All’inizio fu la guerra tra Galan e Tremonti, passando per Marcolongo, Milanese, Tosi ma, soprattutto, ricordando il Compagno M

Oggi, come dovreste sapere, è il 14 ottobre del 2015 e ribloggo questo post sollecitato (che fascino ha questa macchina neurale!) dalla curiosità insistente che si delinea in rete rispetto all’argomento trattato. E’ come dopo oltre un anno che qualcuno ne abbia scoperto un qualche valore. Qualcuno in Veneto e nel recondito interessato a sapere qualcosa di più approfondito di quanto già sono stato costretto a raccontare. Comunque, buona rilettura. Le cose dette a suo tempo, oggi, le rifirmo. Oreste Grani/Leo Rugenscorruzione

Primo tempo

La storia di Giancarlo Galan e della cattiva gestione della cosa pubblica veneta è più complessa di come l’affare MOSE stia evidenziando. “Ma va la”, direbbe l’avvocato Niccolò Ghedini che, non solo è di quelle parti, ma conosce tutti i protagonisti di queste intrecciate vicende di politica e affari. Nel famoso modello formigoniano della sanità, il cittadino poteva scegliere se curarsi in strutture pubbliche o private. Tanto, sembra incredibile, a pagare il ricovero era sempre la Regione. Come sapete, il groviglio costituito da Giuseppe Rotelli/Comunione e Liberazione/Roberto Formigoni/San Raffaele di Don Verzé/Casa di cura Santa Rita/Famiglia Ciardo/Clinica Pio X dei frati camilliani è accusato di aver gonfiato per anni i rimborsi delle prestazioni ospedaliere. All’opposto del pensiero formigoniano (un vero gioiello di efficienza!) è, ad esempio, il “modello veneto”, dove e quasi tutto pubblico e la presenza dei privati è limitata per lo più a istituti religiosi. Le cose però, in Veneto, a differenza di quanto si poteva credere, non sono andate meglio dal punto di vista amministrativo di quel scandalo infinito che ormai sappiamo essere il sistema sanitario lombardo. Anzi, sotto sotto, il Veneto era e potrebbe ancora essere, un vero disastro. Una gara tra pessimi. Tanto che alcuni ispettori, altre volte ciechi e sordi, del Ministero dell’Economia al tempo guidato (udite udite) proprio da Giulio Tremonti, circa sei anni addietro, preparano un dossier. L’Unità sanitaria locale di Rovigo emerse, ad esempio, pur essendo in Italia tra le più piccole, per il record di un “buco”, 279 milioni di euro, messi insieme in un quinquennio dal direttore generale Adriano Marcolongo, fedelissimo in politica e in relazioni interpersonali, del sempre ignaro di tutto Giancarlo Galan.

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Nonostante quei risultati di bilancio, l’ingenuo Galan, per anni premiò (“premi biennali di risultato”) Marcolongo, con 40 mila euro per volta. Per Dio, non ci si crede, che sia avvenuto tutto questo, quando si pensa a quegli imprenditori veneti che in questi anni terribili si sono suicidati per molto, molto meno! In questo clima paradossale, fatto di gente che si è uccisa dopo aver prodotto per decenni ricchezza per la collettività, e lestofanti goderecci stanziali in dimore principesche, gli ispettori di Tremonti contestarono gravi e numerose irregolarità negli appalti, in illegittimi affidamenti di contratti a trattativa privata, nell’eccessivo ricorso a forniture  senza gara pubblica e artificioso frazionamento degli importi contrattuali per restare sotto le soglie di legge. A questo, si aggiunse, sotto il duo Galan/Marcolongo, un boom delle consulenze esterne, con avvocati e professionisti pagati ancor prima dell’incarico. “Ma va là ” direbbe il buon avvocato Ghedini. Con pazienza certosina, un giornalista dell’Espresso, Paolo Biondati, a questo proposito, allineava, anni addietro (più di cinque), decine di storiacce su cui, in tutto il Veneto, le procure indagavano per rimborsi-truffa ai privati, sprechi, assunzioni clientelari, appalti pilotati e tangenti. In Veneto, non in Sicilia o in Calabria o nell’impresentabile Lazio! Ma, mi chiedo sempre più vecchio e tardo, la così detta opinione pubblica di cosa si informa prima di decidere per chi votare? E mi chiedo chi copriva tanto malaffare?

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Dicevamo che, alcuni anni addietro, Giulio Tremonti manda gli ispettori. Nessuno ovviamente può sospettare delle ottime intenzioni del signor Ministro che in quelle stesse date era già ospitato in Via Campo Marzio, a Roma, nella casetta organizzatagli dal fido Marco Milanese. Certamente, è opportuno ricordare che il ministro dalla erre moscia, proprio in quel periodo, era tutto proiettato alla scalata della leadership della destra illudendosi (tanta incapacità alla fine dovrebbe dare la dimensione e il valore di questi figuranti della politica nazionale) che Silvio Berlusconi fosse in procinto di lasciare il campo. Tremonti riteneva di essere l’anello forte che agganciava la Lega Nord di Bossi (ma vi rendete conto in mano a quali dilettanti delle previsioni a breve, medio, lungo termine siamo stati?) alla maggioranza berlusconiana. Tremonti, quando era ministro, operava, con gli ispettori, per il bene della Repubblica Italiana o, più tera tera (con una sola erre!), per scalzare Galan dal Veneto e fargli soffiare il posto, come governatore, dal già assessore alla Sanità in Regione, Flavio Tosi? Quello (e bene non dimenticarlo in questo paese di smemorati) che portava al guinzaglio un “felino” e, a chi gli domandava che significato avesse una così eccentrica compagnia, rispondeva:  “el léon che magna el teròn”. Incredibile, ma vero. Siamo stati in mano a gentaccia di questa risma e ancora non ne siamo fuori se è vero che gli amici di Debora Serracchiani (Matteo Renzi e il top del PD), per riformare l’impianto giuridico della Repubblica Italiana,in questi giorni preferiscono Silvio Berlusconi, Flavio Tosi, Giancarlo Galan, Giulio Tremonti, Roberto Formigoni, Denis Verdini ai cittadini onesti ingenuamente organizzati nel M5S di Grillo, Casaleggio, Brescia, Di Maio, Taverna tanto per citare alcuni esponenti di quella banda di grassatori delle casse dello Stato che sono i grillini. Insetti, a differenza delle termiti o delle cavallette, notoriamente famelici.

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Secondo tempo

La Macchina del Tempo ci “rapisce” e ci porta, indietro, alla data utile (1992) per assistere all’interrogatorio effettuato, con la solita abilità, dallo “sbirro” Antonio Di Pietro a tal Renato Morandina detto anche (per gli smemorati di sinistra) “Compagno M”, per assonanza col “Compagno G”, Primo Greganti, collettore di tangenti per il PCI-PDS-oggi PD. Maestro elementare in pensione, Renato Morandina, allora consigliere regionale veneto della Quercia (il continuo mimetismo dei “bolscevichi” non era riuscito a far perdere le tracce dell’odore dei soldi illeciti) confessò ad Antonio Di Pietro di essere il controllore, insediato nella Riviera del Brenta, di tutte le nomine e le operazioni di potere ospedaliere. Prima di Giancarlo Galan, prima degli appetiti devastanti della destra (si fa per dire), a sinistra (si fa per dire) non ci si faceva mancare niente per controllare il settore strategico della sanità. E qui spunta il suo solito veleno di Leo Rugens. che vede spesso negli avvenimenti “locali” trame di destabilizzazione internazionale. L’abilità e il modus operandi di quei funzionari erano tipici di una organizzazione antinazionale che, partendo da Torino (la città più importante d’Italia in quanto residenza della famiglia Agnelli), tramite Primo Greganti, creava permanentemente occasioni di rifornimento illegale per attività che erano politicamente, di fatto, finalizzate a servire l’URSS.

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Fino alla caduta del Muro (ma, ritengo, per molti anni dopo), il confine tra essere dirigenti membri del Partito Comunista e agenti segreti al servizio di Mosca, era difficile da tracciare. Tanto è vero che al compagno Renato Morandina, per la campagna elettorale in Veneto del 1992, i 200 milioni di lire glieli diede la FIAT di Torino e i compagni, da veri uomini di mondo, fottendosene di ogni regola fiscale, versarono la cifra su due conti correnti ticinesi, per le necessità, appunto del partito. A Torino, operava la centrale a cui faceva riferimento il Compagno G. che a sua volta metteva in contatto la Fiat con il “Compagno M”. Capisco che le colpe dei nonni non devono ricadere sui nipotini (Serracchiani ed altri) ma sarebbe stato meglio, alle ultime elezioni regionali, interrompere una tradizione di malaffare (destra-sinistra uniti nella lotta) e votare M5S. Ma agli italiani/veneti, evidentemente  piace (come agli italiani/senesi) il groviglio putrescente bituminoso piuttosto che le acque fresche e trasparenti dei cittadini organizzati nel M5S.

Oreste Grani