La guerra in “Terra Santa”, sicuramente, finisce male per tutti
Arriva l’ultimatum dell’esercito israeliano alla popolazione palestinese residente nella striscia di Gaza: lasciate le vostre case e consentiteci di affrontare i terroristi di Hamas senza la vostra presenza. Un po’ di storia nella speranza di non fare torto a nessuno. La questione israeliano/palestinese ha, sostanzialmente, la mia età: siamo entrambi figli dell’immediato dopo guerra. Ovviamente, parlo della Seconda guerra mondiale. Anziano si, ma non esageriamo. A partire dalla proclamazione dello Stato di Israele il 14 maggio del 1948, si è assistito ad un solo ininterrotto conflitto tra Israele, il popolo palestinese e i paesi arabi confinanti.
“La prima guerra arabo – israeliana, definita e vissuta in Israele come guerra di indipendenza, inizia in realtà, ancor prima nel novembre del 1947 a seguito della spartizione del territorio palestinese da parte delle Nazioni Unite con un susseguirsi di sanguinosi scontri tra le organizzazioni paramilitari ebraiche (Haganah, Irgun, Banda Stern da una parte e dall’altra guerriglieri palestinesi e volontari arabi). L’Haganah, in particolare, che aveva partecipato con proprie formazioni scelte alla Seconda guerra mondiale, al fianco della Gran Bretagna, favorendo l’immigrazione clandestina ebraica in Palestina e predisponendo un ricco arsenale di armi, prima ancora della proclamazione dello Stato israeliano aveva occupato centri assegnati dal piano dell’ONU al futuro Stato arabo-palestinese (Tiberiade, Haifa, Deir Yassin) e alla zona internazionale di Gerusalemme.
(Riprodotta – dal testo che poi citerò – questa scomoda verità, sarà difficile per i miei detrattori continuare a indicarmi come uomo del Mossad! Al massimo, sono e sarò sempre amico della Pace e della Verità. ndr). Il 15 maggio del 1948, invece, reparti militari regolari arabi penetrano in Palestina: truppe egiziane dal Sud puntano su Tel Aviv; truppe siriane e libanesi dal Nord e da Est la Legione Araba della Transgiordania, occupando la Cisgiordania e la città vecchia di Gerusalemme. (Chi, quindi, ha cominciato e a fare cosa? ndr). Due successive tregue imposte dalle Nazioni Unite non reggono, e lo svedese Folke Bernadotte, delegato delle Nazioni Unite, muore in un attentato compiuto da terroristi sionisti. A partire dal mese di ottobre il neo costituito esercito israeliano in cui è confluito l’Haganah inizia una vittoriosa controffensiva verso il deserto del Negev e del Sinai, in direzione di Gerusalemme e verso il Libano il cui confine viene attraversato. (Chi ha cominciato? Di chi sono le colpe? Forse è ora di mettere ordine in questo ginepraio e, apparentemente, inestricabile rovo. ndr).
Nel mese di gennaio 1949, la prima guerra arabo-israeliana si conclude con una disfatta degli arabi. Faticose trattative conducono ad armistizi separati con l’Egitto, il Libano, la Giordania e la Siria. Israele acquisisce territori aggiuntivi rispetto alla spartizione originaria del 1947 che prevedeva l’assegnazione del 56,4% del territorio palestinese e una popolazione mista composta da 498.000 ebrei e 497.000 arabi, più l’internazionalizzazione di Gerusalemme. (A queste decisioni ndr) ne consegue un massiccio e forzato esodo di circa 700.000 palestinesi verso i paesi confinanti, dal Libano alla Giordania e alla Striscia di Gaza. (Terre senza pace e di cui sentite solo parlare per le atrocità che lì vengono commesse in nome di Dio. ndr). Tutto questo si chiama naqba, la “grande disgrazia” dei Palestinesi destinati a una perdurante condizione di profughi e rifugiati nonostante l’ONU, sin dall’11 dicembre del 1948, si fosse pronunciata per il loro diritto al ritorno o a forme adeguate di risarcimento”.
Questa ricostruzione è presa dal volume uscito nel “lontano” marzo del 2007, per Eurilik Editori, libro che, già nel titolo (Illogica di un conflitto – La logica fuzzy applicata alla crisi tra Israele e Libano), invoglia l’eventuale lettore a capire le opinioni degli autori (cinque fra matematici e socio-logici matematici) Gisella Facchinetti, Francesco Franci, Giovanni Mastroleo, Vittorio Pagliaro, Gianni Ricci rispetto alla illogicità dei conflitti permanenti tra (per semplificare) israeliani e palestinesi. Il testo (che vi invito a cercare), una volta letto, mi si rivelò molto di più di una semplice rendicontazione del lavoro di un gruppo di scienziati, finalizzato ad interpretare, con la matematica, la complessità di quel conflitto. Il libro mi sembrò e mi sembra, in queste ore per l’ennesima volta drammatiche, capace di aiutare a capire perché gli israeliani hanno paura dei palestinesi e perché i palestinesi hanno paura degli israeliani. Il saggio inoltre, pone l’accento su come ci sia sempre la complessità sociale (soprattutto quando è paradossale) all’origine di molte contraddizioni e quindi dei conflitti. Gli autori, con spirito positivo, sostengono che sia possibile, con l’aiuto anche della matematica, trovare una logica in ogni crisi, per quanto sfumata e poco convenzionale appaia. Questa è la logica Fuzzy, di cui i cinque “matematici” sono appassionati sostenitori.
ll testo si avvale della prefazione del Prof. Guido de Marco, Presidente Emerito della Repubblica di Malta di cui riproduco una frase che mi sembra,in quanto “autobiografica” particolarmente significativa: ” …Sto dicendo questo dando voce al mazziniano che c’è in me. La Giovane Italia e la Giovane Malta mi stimolano a immaginare una Giovane Palestina e un Giovane Israele. Io sono certo che oggi stiamo parlando con grande buona volontà della Pace in Medio Oriente. E sono altrettanto convinto che il terrorismo non sia una soluzione, e anche che al terrorismo non vi sia soluzione. Il terrorismo non è la guerra dei poveri; il terrorismo è la negazione della vita, della vita degli innocenti, ed è questo che non deve essere accettato.
Né noi che viviamo nel Mediterraneo, che apparteniamo a questo mare nostrum nel vero senso della parola, vogliamo consegnare il nostro futuro a chi vuole creare un conflitto tra noi cristiani ed altri che appartengono ad un’altra religione. Che futuro c’è nel conflitto? Dobbiamo imparare dalla Storia. Anche nei conflitti dell’ex-Jugoslavia non c’è stata una questione di minoranze, ma di nazioni. Non erano minoranze che volevano fare uno Stato, ma nazioni che volevano fare uno Stato. Questo è il frutto dell’autodeterminazione. E si può realizzare la pace in un popolo e tra i popoli solo se vi è diritto alla autodeterminazione”. Ed è il diritto all’autodeterminazione dei popoli che, in quella terra (santa per molti), tutti – alla fine – dovranno accettare. Non c’entra essere amici o meno di Israele o della Palestina. Non è il maledetto tifo Lazio-Roma! Se non ci mobilitiamo “tutti” per la soluzione di questo casino, la guerra permanente nel Mediterraneo, finisce male. Per “tutti”.
Oreste Grani