Prima di abbattere Totem, se fossi Matteo Renzi, aspetterei, scaramanticamente, il ritorno dello sciamano Maurizio Crozza
Chissà se Matteo Renzi e Angelino Alfano sanno di cosa sono stati indotti a parlare quando, a proposito dell’art. 18, qualcuno gli ha suggerito la figura del “Totem”. Non a caso, parola di origine amerindiana. L’espressione “totem” ci viene dagli indiani Algonchini e designa il “custode personale”. Secondo questa definizione, ogni individuo possiede un totem ma, secondo quei “paraculi” di Renzi e Alfano, anche questo gli dovrebbe essere tolto pur essendo, chiunque lo capirebbe, l’ultimo barlume di speranza a cui gli italiani sudditi si aggrappano. Diversamente, devono adattarsi all’idea di dover “morire” in un mondo del lavoro privo di regole ed equità giuridica. Un mondo, viceversa, che, per anni, lo stesso schieramento politico (la sinistra?) che ha generato il mostro Renzi, ha fatto credere ai lavoratori, esistesse. Anzi che fosse inamovibile se non eterno. Su queste turlupinature pseudo garantiste, anzi, i sindacati hanno costruito la loro fortuna. Di colpo, due “soloni”, fulgidi esempi di trasparenza, vogliono spiegare ad un mondo del lavoro stremato e segnato da morti e feriti quotidiani che, “I bambini non nascono sotto i cavoli”: mamma e papà si accoppiano, a volte con piacere, per farli. Veramente si pensa che usare il termine “totem” risolva le complessità implicite nella fine di un’era? Veramente si dimentica che la Legge 300, meglio nota come Statuto dei lavoratori, non sia stata figlia del era politica pre sessantotto? La Legge 300 è del 1970; spero che, anche ai più sprovveduti, questo dica qualcosa in termini di ricordo di conflitti sociali – nazionali e internazionali – di “terrorismi” di tutti i tipi, di stravolgimenti culturali, di caduta di certezze valoriali quale genesi del nuovo processo del lavoro che scaturì da quel nuovo impianto giuridico. Perché di questo si tratterà se si metterà mano allo Statuto dei lavoratori: il Paese dovrà transitare ad altro “tempo e luogo”, guidato da un personale politico certamente inadeguato rispetto al groviglio in cui oggi ci troviamo, figurarsi se lo dovessimo immaginare confrontarsi davvero con un fatto o più fatti rivoluzionari. Da una parte la deflazione (Roberto Napoletano, direttore del Il Sole 24 Ore, ritiene Matteo Renzi, ad esempio, talmente ignorante non sapere cosa sia il fenomeno deflattivo e quali “novità” socioculturali solitamente si porta dietro), dall’altra la scenaristica geopolitica rappresentata da guerre sempre più complesse e non prevedibili negli esiti, affrontata in Italia senza strumenti di intelligence culturale transdisciplinare.
In una morsa d’acciaio quale quella che lo sta per ghermire, qualcuno deve avergli detto di buttare lì la parola “totem” e provare a cavarsela con questo “stereotipo”. Ma totemismo non è uno dei tanti “ismo” che Renzi deve aver orecchiato (comunismo, fascismo, sindacalismo) in questi anni: il totemismo è alla base di tutte le religioni originarie americane.Il totem è un oggetto, un essere, una forza della Natura,che in genere si ritiene sia l’antenato del clan, o di un individuo i quali portano il suo nome e si assimilano a lui. Da dove viene questo Matteo Renzi e a quale clan realmente appartiene? Al totem, ad esempio, ci si rivolge per avere protezione ed aiuto e tutti rappresentanti di quel clan, per averla questa protezione, gli devono dei particolari comportamenti di culto e certi “riguardi”. Per un uomo del PD (?), evocare il totem “Legge 300”, in un’accezione del termine negativo, è come bestemmiare Maometto in una moschea, Dio in S.Pietro, la Thorà in sinagoga. Continuare nella metafora, mi aiuta a farvi una previsione sul futuro politico del querulo toscano oggi alla guida del “vostro” paese.La parola “totem” viene dagli indiani Algonchini e designa il custode personale. Già qui, starei attento se fossi il vanesio Renzi: difficile inoltrarsi nelle vaste praterie del Grande Cambiamento, senza l’effetto alone protettivo “di sinistra” (quanti ingenuotti del “sindacato” lo hanno comunque votato alle primarie e alle europee?) determinante, il 25 maggio 2014, perché sembrasse aver preso il 40% dei voti. Secondo la concezione degli algonchini (ma oggi e alle nostre latitudini chi sono “i pellerossa”?), il totem, oltre a proteggere genericamente dalle forze ostili, ha il compito di svolgere una funzione di mediazione e instaura il senso di appartenenza. Renzi è pronto a far a meno del totem? Continuiamo nella nostra “superficiale e ferragostana metafora”. L’identificazione col totem, attraverso l’uso delle maschere (in questo, il ragazzotto è maestro), dei costumi, del trucco (e dei trucchi) ha lo scopo di appropriarsi della forza (anche in questo, ormai Renzi è meglio di Crozza), della qualità, dell’energia dell’elemento totemico.
Di suo, Renzi, è certo, non ha nulla e, difficilmente, potrà fare a meno dei totem della sinistra. Rimarrebbe in balia assoluta del “bestemmiatore” Denis Verdini. Direte che è già prigioniero del sodale corregionale; ma, come si sa, ai vincoli sadomasochistici non c’è limite, soprattutto se nella pratica erotica, ci si entra consensualmente. Gli rimarrebbero Michael Ledeen e Giancarlo Elia Valori. Se devo utilizzare metaforicamente, fino in fondo, il mondo che Renzi ha evocato col la parola”totem”, ricordo, per chi non lo sapesse, che gli indigeni della penisola di capo York, nel Queensland, si servono dell’estrazione dei denti per determinare, da una parte, il totem di un individuo, dall’altra, il paese al quale egli appartiene. Questo infatti è un quesito a cui, prima o poi, dovremo dare una risposta: a quale “paese” appartiene Matteo Renzi? Se uno fa solo ciò che gli consigliano di fare Michael Ledeen (notoriamente cittadino USA), Giancarlo Elia Valori (certamente non votato agli interessi dell’Italia), Goffredo Bettini (orientato ai vantaggi che le opportune frequentazioni thailandesi gli procurano), di quale nazione è figlio? Torniamo nella penisola di capo York. Mentre ci si appresta a estrarre il dente, si nominano i diversi luoghi abitati o frequentati dalla madre del ragazzo, da suo padre o da qualcuno dei suoi parenti prossimi. La contrada che si trova a essere citata mentre il dente salta via è il paese al quale il ragazzo ormai appartiene, cioè quello dove avrà il diritto di cacciare e raccogliere radici e frutti. Una “Ruota della Fortuna”, ante litteram. Inoltre, la saliva insanguinata che egli sputa dopo l’estrazione del dente viene esaminata dagli anziani che numerosi gli stanno intorno (sembra di vedere il nostro Capo di Governo, ai nostri giorni, in balia dei vecchioni scaltri del “villaggio globale”) cercando somiglianze tra quella e un oggetto naturale, come un animale, una pianta o una pietra. Ormai, quell’oggetto sarà l’ari o totem del giovane. Così stiamo, o poco più. O, poco meno. Comunque, prima di parlare di “totem da abbattere”, io, scaramanticamente, se fossi “Attanasio Cavallo Vanesio Matteo Renzi” ci penserei due volte.
Sicuramente aspetterei il ritorno di Maurizio Crozza.
Oreste Grani/Leo Rugens