Leo Rugens non è affidabile in quanto “filo israeliano”. Dedicato ad una persona che mi è cara e che avrei preferito che riflettesse prima di scrivere

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L’ipocrisia e la disinformazione sono al lavoro come non mai nella vicenda della guerra in essere a Gaza e territori limitrofi.

Ad esempio, prima che succedesse l’inevitabile (largamente previsto), chi di quanti oggi informano, spiegano o pontificano sul tema, nel tempo intercorso tra il 5 settembre del 1972 (attacco al Villaggio Olimpico di Monaco ad opera di palestinesi e, in quel caso, vittime gli atleti israeliani) ed oggi, ha realmente agito perché “scoppiasse la Pace” in quelle terre? Sono passati 42 anni da quelle dirette televisive, da quelle effimere curiosità morbose su mille e mille dettagli: il mondo seppe tutto dell’ingegnere palestinese che aveva partecipato alla costruzione degli impianti dove si consumò l’eccidio dei giovani atleti ebrei; i giornali ci raccontarono che un altro dei “terroristi” era stato assunto come giardiniere; si seppe tutto dei fucili offerti dall’esercito tedesco alla polizia bavarese che ne rifiutò l’uso; che la polizia di frontiera era sprovvista di radiotrasmittenti portatili e che dopo i primi spari gli agenti rimasero isolati; che il cancelliere “tetesco di Cermania” non era stato informato tempestivamente degli accadimenti. E via così. Consumato l’episodio, tutto finì nel dimenticatoio se non per le ovvie vendette che gli israeliani misero in atto. Ma dei motivi scatenanti l’episodio (a prescindere dal tifo a favore di una parte rispetto all’altra), dopo qualche approfondimento sulla stampa e qualche inchiesta televisiva, tutto tornò nella dinamica informazione/controinformazione/disinformazione. Il giorno 25 luglio 2012 (2 anni fa!) ho pubblicato un post “Monaco 1972 Londra 2012” dedicato a quell’episodio. Spero, cominciando a conoscere questo blog, che non pensiate ad una qualche casualità nella scelta del tema e dei dettagli narrativi. Fu un primo tentativo di richiamare l’attenzione sul dramma imminente che si prefigurava in Medio Oriente, evocando episodi e scegliendo suggerimenti che altri più autorevoli avevano provato a dare per trovare una soluzione agli errori già commessi. Pubblicai quindi quel primo post e poi….

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Pensai così di dare il mio “ridotto ” contributo ragionato, prima dell’apocalisse in essere. Oggi, mi accorgo che, nel web, un amico che mi è caro e che tale, comunque, rimarrà nella mia valutazione, definisce Leo Rugens “inattendibile” in quanto, “filo israeliano”. A che pro tanto equilibrio e attenzione alle parti in conflitto se, nel tempo, devo essere semplificato da affermazioni così semplicistiche? Mi si apostrofa e mi si liquida in una logica degna del peggior tifo calcistico. Io sono, come ho scritto  nel post intitolato “Consideriamo il Mediterraneo (e i suoi porti) la nostra vera Patria. Guai a chi lo tocca” perché nel Mediterraneo e nelle terre che ci si affacciano scoppi una pace ragionata e foriera di un periodo storico capace di riportare al centro del mondo la cultura che in queste acque e in queste terre, nei millenni, si è sviluppata. Prima di tutto parlo, nella mia semplicità, di quella cultura pagana greco-romana-alessandrina che, esemplarmente, Ipazia seppe interpretare. Parlo di quella libertà di pensiero e di quel culto del dialogo che scatenò nel vescovo cristiano Cirillo la decisione di far massacrare Ipazia e i suoi seguaci pur di mettere a tacere proprio la sete di sapere e la libertà di pensiero che animavano la bella filosofa. Non credo che la sapiente scienziata oggi sarebbe etichettabile come filo questo, filo quello. Non credo che avessero ragione i fanatici cristiani quando decisero di scarnificare viva la geniale matematica perché aveva ritenuto opportuno difendere gli ebrei (lei non ebrea), in Alessandria d’Egitto. Ricordo all’amico che ha ritenuto “bollarmi” che per essere stato (lo sono, ovviamente, ancora) un ammiratore (e forse qualcosa di più) del pensiero ipaziano, sono stato colpito duramente, il 14 febbraio 2012, nelle mie attività professionali, diffamato e lasciato esposto a quei rischi a cui solo la menzogna, nella società dell’informazione, può esporre. Io son ciò che sono e cioè, uno spirito libero; altri, forse, sono filo qualcosa. Ma, per affetto, per stima, per prudenza non mi permetterei mai di indicare, alla rete, dove batte il loro cuore e dove si indirizzano le loro azioni.

Oreste Grani