Esaminando i dettagli, a volte, si può scoprire il disegno del diabolico. Il silenzio sulle slot a via Veneto 13, è il segnale di un incuria che ci allarma
Papa Bergoglio, un po’ gesuita e molto francescano, ha colpito chi tocca e scandalizza i fanciulli, senza possibilità di equivoci, scegliendo la strada del doveroso rigore morale, avvalendosi (riteniamo) dei consigli giuridici, ineccepibili e sinergici, dei Cardinali Francesco Coccopalmerio e Gerhard Ludwig Muller, entrambi schierati a conforto della sua azione. La Chiesa di Francesco è misericordiosa solo con chi se lo merita. Questa è la lettura semplicistica che fa Leo Rugens della decisione e delle modalità con cui, il Pontificio Consiglio per Testi Legislativi e il Prefetto della Congregazione della Fede, dopo approfondimenti giuridici che consentissero di blindare le decisioni del Papa, in comune accordo, hanno “cucinato” l’ex nunzio apostolico nella Repubblica Dominicana, Josef Wesolowski, facendolo arrestare dal Comandante della Gendarmeria Vaticana, Gen. Domenico Giani, in persona. I pedofili, ovunque essi si annidino, specialmente se si nascondono in Vaticano o nelle sue aree di competenza, sono avvertiti che Papa Francesco certamente non li considera tra coloro che si meritano la misericordia degli uomini o divina, che dir si voglia. Bravo Papa Francesco per aver tenuto il polso fermo quando hai dato tu stesso l’ordine, al Generale Giani, di compiere l’arresto. Atto saggio e ben consigliato. Scelta straordinariamente coraggiosa che può aggiungere nemici alla schiera folta di chi già ti teme, dal primo giorno del tuo Pontificato. Alcuni nemici del Papa, infatti, potrebbero tramare nell’ombra per motivi di volgare desiderio di continuare a mantenere stile di vita e privilegi che sono, viceversa, incompatibili con l’insegnamento cristiano. Contro di essi, Francesco usa la piena Luce per metterli, di fatto, fuori dalla Chiesa. Piena Luce alimentata con l’esempio e testimoniata con il rigore morale e l’azione a sostegno degli ultimi. Caro Bergoglio, molti, in Vaticano, preferirebbe che tu non esistessi. Da questi, speriamo sia sufficiente guardarsi con capacità che stai dimostrando pienamente di avere. Non sono solo, quindi, i seguaci del Califfo dell’ISIS che potrebbero minacciare la tua vita. Generale Giani, occhio perché i tempi si fanno cupi e l’Umanità e la Pace, hanno bisogno di tutto il vigore di Papa Francesco. Anche alla luce di un episodio che lei, signor generale, all’epoca troppo giovane, potrebbe non ricordare nelle dinamiche reali e finalità diaboliche di chi lo mise in atto. Parliamo dell’attentato (si fa per dire perché fu poco più di un graffio) messo in atto dal pittore Benjamin Mendoza subito da Paolo VI, durante un viaggio nelle Filippine, novembre del 1970, paese dove, riteniamo, nel 2015, Papa Francesco si recherà.
Colgo l’occasione (sperando di fare cosa gradita), per ricordare la dinamica dell’episodio di violenza contro Paolo VI, perpetuato durante il viaggio (26 novembre/5 dicembre 1970) in Estremo Oriente a cui ho accennato. L’autore del gesto iconoclastico fu un boliviano che, travestito da prete (capite pochi ma attenti lettori, la complessità – durante i viaggi – di proteggere un irrituale come Papa Bergoglio?) gli si avvicinò e con un pugnale tentò di colpirlo. Il colpo si risolse in una piccola ferita superficiale, perché alcuni prelati fra cui il segretario del Papa mons. Pasquale Macchi, intervennero prontamente in sua difesa, facendo arrestare l’attentatore. E, dico io, facendo una gran bella figura con il Pontefice. Tra i salvatori del Papa, spiccò un “pezzo d’uomo”, veloce giocatore di rugby, dal nome che poi nessuno poté più dimenticare: Paul Marcinkus. Da quel momento, per oltre venti anni, la storia personale e “professionale” di Marcinkus diventa tutt’uno con le vicende della Chiesa di Roma. Nel bene e nel male. Io quel nome, Mons. Paul Marcinkus, lo avevo letto, almeno tre anni prima (1967) del fatidico viaggio nelle Filippine, tra le carte che erano nelle disponibilità della redazione del settimanale “Nuovo mondo d’oggi”, promosso ed editato da Carmine Mino Pecorelli (ed altri), prima addirittura della nascita di quella che doveva divenire l’agenzia/settimanale, di notizie riservate, più famosa d’Italia: OP. In quelle carte, il giovane Marcinkus era abbinato alla struttura di Intelligence denominata Pro Deo e a nomi e sigle che, già allora, erano tutto un programma: Padre Andrea Felix Morlion, detto, CIP (centro informazioni pro-Deo) e la CIA di cui, per affermazione mai smentita fatta dal gesuita padre Robert Graham (uno dei più qualificati studiosi di storia dello spionaggio e lui stesso di nazionalità americana), Morlion, faceva parte, formalmente.
Anche Paul Marcinkus (funzionario o agente doppio che fosse), comunque, non solo era della CIA ma, secondo alcuni valenti storici della materia, era il ministro-ombra delle Finanze dell’operazione Stay Behind, cioè della cosa più complessa ed estesa accaduta, in geopolitica, dopo la fine della Seconda Guerra mondiale.
Intorno al Vaticano e allo IOR, quindi ruotavano e, secondo la nostra modestissima esperienza, ruotano ancora, le cose che determinano, per ricaduta, gli assetti di vita (la qualità stessa della vita fatta, tra l’altro, di equità, fame, malattie, ignoranza) di miliardi di persone. A sovrintendere questo divenire delle cose umane, ai tempi (gli anni ’70) degli pseudo attentati al Papa, in attesa di quelli veri (13 maggio 1981) organizzati dai lupi grigi turchi in accordo operativo con i bulgari del KGB, si candidavano (in un vero delirio di omnipotenza) grovigli bituminosi fatti, secondo l’immagine colorita evocata da Mino Pecorelli e dai suoi informatori, di preti e di massoni se non, di “preti massoni”.
Per vigilare sulla vita di Papa Bergoglio, con l’augurio “fortissimo” di sbagliarci, potrebbero non bastare 130 gendarmi e 110 guardie svizzere, il neo costituito “Gruppo di intervento rapido”, sia pur addestrato nella accademia specialistica di Quantico (USA) con la stretta collaborazione degli specialisti dell’FBI, più i nostri carabinieri (in Italia e all’estero), le nostre AISI/AISE, la Polzia di Stato e tutta l’Interpol se, oltre ai nemici dichiaratamente schierati dietro le bandiere nere dell’ISIS, in questi tempi, a tramare contro il Papa venuto dalla “periferia” del Mondo, ci fossero anche menti raffinatissime e cultrici di un disegno politico alternativo a quello prefigurato da Bergoglio e, prima di lui e con lui, dal compianto Cardinal Martini.
Lo scontro è epocale e come tale deve essere inteso e affrontato. Lo scontro è, soprattutto, culturale come amiamo dire in questo blog. Ora rimaniamo in attesa di vedervi reagire intelligentemente. Le solitudini del Santo Padre, qualora si determinassero, potrebbero essere elemento determinante per il prevalere di una parte sull’altra. Trascinando l’Umanità nell’Apocalisse. Tanto per rimanere in tema spiritual/religioso.
Oreste Grani/Leo Rugens che, nella vita, non ha mai fatto il menagramo.
P.S.:
La mia preoccupazione non ha niente di allarmistico: si basa semplicemente sulla considerazione che, se nessuno, da dentro il Vaticano (proteggendone, quindi, di fatto, l’immagine e la credibilità), è riuscito a fare chiarezza (smentendoci ad esempio o querelandoci) su l’affermazione fatta e documentata in questo blog, da oltre un anno, che, a Via Veneto 13 – Roma, è allocata, in un bene ecclesiale, una sala/casinò infarcita di macchinette mangia soldi e rovina famiglie, figurarsi se si è realmente in grado di guardare le spalle al Santo Padre. O, viceversa, dobbiamo credere che Papa Francesco e chi di dovere intorno a lui, non solo è informato del fatto gravissimo ma che non ritiene importante intervenire per fermare il fatto scandaloso. In poche parole, anche da quelle parti, “renzianamente”, molte parole e pochi fatti? L’arresto del pedofilo Josef Wesolowski mi sembra dare un’indicazione contraria. Ritengo quindi che il silenzio sulla questione delle slot a Via Veneto, sia solo una questione di scarsa buona volontà o di carente comunicazione interna. Rimaniamo in fiduciosa attesa.
L’Avvenire, organo della CEI, è, da sempre, in prima linea nella denuncia della diffusione criminale delle slot. Anche questa mattina titola, a tutta pagina, contro il cancro che genera la ludopatia. Non c’è solo l’AIDS! Di questa ennesima presa di posizione siamo molto soddisfatti. Viceversa, per mesi, abbiamo chiesto, genericamente alla”rete”e, non direttamente a chi di dovere (per evitare scandalismi ed eventuali imbarazzi), di sapere se risponda al vero che, in via Veneto 13, a Roma, la Sala “gonfia” di slot machine, che spenna i polli, paga l’affitto alla “Provincia Romana dei Frati Cappuccini”. Tutti tacciono, se non gli onesti lettori che, a centinaia, sono ormai informati del contenuto dei nostri “post”. Oggi, mandiamo in copia “elettronica”, a chi di dovere (L’Avvenire, SIR, CEI, Famiglia Cristiana, Radio Vaticana), questa richiesta per (come si diceva dalle mie parti) rendere edotto, di fatto, Papa Francesco di questa (eventuale) oscenità. Ci scusiamo anticipatamente, come già fatto negli altri post dedicati all’argomento, di questo (eventuale) “provocato allarme”. Viceversa, qualora Leo Rugens non si fosse sbagliato, vediamo se, da quelle parti, fanno spallucce anche al “Vescovo di Roma” a cui chiediamo, rispettosamente, di intervenire, senza se e senza ma, per interrompere le attività dei “vitelli d’oro” elettronici. Grazie anticipatamente, Santo e (questa volta, ci vuole) “severo” Padre.
Leo Rugens
DOPO IL MEA CULPA DI ENRICO LETTA PER VEDRÒ, LE SLOT E IL CONFLITTO DI INTERESSI, ASPETTIAMO QUELLO DELLA “PROVINCIA ROMANA DEI FRATI CAPPUCCINI”, VIA VENETO 13 ROMA
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Il 30 aprile 2013, postavamo, l’articolo “COSA LEGA LUIGI PREITI A ENRICO LETTA? IL GIOCO D’AZZARDO”con cui denunciavamo, per primi, le scaltrezze amorali, protrattesi per anni, che legavano Vedrò (fondazione voluta da Enrico Letta e cresciuta intorno all’ipotesi che lui divenisse “premier”) a non poche aziende (Alitalia, Telecom, Ferrovie dello Stato, Enel, Edison, Bombardier, Eni, Nestlè, IBM, Sisal, Lottomatica, …) che vivevano, lautamente o meno, a seconda delle decisioni governative: un macroscopico conflitto di interessi che ruotava intorno alla questione delle slot ed altre vicende giudiziarie (vedi Consorzio Venezia Nuova).
ROMA, VIA VENETO: SLOT E CAPPUCCINI
In un tratto elegante e prestigioso di via Veneto a Roma (al numero 13) denso di storia – anche di quella che fu detta “Dolce Vita” – oggi c’è l’insegna della millesima sala slot di Roma. I beni immobiliari lungo questo tratto di marciapiede sono (quasi) tutti della Provincia Romana dei Frati Minori Cappuccini, afferente al convento della chiesa della S. Maria Immacolata, dove è custodito il più celebre ossario della città.
Sarebbe opportuno sapere, da chi di dovere, se il bene immobiliare affittato ai licenziatari delle attività massacra famiglie, sia ancora dell’ente religioso.
La redazione
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d’accordo su tutto, ma che l’attentato sia opera dei lupi grigi in accordo con il kgb è tutto da dimostrare.
Poi, ho l’impressione che la figura di Marcinkus sia un pò troppo mitizzata… sopravvalutato
un saluto
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Grazie per l’attenzione.Nella giornata di domani proverò a evidenziare ricordi che mi inducono a ritenere che, anzi, Paul Marcinkus fosse ancora più complesso di come alla fine è apparso.
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