Suonano le sirene a Tel Aviv: Israele è in pericolo nel momento in cui sembra, per l’ennesima volta, sbaragliare i criminali di Hamas

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La situazione in queste ore si è fatta gravissima e non basterà fare “spallucce” alla divulgazione del video in cui uomini in divisa pestano un piccolo “Davide” palestinese armato solo di fionda. Quarantamila riservisti dell’esercito israeliano richiamati e nuovamente case sventrate e vite stroncate. Lutto e ancora lutto. Carri armati e lutti. Tutto questo già visto nella sua inutilità. La trappola culturale dei nemici di Israele e degli ebrei, potrebbe scattare, proprio questa volta.

Cosa altro dobbiamo vedere prima di cominciare tutti ad agire perché scoppi la pace nel Mediterraneo e nelle terre martoriate dall’odio fra ebrei e palestinesi, tra ebrei ed ebrei, tra semiti e semiti, tra cristiani e musulmani, tra cristiani ed ebrei, tra musulmani ed ebrei, tra credenti in qualcuno e non credenti, tra agnostici e fanatici? Quali altri resoconti di umani che bruciano vivi umani, di adolescenti trucidati perché non diventino mai adulti, dobbiamo leggere o sentire riferire da corrispondenti attoniti di tanto orrore e del dover commentare immagini che sembrano irreali tanto sono testimonianza di una ipotetica crudeltà umana? Ipotetica, un cazzo!  Adesso che i due /tre nemici della “sopravvivenza stessa di Israele”, immortalati nel video, visti e postati per l’eternità nella rete, si sono sfogati contro un piccolo David (palestinese e al tempo stesso cittadino statunitense) cosa può accadere se non di tutto e in tutto il mondo?  Come si cancella il video e gli indelebili ricordi che innesca una sequenza di tanta ferocia? A cosa servono due/tre israeliani in divisa che non cessano di “sfogare” la loro paura e il loro odio sull’agnello sacrificale a sua volta trovato armato proprio della fionda di David, se non a dare argomenti a tutti i “nazisti” del Mondo?

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I due cittadini in divisa appartenenti allo stato di Israele, patria sorta necessariamente perché i mille persecutori degli ebrei non potessero più esercitare impunemente la loro crudeltà, sono la rappresentazione di come ormai sia la paura a regnare in Israele. Una vera forma di terrore più che semplice paura si è impadronita dei due/tre carnefici dell’adolescente: senza un terrore ancestrale come movente profondo, nessuno avrebbe reagito così di fronte ad una fionda. Gli uomini di Israele stanno perdendo la memoria storica e così facendo si ritroveranno in balia dei sostenitori della soluzione finale. Shimon Peres parli ancora e subito per tutta la gente ebrea in Israele e fuori dai confini e che le sue, siano parole di Pace. Peres così ha fatto telefonando ai genitori del ragazzo palestinese bruciato vivo, chiedendo perdono per lo “strazio” del loro figlio adolescente. Inutilmente. Ormai suonano le sirene a Tel Aviv.  Come si capisce avevo scritto il post sabato u. s. ma non lo avevo potuto pubblicare per motivi tecnici. Sono in inutile attesa che venga chiesto il perdono per il pestaggio disumano del piccolo palestinese/statunitense lanciatore di sassi o, gli ebrei saranno condannati, da quelle immagini e dai commenti che in queste ore le accompagnano, a essere nuovamente capri espiatori di tutti i pogrom che nei prossimi secoli altri nazisti scateneranno.

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Gli aizzatori di folle antisemite, sono pronti a giustificare il loro agire, ricordando o, facendo ricordare, quelle immagini e l’appartenenza di quegli uomini in divisa ad una razza maledetta. Nella mente di milioni di attoniti spettatori, sparsi in tutto il pianeta, quel ragazzino pestato senza pietà alcuna, diventerà giustificazione e motivo di qualunque futura caccia all’ebreo. Che cosa sta per succedere da quelle parti? Possibile che in pochi giorni i nemici della pace, minoranza in entrambe le comunità, siano riusciti a vanificare totalmente la visita e gli sforzi di Papa Francesco? La Pace, in Palestina e in Israele, deve scoppiare, a qualunque costo. Se dovesse prevalere il disprezzo della sacralità della vita, nessuno in quelle terre, deve avere più il diritto di nominare il nome di Dio. La ragione, deve prevalere. Chi ha a cuore la somma dei significati data dai millenni di comportamenti, elaborazioni culturali, di ragionamenti filosofici e scientifici che hanno avuto origine intorno al Grande Lago chiamato Mediterraneo, deve reagire. Ognuno come può, prima che il mare blu diventi per sempre rosso, deve dichiarare la sua scelta per la convivenza pacifica dei due popoli. Lo Stato di Israele è minacciato dai veleni di una occupazione militare che dura da decenni e che lui stesso ha messo in atto ritenendola l’unica soluzione “intelligente”. Questi veleni sono stati più insidiosi di quanto gli Israeliani potessero immaginare. In Israele sono in corso fenomeni complessi che non annunciano niente di buono: confusione di valori e addestramento al disprezzo della vita umana. Niente di buono, con questi presupposti. Israele, per la prima volta, soffre di un gap culturale con evidente atteggiamento di assoluta estraneità al dolore dell’altro da se e con nessuna capacità di interrogarsi sui propri errori. Così facendo, gente colta e con storia millenaria alle spalle comincia a non sapere nulla del proprio possibile futuro. Quale tessuto sociale, quale morale, quale patriottismo costituiranno argomento sufficiente capace di spingere i cittadini israeliani a giustificare un stato di occupazione militare senza limite di tempo.? Pochi sanno che in “Giudea e Samaria” la popolazione palestinese costituisce il 90% degli abitanti. Nella Striscia di Gaza di cui sentite sempre parlare, i palestinesi sono il 98%. Se mi sbaglio mi scuso e aspetto dati certi. Come forse alcuni sanno, non c’è esempio nella storia dell’umanità, di occupazioni militari ad oltranza in presenza di queste percentuali.I carri stanno per entrare ancora una volta. Vinceranno sicuramente contro i criminali di Hamas interrati tra povera gente palestinese tenuta in ostaggio come se fossero sacchetti di sabbia. E poi?

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Ci sono viceversa, centinaia di esempi di integrazione, di meticciati, di ondate immigratorie rigeneratrici e salvifiche. Come penso sappiate, le paure di Israele, rispetto alle frontiere “insicure”, sono state fugate nel tempo, esclusivamente con il mantenimento di una supremazia militare qualitativa. Israele ha creato e mantenuto la sua difesa grazie alle prestazioni dei suoi aerei a alla qualità fuori misura dei suoi piloti. Oggi, spera di garantirsi un futuro “sereno”, grazie alle tecnologie robotiche tipo, per esemplificare il ragionamento, i droni. Armi superiori che , che sommate ai carri armati  apparentemente rendono invincibile lo Stato di Israele. Ma, come potete immaginare, la corsa alla supremazia tecnologica militare diventa sempre più dispendiosa e anche in Israele la papera non galleggia più. Questo è notorio e per saperlo non ci vuole una grande intelligence. Chiudo con una considerazione che  forse è quella che più mi spaventa: in Israele (e non solo da quelle parti) se non ti vuoi far guardare da quel momento con sospetto, devi evitare di ricordare agli amici israeliani che gli americani, alla fine, sono fuggiti dal Vietnam; che in Afghanistan tutti sono andati via dopo aver pensato inutilmente che la superiorità degli armamenti avrebbe fatto la differenza; che, prima degli americani, a Dien Bien Phu, i francesi sono rimasti attoniti; per non parlare di come, sempre i francesi, hanno dovuto lasciare l’Algeria; che in Siria nessuno capisce più niente; che in Egitto sembra che le cose si stiano aggiustando ma potrebbe essere il contrario; che, soprattutto in Iraq, quei birboni non mollano e che il rassicurante (oggi) Iran, potrebbe cambiare “rotta” dieci volte nei prossimi dieci mesi.

Scrivo da anni e lo dico a tutti gli amici israeliani che frequento o che ho frequentato: Israele è in pericolo. Ora come non mai. Israele, per salvarsi, deve elaborare ed offrire, quanto prima, una soluzione politica alla condizione in cui si trova. La proposta deve essere colta, all’altezza del popolo del libro, del popolo dei libri. Israele deve rispondere subito alla crisi innescata dal filmato di cui parlo (che tutto il mondo si prepara a vedere, mille e mille volte), seguendo la via tracciata da Shimon Peres a colloquio con Papa Francesco. Israele, aiutata da tutti gli amici che nel mondo ancora le vogliono bene, che la stimano e la rispettano, memore dei valori culturali su cui è nata (penso allo Stato voluto da Ben Gurion), deve elaborare una soluzione all’altezza della complessità in cui si trova: colpevole o innocente che sia.

Oreste Grani