Grandi cattolici o grandi nemici della Repubblica: Miglio & Prodi, dalla Lega a Putin

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“La Lega fu il suo ultimo gioco.”

“E quali furono quelli precedenti?”

“La Germania e la Russia. La Germania, perché senza di essa l’Europa non sarebbe mai diventata qualcosa, doveva esserne il perno. La Russia, perché diceva che non sarebbe potuto andare avanti così [era la metà degli anni ’80 ndr]. La cultura russa ha dato molto agli europei. La Russia è Europa.”

“Perché il Mulino ha pubblicato le sue opere, cosa centrava con Bologna e Prodi?”

“Ah ah, Prodi ha frequentato la Cattolica, proprio come il Professore! Quel gruppo di economisti e intellettuali cattolici è rimasto sempre unito, inoltre sosteneva anche Comunione e Liberazione.”

“Mi sai dire dove incontrò Bossi?”

“No, il fatto strano è che era uno con la puzza sotto il naso; abitava a Como e tutta la vita è venuto in treno all’Università, solo negli ultimi anni aveva l’autista.” [Miglio dichiarò di avere cercato Bossi nel 1989, avesse detto chi gli aveva fissato l’appuntamento…]

“Una strana coppia, o no?”

“Sì strana; e hai ragione, ruppe con Bossi quando Berlusconi si comprò la Lega.”

Gianfranco Miglio, l’uomo che sputava sul Risorgimento e sulla Repubblica italiana, temuto e rispettato degli studenti che lo consideravano un vero scienziato della materia, l’uomo colto che ritenne di poter cavalcare Bossi e che ha tramato tutta la vita contro la Costituzione, il colto studioso che fu definito “una scoreggia nell’universo” e che non disdegnava un antisemita quale Borghezio come compagno di strada.

Classe 1918, morì nel 2001; dal 1959 al 1988 fu preside della Facoltà di Scienze Politiche presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Alla fine degli anni cinquanta, Miglio fondò con il giurista Feliciano Benvenuti l’ISAP Milano Istituto per la Scienza dell’Amministrazione Pubblica, ente pubblico partecipato da Comune e Provincia di Milano, di cui ricopri per alcuni anni la carica di vicedirettore. In un saggio memorabile intitolato Le origini della scienza dell’amministrazione (1957), il professore comasco descriveva con elegante chiarezza le radici storiche della disciplina. L’interesse per il campo dell’amministrazione era dovuto in quegli anni alle politiche pianificatrici che gli stati andavano conducendo per l’incremento della crescita economica. Fonte Wikipedia

Prodi Romano, classe 1939, alla Cattolica si laurea nel 1961 in Economia. Escludo non abbia frequentato e approfondito il “pensiero” del Miglio.

Ma veniamo al dunque; da tempo ci chiedevamo in redazione quale fosse l’origine dell’afflato di Prodi nei confronti di Vladimir Putin e dell’area ex sovietica in generale. Non nascondo che la motivazione del soldo e del potere che ne deriva ci apparisse sufficiente a giustificare le frequentazioni e i finanziamenti d’oltre cortina che sono finiti e che finiscono nelle tasche del Professore (Prodi, non Miglio). Oggi, tuttavia, ci sentiamo un po’ arricchiti da quanto abbiamo ragionato con una allieva del Miglio stesso, giacché possiamo con ragionevole certezza far risalire la passione del Prodi per la Madre Russia al comasco ammiratore del nazista Carl Schmitt.

Fantasie, farneticazioni? In attesa che qualche solerte giornalista abbia la voglia di porre la domanda al Prodi, noi intanto aspettiamo l’imminente caduta dello Zar, dell’uomo che KGB che non ha saputo far diventare la seconda potenza nucleare del mondo una delle prime potenze economiche del mondo, preferendo i petrodollari al libero mercato; baciare le icone ai diritti dei ceceni e della libera espressione ecc ecc. Presidente Putin, il tempo è scaduto, le deleghe sono state ritirate, de Margerie è morto e Prodi, il negromante, sta pensando alla Presidenza della Repubblica.

Dionisia

P.S. L’elogio di Miglio per Mafia e ‘ndrangheta sono tra le parole più nauseanti che mi sia mai capitato di leggere; come al solito si cela dietro il diritto, la norma, la scienza della politica l’orrore più grande, esattamente come i giuristi nazisti operarono per giustificare la privazione dei diritti degli ebrei tedeschi. Siate dannati in eterno!

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Inoltre, l’elogio della mafia calabra illustra benissimo il legame culturale tra il Belsito e il Bossi, in attesa che chi ha pagato, paghi.

«Non mi fecero Ministro perché avrei distrutto la Repubblica»

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