Mussari, Vigni, Baldassarri condannati, non ci bastano. I senesi (e non solo loro) devono ancora fare i conti con il Tribunale della Storia
Sarebbe troppo facile chiudere la partita senese (MPS) circoscrivendola alla questione dei malandrini (Mussari, Vigni, Baldassarri) ieri condannati. Oltretutto, il Tribunale, condannandoli a soli 3 anni e mezzo rispetto ai sette richiesti dall’accusa (spero venga fatto immediato ricorso!), si è dimostrato, in modo imbarazzante, clemente. Gentarella arruffona (ma avete mai sentito parlare in modo “compiuto” quell’avvocaticchio di Giuseppe Mussari?) che veniva spacciata, per “banchieri”, dalla stessa banda masson/partitocratica che li aveva piazzati lì a lucrare e spargere, a pioggia, attraverso la Fondazione, contributi a tutti i loro clientes perché, banalmente, si ricordassero dei benefattori, nel segreto dell’urna a ogni appuntamento elettorale. I giornalisti alla Stefano Bisi (Gran Maestro di non si sa cosa dal momento che nessuna Istituzione seria riconosce la sua bocciofila – il GOI – appartenente a niente), facevano comodo, per questo. E per questo venivano lautamente mantenuti o tenuti al guinzaglio. Questo è uno dei tanti scandali su cui sarà doveroso tornare: centinaia e centinaia di milioni, negli anni, dati a goccia, fino (c’erano, oltretutto, arrogantemente, le liste di tali benefici), 30 mila, 50 mila, 100 mila a realtà semi sconosciute ma spacciate, dai “grassatori”, per enti o associazioni culturali benemerite. Ricordo che si parlava addirittura di indirizzi dove ormai non rispondeva più nessuno al campanello. Negli anni che precedono il mio primo interessamento (2006) per la grave situazione del Mps e degli assetti politico/partitico del Comune e della Provincia che, tramite gli artifici della Fondazione, controllavano la Banca, già si delineava chiaramente (l’utilizzo del denaro “pubblico” era tenuto abilmente coperto ma, in realtà, sarebbe stato facilmente investigabile, se solo lo si fosse voluto) tutto il disastro, oggi sancito, nella forma e nella sostanza. In quegli anni e da anni, il Monte arrivava a distribuire fino a 500 milioni di euro all’anno in cazzate. E, definirle così, è un eufemismo. L’importante era che “chi beccava i soldi” non si dimenticasse dei generosi erogatori, sempre ma, soprattutto, al momento di votare. Come pensate che si vincessero le elezioni a Siena? Come pensate che una vera banda di alieni (le ville, lo stile di vita dispendiosissimo, i privilegi nel bere e nel vestirsi, la sessualità, di tutti i generi, comprata, e venduta, la droga consumata a metri lineari) si sia potuta permettere tutto questo se non spacciandosi per “compagni” e turlupinando il resto degli italiani, per decenni, raccontando la favoletta della città dove, udite udite, la sinistra faceva sempre il pieno grazie alla tradizione democratica?
C’erano dei politici/vermi che arrivavano ad evocare i meriti acquisiti, dai propri padri, durante la Resistenza al nazifascismo. Le amministrazioni sono sempre state espressioni di questa banda trasversale di termiti che oggi è sotto gli occhi di tutti e che hanno divorato il Monte e la stessa Siena. I cocainomani, i perversi sessualmente, i fanatici “contradaioli” (ora ve lo sbattete il Palio!) hanno usato Siena come laboratorio politico (si fa per dire!) della trasversalità che oggi è esportata a Roma e che ha la massima espressione in Matteo Renzi, finto democristiano appoggiato da un finto partito di sinistra. Non a caso è una banda di toscani che puntella tutto, con Denis Verdini, sempre all’opera. Ora che è suonata la campana a morto anche per lui, vedremo a chi passa il boccino. Anzi, come è tradizione da quelle parti (le colline senesi), per motivi di acquisti di ville, gran chic, e dei nostri vigneti pregiati,il groviglio e fatto un po’ di toscani, un po’ da inglesi, un pizzico d’americani. Peggio della Sicilia questa Toscana come laboratorio politico: un tempo le “operazioni Milazzo-Alessi” (destra e sinistra unite, per cannibalizzare la cosa pubblica) si mettevano a punto in Trinacria. Adesso una “sola” (così lo appellano, sia Diego Della Valle – che lo conosce molto bene – che lo scrittore-giornalista Filippo Astone) ci guida e pretende di decidere politica interna e politica estera di questo nostro affranto Paese.
Prima come PCI e poi assumendo le varie sigle che dovevano far ritenere che stessero cambiando, la Partitocrazia, ha sempre controllato il Pozzo di San Patrizio (la Banca e gli annessi), cioè i soldi dei correntisti e, ovviamente, non solo di quelli senesi. La dirigenza del MPS ha sperperato soldi ovunque (ricordiamoci la Banca 121 e il genio della movida finanziaria, Vincenzo De Bustis), fino alle sedi all’estero (a Parigi, il MPS esiliò, da strapagato, l’ex-sindaco rompicoglioni, Pierluigi Piccini), in accordo, di volta in volta, con dei finti cattolici (dc – margheritini – o altro genere di finti credenti, comunque emanazione della Curia locale), con dei finti socialisti o repubblicani. L’importante che tutti facessero finta di essere potentissimi massoni. Questo è il denominatore comune: fare finta di essere massoni e farsi i cazzi propri, in attesa del Palio successivo. Ad un certo punto, visto che l’oppio del Palio non bastava, tramite la gloriosa Mens Sana, ai grulli senesi, gli hanno dato anche il calcio e il basket. Che hanno fatto la fine che hanno fatto. Molti anni addietro, segnalai ai vertici dell’ex PCI, DS, Ulivo, tramite il compagno Roberto Cuillo, che la situazione a Siena era gravissima e che troppi tipi alla “Mussari” stavano preparando il disastro. Disastro annunciato, quindi, Cuillo si fece promotore di un lungo incontro, a Roma, con Maurizio Migliavacca, personaggio all’epoca ai vertici del Partito, durante il quale (durò oltre quattro ore la disamina del groviglio putrescente di Piazza del Campo) Pierluigi Piccini ed io, anticipammo come sarebbe andata a finire la storia di Siena, del MPS, e, non lo rimuovete, in nome del dio in cui credete, per effetto domino, in tutta Italia.
Il “Partito”, quindi, era perfettamente avvertito e in tempo dal momento che stiamo parlando del lontanissimo 2006. La denuncia non fu generica ma, anzi (se uno conosce Pierluigi Piccini, sa che dico il vero) circostanziata e maniacale, sin nei particolari. Nei mesi successivi, tentai più volte di tornare a ragionare sulla gravità della situazione senese con Maurizio Migliavacca (anche tramite corrispondenza scritta) ma, come ormai tutti sapete, inutilmente. La chiamerò una vera operazione di “intelligence culturale” quella tentata, a più riprese, a Siena, dove l’espressione intelligence, ancor più di altre volte, si portava dietro il senso di una assoluta dedizione all’interesse del Paese e non alla partitocrazia affaristico/massonica. Tutto fu vano e ora aspetto (si fa per dire), smentite da Roberto Cuillo, da Maurizio Migliavacca, da Pierluigi Piccini, giù giù fino all’amministrazione dell’Hotel Spendide Royal a Via di Porta Pinciana, 14 che ci accolse, nella suite 504, appositamente riservata perché nessuno vedesse l’incontro tra Pierluigi Piccini e Maurizio Migliavacca. Il conto lo pagò un Piccini, ma non Pierluigi.
Se avete capito qualcosa dei modi di procedere, a cerchi concentrici, di Leo Rugens, vi dovete aspettare dettagli e proseguo di racconti/accuse per quanto riguarda Siena e la sua fine miserevole. Le mie di accuse, come avete capito, non riguardano quasi mai comportamenti che possano interessare i magistrati. Sempre, viceversa, il Tribunale della Storia. Spero lo stiate apprezzando tutti: il tracollo del MPS e l’azzeramento della Città di Siena doveva essere evitato a qualunque costo. Siena doveva viceversa divenire un esempio virtuoso, la vera città del Buon Governo di Luca Signorelli. Siena, città già nota nel Mondo, avrebbe dovuto divenire, Capitale della Cultura 2019 invece di questo esempio di “Cattivo Governo”. A Siena si doveva accendere il faro per la rotta necessaria per uscire dalla tempesta in cui si trova adesso, tutta l’Italia. Che cosa c’entravano Franco Ceccuzzi, Alessandro Nannini o Gabbriele Corradi con questo compito strategico che Siena doveva assolvere? A Siena si sarebbe giocata la partita, dove, oltre a scorrere la mitica Diana carsica, questo cretino, diceva, inascoltato, che sarebbe passato il Piave. Con anni d’anticipo. Dopo la sconfitta di Ipazia e la diffamazione calunniosa dei suoi intendimenti e delle sue capacità di previsione, Siena si ritrova come si ritrova, e la nostra bella Patria rischia di fare la stessa fine. Il nostro Paese, dopo lo “sballo” del Monte, potrebbe drammaticamente scoprire che tutto il resto del “territorio” è in una situazione similare. Se penso a quello che si poteva evitare che succedesse a Siena, mi vengono veramente le lacrime agli occhi e sono costretto ad interrompere di scrivere per non danneggiare la tastiera con la salinità dei miei goccioloni. Di cui non mi vergogno. Altro che qualche conto da pagare lasciato, dalla prosciugata Ipazia, in quella città di ingrati e autolesionisti. E’ il conto con la Storia che rimarrà, per i senesi che ci hanno tradito, per sempre in rosso. La condanna di Mussari, Vigni e Baldassarri, non ci basta.
Oreste Grani/Leo Rugens che aspetta smentite.