I cinesi, apparentemente indifferenti a quando si agita nel Mondo, continuano ad arrivare, in Europa e nel Mediterraneo

zhu-yiyong

Oggi è l’8 luglio 2015 e, dal basso o dall’alto delle mie difficoltà, mi sento di aver fatto, a tempo debito, la mia parte.

Farfalle, anatre (intendendo battiti di ali), micro-macro, centro  e periferia, semplice e complesso.

Vediamo chi ha ragione. Scrivevamo mesi addietro:

I cinesi, apparentemente indifferenti a quando si agita nel Mondo, continuano ad arrivare, in Europa e nel Mediterraneo, sempre più forniti di mezzi finanziari, per acquistare immobili e attività imprenditoriali. Per non dimenticare, per non sottovalutare nulla, per provare a ricordare ai soloni della geopolitica che il mondo e più complesso di come si ritiene che sia. Già così come appare, è complicatissimo. Per noi, oltretutto, non solo è “complicato”, ma è “complesso”. Veniamo a ciò che oggi sentiamo di voler ricordare a proposito di eserciti/fungo, tipo ISIS, e organizzazioni armate apparentemente sorte dal nulla.

Siamo negli ultimi anni del ‘800 e mentre i turchi si sollazzano, tra l’altro, depredando e stuprando dalle parti degli Yezidi (odierno IRAQ), in Cina (eravamo nel maggio del 1899), si verificarono i primi moti anti occidentali e anti cristiani provocati dai terroristi denominati,  dai “colonialisti”, boxers. I boxers, erano i membri di una setta segreta (in realtà le sette erano più di una e, soprattutto, variegate come tutte le “massonerie”), denominata in diversi modi: Pugilato dello Spirito, Pugilato Supremo Fondamentale, Pugilato della Giusta Armonia, Pugni Virtuosi.

La prima menzione della società degli I-ho-ch’uan (scusate le eventuali imprecisioni), sembrerebbe risalire al 1727, quando essa fu accusata di “agitare il popolo stupido” con il pretesto del pugilato, inteso come un sistema di esercizi di origine taoista finalizzato a donare agli adepti poteri soprannaturali.

Mi andava di fare accenno ai “55 giorni di Pechino” (in realtà furono molti di più) e a quella pagina di storia che tutti sicuramente già conoscevate, non per analogie (che non ci sono) tra i boxers e i fanatici dell’ISIS, ma per richiamare l’attenzione sul silenzio della Cina intorno a queste sempre più complesse vicende, che si stanno svolgendo, nel cuore del Mediterraneo o nel vicino/medio oriente. La Cina, per luogo comune europeo, è geograficamente l’Estremo Oriente ma, come disse Marco Bellocchio, moltissimi anni fa, è anche, ormai, molto vicina. La Cina, l’India, il Giappone, il Pakistan, Indonesia sono colossi/polveriere resi ancora più complessi dalla loro dimensione demografica in crescita inarrestabile.

A questo fine (capire i silenzi della Cina), abbiamo deciso di ribloggare alcuni post pubblicati, tempo addietro, relativi al servizio segreto cinese considerato da noi come il più articolato e culturalmente sofisticato del Mondo. A questo proposito e facendo questa affermazione, siamo certi di non sbagliarci. Buona lettura dei post o, ri-lettura, per i pochi lettori che già, a suo tempo, li avessero letti.

Oreste Grani/Leo Rugens

IL PIÙ GRANDE SERVIZIO SEGRETO DEL XXI SECOLO?

Pechino – Potere, soldi e sesso. Sconfitto da comuni tentazioni, il superuomo che voleva riportare al comunismo di Mao la Cina capitalista rischia la pena di morte. Arrestato in aprile, l’ex leader conservatore Bo Xilai è stato espulso dal partito e verrà dunque processato da un tribunale del popolo. L’ufficio politico del Comitato centrale ha fissato anche la data del 18° Congresso, chiamato a rinnovare la leadership per i prossimi 10 anni. Comincerà l’8 novembre, 2 giorni dopo le elezioni presidenziali negli Usa, con un ritardo senza precedenti rispetto alla tradizione dei congressi d’ottobre…

Giampaolo Visetti, da La Repubblica del 29.9.12

Circa un mese fa, il 13 settembre, pubblicavo un post, il numero 31, dedicato all’ipotesi che, dopo il 18° Congresso, la Cina possa cambiare rotta. Per facilitare la comprensione di queste realtà labirintiche consiglio la lettura di alcune pagine che ipotizzano che il servizio segreto cinese diventi il più grande e potente del mondo.

All’inizio del XXI secolo i servizi speciali cinesi sono diventati i più importanti al mondo. Almeno per il numero dei funzionari, degli ufficiali di riferimento e degli agenti, anche se non hanno ancora raggiunto il livello tecnologico degli americani, soprattutto nel campo delle intercettazioni delle comunicazioni e dell’uso delle scorte di satelliti spia. Ma si stanno avvicinando… Lo dimostrano i numerosi cyberattacchi imputati in buona parte alle unità specializzate dell’Esercito popolare di liberazione. Proprio come l’enorme raccolta dell’informazione economica, scientifica e tecnologica descritta con l’espressione generica di “strategia della lampreda”. L’intelligence militare e tecnologica ha raggiunto una considerevole importanza, mentre i cinesi sviluppano armi e mezzi terrestri, marini e sottomarini, in cielo e molto più in alto nello spazio verso Marte. Il loro intervento strategico nella ricerca dei potenziali energetici li porta a intervenire su continenti da cui erano, fino ad allora, esclusi. L’Africa e l’America Latina, in cui Mao aveva tentato, invano, di fomentare rivoluzioni, sono diventate vere zone di influenza soprattutto in campo economico e culturale. Il continente nero è una zona di grande successo per la Cina, tanto che vi soppianta l’Unione Europea come partner di commercio e sviluppo.

La strategia di seduzione culturale, chiamata anche soft power (“il potere attraente”), gioca un ruolo inaspettato: la struttura a reticolato degli istituti Confucio per la promozione del mandarino e della cultura ne sono un esempio (tra l’altro sostenuto da grandi fabbricanti di componenti come Huwai Technologies o ZTE che non hanno solo come obiettivo la diffusione della cultura cinese)2. Le Olimpiadi 2008, con il loro slogan «Un mondo, un sogno», fanno parte di questa potente strategia. Proprio come l’Esposizione universale di Shanghai del 2010. Fino a oggi, i servizi cinesi erano i meno conosciuti. Questo libro ha contribuito a rivelare meglio la loro importanza. Forse domani la parola “Guoanbu” sarà nota quanto le iniziali “KGB”. Tutto ciò dà da riflettere sull’evoluzione della società cinese nei prossimi decenni. Come nell’URSS di un tempo (e, in un certo senso, nella Federazione Russa sotto Vladimir Putin), i servizi di sicurezza e di informazione non sono semplici organismi di conoscenza, se non di influenza e di azione limitata, come nei Paesi democratici. Costituiscono un pilastro essenziale del potere, a fianco dell’esercito e del Partito unico al potere.

Nel sistema cinese le relazioni speciali, i guanxi, svolgono un ruolo decisivo nella promozione o, al contrario, nella caduta di un clan o di un altro. L’abbiamo visto negli episodi tormentati della storia del PCC e, più tardi, nella Cina dopo il 1949.

Reti regionali, generazionali, secondo le scuole come l’Università di Qinghua, il clan di Shanghai attorno a Jiang Zemin, la rete dei dirigenti della Lega dei giovani comunisti attorno a Hu Jintao o la lobby petrolifera con Zeng Qinghong: tutto ciò svolge un ruolo che si ripete di generazione in generazione. La lobby della sicurezza costituisce una di queste reti ma è attraversata da altre strutture a reticolato (regionali, generazionali, tecniche). Proprio come l’Esercito popolare di liberazione. Da qui la difficoltà di seguire a volte le poste in gioco dei servizi speciali cinesi.
Peraltro, la domanda si pone come per l’ex URSS in cui alcuni capi del KGB, Andropov in testa, avevano svolto un ruolo centrale nella riforma del Paese, mandando Gorbaciov in orbita. Sembra che un primo tentativo sia stato effettuato all’inizio degli anni Novanta dall’“Andropov cinese”, Qiao Shi. Altri saranno forse tentati in futuro.
Ma con il PCC come partito unico, il ruolo chiave dei servizi di informazione resta, sul piano politico, altrettanto decisivo nella guida degli affari interni e nel controllo delle popolazioni, nella battaglia dei clan che, a turno, lottano per prendere o conservare il potere. Con qualche eccezione, come in Russia o in Iran o in Corea del Nord, in cui resta un caso piuttosto raro.

Abbiamo visto che gli uomini e le donne dell’arte segreta o degli “affari speciali”, come si dice in cinese, hanno considerevolmente modernizzato i loro metodi all’epoca della guerra nel cyberspazio e delle grandi battaglie economiche della mondializzazione.
Tuttavia, sono anche radicati in tradizioni e in una filosofia molto antiche. Proprio come gli indiani, attingono metodi ancestrali da antichi trattati: L’arte della guerra, I trentasei stratagemmi ecc. Non resta che leggere le numerose opere di strateghi dell’Esercito popolare di liberazione che ci spiegano oggi come quei princìpi, formulati così tanto tempo fa, si adattino a meraviglia alle nuove tecniche della guerra segreta e asimmetrica all’epoca di internet e dell’infoguerra.
Nato nella concessione francese di Shanghai, il servizio segreto del Partito comunista cinese si è anche ispirato ai metodi dell’intelligence francese o britannica. Tanto più che Zhou Enlai e Deng Xiaoping avevano avuto a che fare, in Francia, con la Sicurezza nazionale e il 2° Ufficio.
Alla fine del XX secolo, i capi della Sicurezza di Stato pechinese, il Guoanbu, a cominciare dall’inamovibile ministro Jia Chunwang, non risparmiavano elogi alla DGSE e alla DST francesi che comunque mettevano loro i bastoni fra le ruote. Ovviamente si interessavano anche alle principali attività della comunità anglosassone dell’informazione: i britannici dell’Intelligence Service (al primo posto a causa del ruolo svolto nella concessione internazionale di Shanghai, a Singapore e Hong Kong), poi gli americani, gli australiani e i canadesi, troppo spesso sottovalutati.

Comunismo oblige: l’influenza sovietica è stata determinante a partire dal momento in cui l’Internazionale (il Komintern) non si è più accontentata di dispiegare reti in Cina, ma ha formato a Mosca quadri del futuro KGB cinese. Kang Sheng, il “capo delle ombre”, ne è stato la figura principale negli anni Trenta e ha organizzato, di ritorno dalla Lubianka, operazioni contro i nazionalisti del Guomintang e gli imperialisti giapponesi. Negli anni Quaranta ha creato, nel centro della base rossa di Yan’an, e alla fine della Lunga Marcia di Mao, un controspionaggio e una polizia segreta implacabili di cui hanno fatto le spese i dissidenti comunisti, scherniti come “spie”. La sua “campagna di correzione” non ha avuto niente da invidiare alle purghe e ai processi di Mosca orchestrati dal suo alter ego russo, Lavrenti Beria. Kang ha prefigurato la sanguinosa repressione organizzata di nuovo durante la Rivoluzione culturale e di cui Deng Xiaoping è stato una delle vittime più note.
Nel frattempo, negli anni Sessanta, prima che la marea umana delle Guardie rosse sfilasse con il Libretto rosso in mano, Kang Sheng è stato anche incaricato di avviare lo scisma sino-sovietico. In questo modo l’influenza sovietica si è ufficialmente indebolita anche se i metodi, propri al comunismo stalinista, sono rimasti presenti. Con la caduta del comunismo in Europa orientale, l’intelligence russa frammentata si è ridotta da potenza mondiale, all’epoca della guerra fredda, a potenza regionale.

Per un delicato gioco di equilibri proprio ai cambiamenti del mondo in cui viviamo, il suo omologo cinese ha aumentato il campo operativo, da un Paese in via di sviluppo, presente soprattutto in Asia, a uno Stato che si prepara a diventare una delle primissime superpotenze economiche e militari. Il simbolo di questo cambiamento è il modo in cui i cinesi hanno sostituito i sovietici, negli anni Novanta, nella gestione della base d’intercettazione delle comunicazioni di Lourdes, a Cuba.
Bisognerà aspettare l’inizio del nostro XXI secolo per assistere al ritrovamento dell’intesa cordiale e alla cooperazione entusiasta tra servizi speciali russi e cinesi. Penso che uno dei meriti importanti di questo libro sia quella di aver descritto la vera relazione fra il KGB (e poi il suo successore sotto Vladimir Putin) e il servizio segreto cinese.
Ma non è tutto: a contatto con le grandi potenze occidentali o asiatiche, il vasto conglomerato dell’informazione dell’EPL ha ugualmente modificato i suoi organi e il suo modus operandi. Nessun settore dell’informazione strategica viene risparmiato, a cominciare dalle considerevoli poste in gioco come la conquista dei mari o quella dello spazio.

The last but not the least: sotto l’impulso dei presidenti Deng Xiaoping e Jiang Zemin e delle loro équipe, è nata una vasta nebulosa dell’informazione economica, tecnologica e finanziaria che agisce sia nel campo dell’informazione aperta che in quello dello spionaggio clandestino.
Per questo, strutture di Stato o servizi di raccolta informazioni provinciali o cittadini nelle grandi megalopoli come Shanghai o Chongqing, si sono apertamente ispirati al sistema giapponese inaugurato dal modello del MITI, il ministero del Commercio interno e dell’Industria, anche se l’hanno “cinesizzato”. Formidabile raccolta di informazioni economiche completata dal saccheggio tecnologico e scientifico tramite operazioni speciali descritte più avanti. Anche là, la Cina possiede un manpower senza eguali, l’importante rete relazionale con i cinesi d’oltremare, gli 
huaqiao, e un metodo, chiamato lo “stratagemma della lampreda”, unico al mondo.

Insieme, in nome del “patriottismo economico”, svolgono un ruolo decisivo sia nella conquista di giacimenti energetici che nella saturazione dei mercati esteri o nella conquista della telefonia mondiale grazie a grandi conglomerati come Huwaei o ZTE.
All’indomani dell’11 settembre 2001, Pechino ha considerevolmente aumentato la propria implicazione nell’antiterrorismo, tanto che le organizzazioni create a questo scopo hanno svolto un ruolo chiave nella preparazione delle Olimpiadi 2008, come abbiamo appena visto. Anche questo è un aspetto importante dell’irruzione della Cina nella mondializzazione.
I cinesi stessi sono molto fieri della loro “cultura dell’informazione” e di un passato recente che, superando ogni ostacolo, ha permesso di costruire il loro Stato e una nuova strategia mondiale. Me ne sono reso conto durante l’ultimo capitolo della mia indagine. Come prova, ecco due esempi. Innanzitutto, numerosi libri, certo di qualità disuguale, sono pubblicati in Cina sulla storia dei servizi segreti. Poi, le fonti aperte sono molto più vaste, soprattutto grazie a internet, alla lettura dei giornali, dei blog, delle presentazioni delle diverse strutture dello Stato, dei giornali regionali, delle notizie dell’EPL e ovviamente di organismi privati.
Così, un tempo la composizione dell’organigramma del Dipartimento delle relazioni internazionali (DRI), importante organizzazione di informazione politica del Comitato centrale del partito comunista, richiedeva un paziente lavoro da benedettino, spesso incompleto. Oggi, lo stesso DRI possiede un proprio sito internet in cinese in cui è possibile identificare i diversi dipartimenti e tutti i loro membri. Stesso sorprendente fenomeno dell’Istituto delle relazioni contemporanee internazionali, vetrina del Guoanbu ormai diretto da Geng Huichang.
Ciò non vuol dire che vengono svelate numerose operazioni speciali dei “pesci d’acqua profonda”, come sono chiamati gli agenti operativi illegali immersi nelle comunità dei cinesi d’oltremare. Né che il modus operandi di questi ultimi possa essere compreso, senza l’aiuto di numerose fonti supplementari, a cominciare dalla testimonianza di ex agenti o di esperti funzionari dei servizi che li affrontano. O semplicemente di cinesi che frequentano questi ambienti nell’apparato dello Stato, nella diplomazia o nel settore privato. Ho trovato molte più persone pronte a parlarmi di quante sperassi.
Del resto ora come ora non posso nominarle, ma è il momento di ringraziarle per avermi dedicato il loro tempo, proprio come tutti coloro che sono citati in questo libro nel quadro di interviste su diversi continenti.
Questi ringraziamenti valgono anche per i membri dei servizi di sicurezza occidentali e asiatici che mi hanno spiegato il modo in cui concepivano il loro lavoro e perché ormai l’ascesa dei servizi segreti cinesi (e, più in generale, dell’insieme del dispositivo d’intelligence di Pechino) venga presa sul serio. Hanno infatti capito che è uno dei motori del grande cambiamento che vive questo Impero di Mezzo, e di conseguenza, l’insieme del pianeta.

Tratto da, Roger Faligot, I servizi segreti cinesi, Newton Compton Editore, 2012

Oreste Grani


I RISTORANTI CINESI E LA LORO FUNZIONE “INTELLIGENTE”. AGENTI SEGRETI A PARIGI E BERNA

Tutti, almeno una volta, avete mangiato gli involtini primavera …

La creazione, a Parigi, di un’ambasciata cinese presenta un vantaggio sicuro per gli specialisti del DST e dello SDECE: possono smascherare le spie fino ad allora “illegali”, cioè clandestine. Così, prima del riconoscimento della Cina, la principale rete cinese a Parigi è diretta da uno “studente” che abita in un piccolo hotel al numero 65 di rue Monsieur-le-Prince, vicino ai giardini del Luxembourg. Questo personaggio è stato identificato dai francesi con l’aiuto dei taiwanesi. Paul Évain, alias “Monsieur Jules”, il principale scassinatore dello SDECE, ha ricevuto la missione di recuperare nella camera d’albergo dello “studente” alcuni documenti coperti di ideogrammi. Ecco quello che mi ha raccontato mentre lavoravo alla redazione di una storia dei servizi francesi:

Un bel giorno il colonnello Morvan, capo del Servizio 7, mi incarica di recuperare alcuni rapporti del cinese. Li stavo consultando nella sua camera, quando all’improvviso sento dei passi. La chiave gira nella serratura. Entra nella stanza. Avevo avuto appena il tempo di nascondermi nel bagno, come nei film di spionaggio. Per fortuna si è buttato a letto e si è addormentato subito. Ho potuto rubare i documenti e sono scappato. Poco dopo, questo tizio affitta una cameretta in rue Raspail. Stavolta devo installare un microfono nella parete divisoria, a partire dall’appartamento accanto. Ma la sonda è troppo sporgente e il cinese, che credevo assente, la vede, la prende e tira. Recuperare la linea diventa una battaglia, ognuno tira dalla sua parte! Non siamo più in un film di James Bond ma in uno dei fratelli Marx! Si rende conto di essere stato individuato, trasloca di nuovo e sparisce. Non per molto: riappare al momento dell’apertura dell’ambasciata cinese, in qualità di secondo segretario. In effetti, il 27 gennaio 1964 vengono stabilite relazioni diplomatiche. Il 23 febbraio, Song Zhiguang sbarca come incaricato d’affari, con cinque diplomatici, per organizzare la rappresentanza nell’attesa che arrivi l’ambasciatore, Huang Zhen, veterano della Lunga Marcia. Ovviamente il DST li segue da vicino.

All’inizio, il DST non ottiene granché, visto che i diplomatici sono venuti senza le mogli e abitano assieme, reclusi come monaci. L’ordine di battaglia è piuttosto semplice: il consigliere Song Zhiguang guida il servizio segreto politico. La sua scheda al DST precisa: «SONG Zhiguang, nato nel 1916 a Canton. Studia in Giappone. Diventa segretario e poi consigliere dell’ambasciata cinese a Berlino Est, negli anni Cinquanta, in cui effettua il collegamento con la polizia segreta della Germania dell’Est, la Stasi. Sua moglie si chiama Zhang Ru.

Dato che i cinesi di Formosa non hanno restituito l’ambasciata, i diplomatici della Cina rossa alloggiano temporaneamente all’hotel Intercontinental. Uno di loro, Wang Hua, perfetto francofono dato che ha studiato al liceo Jeansonde-Sailly, è incaricato di trovare degli appartamenti per l’ambasciatore e il suo staff. È sotto stretta sorveglianza in quanto suo padre ha avuto problemi, dall’inizio degli anni Cinquanta, con il DST. Fino a un’epoca recente, con un nome francesizzato, svolgerà un ruolo molto attivo nel mondo aeronautico franco-cinese a Parigi e Pechino, cosa che gli varrà il titolo di cavaliere della Legion d’onore nel 2004. Mentre Jacques Guillermaz va a Pechino, il suo omologo, il colonnello Zhang Bingyu, ricopre a Parigi l’incarico di addetto militare, in rapporto con Ding Shan, responsabile regionale del 2° Dipartimento dell’EPL all’ambasciata di Berna. Ma la sua missione durerà poco: nel 1966 sarà richiamato in Cina e rimarrà invischiato nei vortici della Rivoluzione culturale come il suo capo, il generale Luo Ruiqing. All’inizio degli anni Sessanta, un certo Mai Feng dirige una grande rete di spionaggio politico che si diffonde, a partire dalla Svizzera, in tutta l’Europa occidentale. Mai è basato all’ambasciata cinese della Kalcheggwegstrasse e alla delegazione commerciale della Widmannstrasse a Berna. Il suo scopo è quello di aiutare (anche finanziariamente) la creazione di gruppi maoisti al momento dello scisma sino-sovietico.

Yang Xiaonong, rappresentante dell’agenzia di stampa Nuova Cina, fa la spola fra Berna e Parigi per coordinare queste operazioni che mirano a provocare scissioni in seno al Partito comunista francese. Una delle missioni consiste nell’invitare dei filocinesi per mostrar loro i prodigiosi successi del comunismo nel Paese di Mao. Il “re dell’inferno” in persona, Kang Sheng, guida il Dipartimento delle relazioni internazionali, responsabile dei rapporti con i piccoli partiti fratelli. I rappresentanti di questo DRI in Svizzera risolvono anche i conflitti che sorgono nei “gruppuscoli”. È così che il giovane militante Georges Frêche, futuro presidente socialista del Consiglio regionale del Languédoc-Roussillon, è arrestato nel giugno 1965 con alcuni compagni della Federazione dei circoli marxisti-leninisti mentre esce dall’ambasciata cinese di Berna.

I Servizi segreti elvetici che li rilasciano sarebbero caduti dalle nuvole se avessero saputo che i cinesi si erano fatti giudici di pace in una controversia che opponeva dei giovani maoisti pro Tirana a dei pro Pechino. Tuttavia, i “mao” non sono gli unici a essere schedati. È anche il caso degli aderenti all’Associazione dell’amicizia franco-cinese. Poco prima di suicidarsi, nell’aprile 1994, François de Grossouvre, amico ed eminenza grigia di un altro futuro socialista, François Mitterrand, mi aveva mostrato la scheda del DST di cui era oggetto e che segnalava le sue relazioni con Mai Feng (per preparare il viaggio in Cina e in Corea del Nord, a partire dal 23 gennaio 1961, del futuro presidente della Repubblica). Da parte cinese, i due amici sono stati invitati da Zhang Xire, direttore (francofono) dell’Associazione del popolo cinese per le relazioni culturali con i Paesi esteri, una copertura del servizio segreto del partito, il Diaochabu, che ha la missione di coltivare l’“amicizia” con alte personalità estere. Sapendo che ero appassionato della Cina, François de Grossouvre mi ha mostrato l’invito in cinese inviato da Zhang Xire che lui e Mitterrand hanno ricevuto per cenare il 29 gennaio 1961 nel grande ristorante dell’Hotel de Pékin. Ma il servizio cinese e i suoi analisti, che pensavano di reclutare o per lo meno attirarsi le simpatie dei due francesi, sono delusi.

François Mitterrand non solo è molto mal disposto verso il marxismo-leninismo dogmatico dei cinesi che citano Mao a ogni piè sospinto, ma è anche indispettito perché, uno dopo l’altro, i suoi ospiti cercano di interrogarlo a proposito dell’Algeria in guerra. Per quanto spieghi di far parte dell’opposizione, e di trovarsi là in viaggio di piacere, i cinesi tornano alla carica. Al punto di attirarsi le ire dell’ex guardasigilli e una risposta sferzante sul ruolo dei cinesi in Tibet.   Il redattore della scheda su Grossouvre è forse Henri Thomas del “servizio attivo” della Sezione Cina (nome in codice: CATI) del DST. Dal 1962 al 1966 questo energico ispettore analizza l’infiltrazione di illegali della Cina popolare che si verifica, come nel caso di Kuo Yu-shou, attraverso la penetrazione degli ambienti nazionalisti del Guomintang. È il caso di alcuni ristoranti del Quartiere Latino. Le sue fonti sono, da una parte, il patron del ristorante cinese Chou-Chen in rue de Cluny, e un altro ristoratore che rivendica la sua appartenenza al Guomintang, ma che Thomas sospetta di fare il doppio gioco per i rossi. Con l’aiuto della Sicurezza militare, la Documentazione cinese del DST guidata dall’ispettore Michel Lepeytre compila, a partire da questo momento, una lista dei «ristoranti cinesi di Parigi apertamente schierati o presumibilmente acquisiti al regime di Pechino». Un’operazione sempre più difficile vista la proliferazione, dalla metà degli anni Settanta, dei ristoranti cinesi, con l’afflusso dei rifugiati cinesi d’Indocina.