria e la raccolta delle informazioni funzionali alla fase operativa dell’attentato in un periodo in cui il terrorismo colpiva sempre più di rado e, quando lo faceva, era filodiretto da interessi sovranazionali.
Il generale Licio Giorgieri si era laureato presso l’università di Trieste in ingegneria navale e meccanica nel 1949. Giorgieri vinse il concorso per l’arruolamento come ufficiale del Genio Aeronautico nel 1950. Nel 1983 raggiunse il grado di generale ispettore, massimo grado del corpo di appartenenza, ricevendo gli incarichi di Capo del corpo del Genio aeronautico e di Direttore Generale della Direzione generale delle Costruzioni delle Anni e degli Armamenti aeronautici (sigla COSTARMAEREO ora ARMAEREO), una delle 19 direzioni generali del Ministero della Difesa. Alla carriera militare affiancò anche incarichi universitari a Roma e Trieste, quali la libera docenza in “Razzi e propulsione spaziale” e la nomina a professore associato presso la facoltà di ingegneria dell’università di Trieste.
Il generale era un super specialista prezioso per la sicurezza nazionale e per la nostra industria aereo spaziale. Sconosciuto al largo pubblico, il suo omicidio mi sembrò subito una decisione presa da addetti ai lavori nemici dell’Italia. Il proseguo naturale del groviglio che, colpendoci ad Ustica, tendeva sempre più a destabilizzarci.
Il 20 marzo 1987 a Roma il generale, mentre rientrava nella propria abitazione a bordo dell’auto di servizio, venne affiancato in via del Fontanile Arenato da esponenti delle Brigate rosse – Unione Comunisti Combattenti a bordo di un motociclo. I terroristi esplosero cinque colpi e uccisero il generale, lasciando illeso l’autista, Simone Narcelli, un aviere di leva.
Il 9 o il 10 dicembre precedente, il generale aveva segnalato un possibile fallito tentativo di attentato alla sua persona nello stesso luogo. Chiese maggiore protezione ma non gli venne concessa. A capo del SISDE, c’erano dei “bei capolavori” a quei tempi: Vincenzo Parisi dall’aprile del 1984 e, dal febbraio del 1987, l’inqualificabile prefetto Riccardo Malpica. Per capirsi: quello della Zarina e di tutto il mondo degli ortaggi, Broccoletti ed altri. Chi poteva difendere Giorgieri, potrebbe aver lasciato fare, come forse è successo per Calabresi e in modo ancora più clamoroso per Moro e Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Il generale Giorgieri lasciò la moglie Giorgia Pellegrini, preside di scuola media a Roma e una figlia, Luisa Gioia (un nome e un destino) Giorgieri, deceduta il 13 maggio 1994 per un tumore.
L’omicidio suscitò vasta emozione dopo che per alcuni anni le violenze terroristiche erano parse scemare e a seguito della tragica morte, la salma del generale fu esposta in una camera ardente presso il Ministero dell’Aeronautica Militare a Roma, dove ricevette l’omaggio della cittadinanza prima dello svolgimento dei funerali.
Alla sua memoria è dedicato il caccia Lockheed F-104G esposto come gote guardian presso l’aeroporto di Trento.
Dopo aver letto le qualifiche del generale, è opportuno soffermarsi sulla preparazione culturale e sulle esperienze professionali della sua assassina che riuscì, con un “attentato anomalo” (così lo definirono in quegli anni gli esperti di terrorismo) uno degli uomini che, al vertice del Registro Aeronautico Italiano, era presumibilmente a conoscenza del segreto del DC9 dell’Itavia esploso nei cieli di Ustica con 81 passeggeri a bordo il 27 giugno del 1980. Secondo alcuni analisti dei troppi misteri italiani della seconda metà del novecento (signor Presidente quando apriamo gli archivi di Stato?) la sua è una delle 15 morti sospette che quell’aereo ha lasciato nella propria scia.
Ma di questo parleremo a lungo citando il massimo esperto di questa materia Rosario Priore.
CLAUDIA GIOIA è nata a Roma il 30-8-1963
Dal 1994 al 1996 collabora con la rivista Cinema Nuovo, diretta da Giudo Aristarco, come responsabile della rubrica sulla cultura dei mass media. Nel 1999 progetta e coordina per l’Associazione Sistema Museale della Provincia di Ancona il corso di specializzazione superiore in “Management della cultura” per la promozione dell’arte contemporanea e la formazione di operatori del settore.
Dal 1999 al 2003 collabora con l’ISMERI IRS EUROPA di Roma e Milano per la valutazione dei progetti realizzati nell’ambito del Programma di Iniziativa Comunitaria OCCUPAZIONE I e II fase (PROGETTI BEST PRACTICE) su mandato del Ministero del Lavoro.
Dal 2000 collabora con l’Istituto Luigi Sturzo di Roma per la realizzazione di percorsi di alta formazione sui temi della progettazione culturale e dei finanziamenti europei per la cultura ed arte contemporanea.
Dal 2000 al 2008 è consulente del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione OPIB ed ICCU, per la progettazione culturale di interventi di valorizzazione, promozione e conservazione dei patrimoni culturali europei nell’ambito del Programma Quadro Europeo “Cultura 2000”.
Progetta e coordina il progetto nazionale Biblioteca digitale italiana BDI per la digitalizzazione e diffusione dei patrimoni culturali archivistici, bibliotecari e museali italiani.
Progetta e coordina per la Direzione per i Beni Culturali e gli Istituti Culturali il progetto E-learning e Elearning 2 per la diffusione delle competenze progettuali di percorsi turistico culturali attraverso la digitalizzazione dei patrimoni culturali italiani.
Nel 2001 è docente, presso l’Università degli studi di Perugia, di progettazione e valutazione delle iniziative di valorizzazione dell’arte contemporanea nell’ambito del Programma Quadro Europeo “Cultura 2000”.
Nel 2002 è docente, per i Sistemi Formativi Confindustria Umbra di Perugia, di Project Management.
Nel 2002 pubblica con Bondardo Comunicazione Milano il libro «Gestire la Cultura. Identikit delle professioni nel settore dei beni culturali» con il saggio I Musei e gli spazi espositivi: competenze e fattori di miglioramento.
Dal 2002 al settembre 2008 collabora con il MACRO Museo D’Arte Contemporanea Roma, ufficio mostre per il coordinamento delle mostre e cataloghi:
Domenico Bianchi (2003); Tony Cragg (2003); Vik Muniz (2003); Cecilyn Brown (2003); Paola Pivi (2003); Simon Starling (2003); Jun Nguyen-Hatsushiba (2003); Tatsuo Miyajima (2004); Nicola De Maria (2004); Carla Accardi (2004); Pascale Marthine Tayou (2004) Sarah Ciracì (2004); Elisabetta Benassi (2004); Kendell Geers (2004); Sissi (2004); Valery Koshliakov (2004); Nunzio (2005); Tom Wesselmann (2005); Wolfgang Laib (2005); Jenny Saville (2005); Alfredo Jaar (2005); Gianni Dessì (2006); Leandro Erlich (2006); Marc Quinn (2006); Gadha Amer (2007); Paolo Canevari (2007); Giuseppe Gallo (2007); Avish Khebrehzadeh (2007); Nahum Tevet (2008); Gregor Schneider (2008); Paolo Chiasera (2008); Ernesto Neto (2008).
Dal 2003 al 2008 è responsabile di MACRO Future Museo D’arte Contemporanea Roma e cura le mostre:
Mediterraneans. Arte contemporanea (2004 group exhibition) in collaborazione con 10 curatori internazionali; Masbedo (2005) in collaborazione con la Casa delle letterature di Roma e il DA2 Domus Artium di Salamanca; Nuove Acquisizioni (2005); Christian Boltanski (2006); Into Me/Out of Me (2007 group exhibition) in collaborazione con Klaus Biesenbach direttore PS1 di New York e il KW di Berlino; AES+F (2008) in collaborazione con la casa della Fotografia di Mosca.
Coordina le mostre e cataloghi: Festival della Fotografia: Michal Rovner e Andreas Gurski (2004); Piero Pizzi Cannella (2006); La città che sale (2007); Sean Scully (2008) in collaborazione con Fundacio Mirò di Barcellona e Musée d’Art Moderne di Saint Etienne.
Nel 2005 inaugura il progetto MACRO HALL dedicato a installazioni site specific e cura le mostre: Erwin Wurm (2005); Pedro Cabrita Reis (2006); Atelier Van Lieshout (2007)
Nel 2004 è docente presso lo IUAV di Venezia di progettazione di interventi in ambito museale per la valorizzazione dei patrimoni culturali. Sempre nel 2004 pubblica con Rubettino Editore, Catanzaro, il libro «Cultura e creazione del valore» con il saggio Come e da chi vengono interpretate le attuali esigenze innovative nel panorama culturale italiano.
Nel 2005 diviene membro dell’ICOM International Council of Museums. Dal 2004 è coordinatore generale delle attività espositive di ARCOS Museo d’Arte Contemporanea del Sannio, Benevento: “O luna tu” (2005); “C’era una volta un re” (2006); “ La città che sale” (2007); “ITALIA ITALIE ITALIEN ITALY W!OCHY ” (2008); “I paesaggi e la natura dell’arte” (2009).
Cura le mostre collettive: “Ai Confini della realtà” (2006); “Les fleurs du mal” (2007); “Artifici contemporanei e difformità borocche” (2010).
Dal 2009 è direttore artistico della Fondazione Volume di Roma. Cura le personali di Valery Koshlyakov (2009), Nahum Tevet (2010), Gregor Schneider (2010), Christian Boltanski (2011).
La sua istruzione e formazione:
Università degli Studi “La Sapienza” di Roma – Laurea in Filosofia
Università degli Studi “La Sapienza” di Roma – Laurea in Lettere
California Institute of Arts / Telecom – Roma Corso in “Management e leadership”
Docente: Richard Farson –
Master universitario II livello “Facoltà di Architettura” Valle Giulia di Roma
Management per curatori di musei d’arte ed architettura contemporanea
Vi basta?
Fine della prima puntata. Difficile essere nemici di Ipazia Alessandrina.
Oreste Grani
Grazie. Come al solito lei da’ un sacco di informazioni e dettagli utili.
Anche se continuo ad avere un dubbio. Quantomeno sulla strategia francese. In parecchi sostengono che Gheddafi sia morto per mano di una persona dei servizi francesi (individuato attraverso una chiamata satellitare tra lui ed Assad, informazione passata dall’NSA americano ai suddetti servizi). I francesi volevano avere rapporti piu’ stretti con la libia (ed ora hanno parecchi contratti su petrolio e forniture militari quando prima li avevamo praticamente solo noi italiani). Si dice che piu’ volte abbiamo protetto la vita del dittatore fornendo informazioni utili ad evitare di essere ucciso. Negli ultimi tempi Gheddafi (prima di divenire de cuius) soggiornava e festeggiava nel sud della francia. Gheddafi ha finanziato Sarkozy (per non essere “importunato”? perche’?). Sarkozy da protettore della versione viveur fi Gheddafi ne diviene il principale nemico che apre le danze (i primi bombardamenti solo francesi) e ne chiude il ballo (Gheddafi viene finito da persona dei loro servizi). Altro argomento che a prima vista sembra completamente slegato (ma con un forte connotazione negativa per l’italia) e’ la vicenda Dassault trattata in maniera egregia qui’ (http://www.linkiesta.it/dassault-risiko-armamenti)
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