Per non dimenticare: Magdalena (STASI/DDR) …”e il sol suo bacio è per ciascuno mortale”.
Oggi 13 luglio 2015 si riapre la partita della Giustizia e della Libertà in Europa.
Chissà se l’ignorantone (secondo la valutazione di Roberto Napoletano, a suo tempo, pubblicamente espressa ed oggi accortamente rimossa dalla memoria del giornalista/direttore) Matteo Renzi, quando parla con le delegazioni tedesche (o addirittura quando incontra la signora cancelliera Angela Merkel) si ricorda che, lui già “grandicello” – in una porzione di territorio europeo che oggi è la Repubblica Federale Tedesca, esisteva uno stato denominato DDR e che all’interno di quello Stato, in una organizzazione conosciuta come STASI, si obbligavano i propri arruolati (in assoluto rapporto di fiducia, quindi!) a vestirsi, durante il servizio nelle sedi di lavoro, con “camici senza tasche”. La paranoia, come in molti sanno, è una malattia mentale di difficile cura. La paranoia è un disturbo subdolo, complesso e resistente alla guarigione, per cui, quando pensiamo ai “governanti” tedeschi, presi anche noi da paranoia e dominati dallo stereotipo (in questo caso, lecito!), proviamo a non dimenticare che i “cermanici” dell’Est, per oltre trent’anni, sono cresciuti, fino alla caduta del Muro di Berlino (1989), in uno stato “malato mentale”, dove i “generali” della STASI non si fidavano dei propri alluci. Prima ancora, gli stessi cittadini tedeschi, se già nati, dal 1933 al 1945, si erano compiaciuti di vivere sotto il nazismo, regime paranoico e fobico (la contaminazione tra razze e la convivenza con la “diversità”, temuta come fatto gravissimo e in modo letteralmente ossessivo) come nessuno altro. Si fa per dire! Per riassumere: da ottanta anni, in Germania, la paranoia e la disciplina ferrea imperano, di fatto. Per non sbagliarci, ricordiamo, inoltre che, prima del nazionalsocialismo, chi comandava da quelle parti, riteneva che, per imparare ad ammazzare disciplinatamente gli altri da se o a marciare in modo ordinato e coreografico, bisognava fare il servizio militare per tredici anni. E a volte, un po’ di più. Unò, due; unò, due; fronte a …sinistr, sinistr e via così… per giorni, per mesi, per anni.
Chissà se Matteo Renzi, nella sua semplicità, sa che, ad esempio, quando parla con la collega Merkel, i telefoni sono resi sicuri da dei tecnici tedeschi che hanno appreso l’arte della criptazione all’interno delle scuole di addestramento della STASI. Tutto personale riciclato, dopo l’unificazione del 1990. L’efficientismo teutonico, il suo saper far quadrare i conti, ha consigliato di non buttare via nulla del grande esercito paranoico di spioni di stato organizzati (per un periodo molto più lungo del “breve” nazionalsocialismo) perché nulla sfuggisse, a chi di dovere. A chi di dovere ma, in realtà, nella DDR non si sapeva neanche a chi si dovesse far sapere il “tutto”. A che cosa infatti servì tutto quell’essere efficientissimi e presenti ovunque? In pochi giorni svanì ogni traccia di quei pensieri ossessivi. Almeno formalmente.
Lo straziante dei tedeschi è che, tranne saper far soffrire (le torture, i luoghi e le tecniche di interrogatorio, addirittura, erano sempre le stesse) ciclicamente, milioni di esseri umani, sembrano non saper fare altro. Sembra che facciano altro (musica, poesia, letteratura, birra, salsicciotti, automobili) ma, in realtà sono, quasi tutti, dedicati a costruire le condizioni perché altri esseri umani soffrano. Vi ho sempre detto che contro i tedeschi mi compiaccio di usare stereotipi e luoghi comuni e che faccio, volutamente, di tutt’erba un fascio. C’è chi usa il web per raccontare “questo o quello” ed io per dire che “non mi fido dei tedeschi”.
Le pagine che seguono sono riprodotte da un libro che tutti gli uomini che aspirano alla libertà e la vogliono difendere come condizione necessaria alla fratellanza e alla eguaglianza tra i popoli, dovrebbero leggere: “Il Ministero della Paranoia – Storia della Stasi” scritto, magistralmente, da Gianluca Falanga, per la Carocci editore.
Per non dimenticare che quella dei “teteschi di Cermania”, organizzati nella Stasi, è stata sì una storia di efficienza e di operazioni di spionaggio riuscite che stupirono il mondo degli addetti ai lavori ma, come tutto quello che riguarda quanto avviene da quelle parti, alla fine, tutto si è ridotto ad essere una storia di “battaglie vinte e guerre perse” che sfociano, sempre e drammaticamente, in sconfitte storiche complete e, “senza appello”. Che palle questi tedeschi che, alla fine, si ammosciano sempre e devono passare i secoli a farsi perdonare le atrocità commesse! Che noia assistere, da anni, a milioni di cretini (spesso italiani) che, per un tempo determinato ammirano e vogliono imitare i tedeschi considerandoli un esempio virtuoso e poi, quando cadono (i tedeschi) precipitevolissimevolmente, li denigrano e si ricordano (gli ex adulatori) di tutti i misfatti perpetuati dai signori ex esempi virtuosi. Fermiamo, una volta per tutte, questa macchina da criceti ossessivi e ricordiamoci, per un millennio, chi sono stati e sono (ancora adesso) i tedeschi. Ho scritto “adesso” non “Odessa”.
Leo Rugens/Oreste Grani
L’ha ribloggato su Leo Rugens.
"Mi piace""Mi piace"