Dall’autore del “Il Termitaio. I signori degli appalti che guidano l’Italia”, Alberto Statera, mi aspettavo di più
Dall’autore del “Il Termitaio. I signori degli appalti che guidano l’Italia” Rizzoli editore (Alberto Statera), dato alle stampe in tempi non sospetti (2009) mi sarei aspettato qualcosa di diverso dal pezzo (Quei destini incrociati del criminale nero e del faccendiere rosso) sia pur colto e suggestivo, che ieri è comparso su “La Repubblica”, relativo alla questione della “mafia a Roma”. Dal professionista che, per primo, ha messo, nero su bianco, chi fosse “la volpe di Posillipo” (Alfredo Romeo) mi sarei aspettato ben altro; dal giornalista economico, attento investigatore del possibile, che sa (troppo bene), per averlo sempre scritto e denunciato, che a Roma, per e da quarant’anni, hanno comandato sempre i Gaetano Caltagirone, i Bonifaci, gli Scarpellini, i Mezzaroma con i Lotito (lui vero re delle pulizie dei cessi), i Parnasi, gli ex Todini (coinvolti con compravendite ‘ndranghetiste), gli Erasmo Cinque di sbardelliana memoria, i Pulcini, i Navarra, i Toti, mi sarei aspettato un riferimento più rispondente alla realtà sulla descrizione dei fattori dinastici monarchici (chi sia o meno re a Roma), piuttosto che un appiattimento sul semplice binomio Carminati/Buzzi da una parte e Alemanno dall’altra. Associazione a delinquere che certamente c’è. Ma non credo che, nessun “cesso da pulire”, nessuna “guardiania”, nessun ristorante preso in gestione (al “Bio Parco” ad esempio), possa valere come il ripristinare (si fa per dire), per anni, il manto (si fa per dire!) delle strade romane o, gestire il patrimonio immobiliare stesso del Comune di Roma, o di enti tipo Enasarco o Enpam o quisquiglie e pizzillacchere del genere. Francesco Gaetano Caltagirone, per tornare a chi ha voluto e ottenuto, Gianni Alemanno Sindaco di Roma (come ben sa Alberto Statera per averlo sempre sostenuto e scritto), ha fatto tonnellate di soldi (per anni è stato definito, dalla stampa e dalla partitocrazia vassalla, “l’uomo più liquido d’Italia”) tirando su case orribili. Intorno a quelle case, lui e gli altri “edili” romani e napoletani, hanno fatto girare tanti soldi con cui, poi, Caltagirone ad esempio, ha comprato una decina di quotidiani (tipo il Messaggero), scalato un pezzo del MPS (versione Giuseppe Mussari) o l’ACEA, versione Massimo Caputi ed altri. Gente che manovrava, “amministrava”, cifre cento volte, mille volte maggiori che il bilancino della “29 giugno”.
Da mesi si sapeva che si preparava la grande partita/gara di chi avrebbe dovuto essere il “global service” di Roma per i prossimi anni. Forse stiamo assistendo (oltre che ad un legittimo, auspicato e doveroso repulisti) a qualcosa di più complesso. Questo “qualcosa” meriterebbe, da parte di uomini esperti quale è il mio mito Alberto Statera, un’attenzione maggiore e un anelito di verità che i cittadini, “non clientes”, della Capitale di un paese che si trova sull’orlo del baratro, certamente si aspettano. E si meritano.
Alemanno (Umbero Croppi docet), è un mentecatto e senza Francesco Gaetano Caltagirone che lo ha voluto a fare il “non sindaco di Roma”, nulla sarebbe stato possibile che accadesse. Negli anni che hanno preceduto e generato la Coop “29 giugno”, figlia benemerita della cultura della “dissociazione dalla lotta armata” (posizione politica risultata preziosa – se non determinante – per la “sicurezza” della Repubblica), elaborata proprio presso un “braccio” del Carcere di Rebibbia, andava di moda un “reato” che non sta a me giudicare per carenza di strumenti culturali giuridici ma che aveva una sua ratio: concorso “morale” in banda armata. In base a quell’ipotesi si prendevano, mediamente, una decina di anni. Da Alberto Statera mi aspettavo l’indicazione di chi sono stati, nel caso Alemanno/Mancini/mafia a Roma, i veri “cattivi maestri” e non la semplificazione che suggerisce che l’ibrido Carminati/Buzzi sia stato sufficiente per tenere in vassallaggio l’intera città. Dove arriva il “concorso morale” in quanto è accaduto a Roma negli ultimi quarant’anni?
Oreste Grani/Leo Rugens
P. S. per il mio ex compagno di liceo.
A proposito di destini incrociati, torno a ricordarti che se il destino di Francesco Gaetano Caltagirone, già nero ai tempi della sua iscrizione ad Ingegneria, alla Sapienza, nei primi anni sessanta, non si fosse incrociato con quello di Alemanno, i Carminati e gli Buzzi avrebbero dovuto ricominciare a fare i criminali di tipo tradizionale. Invece, l’effetto alone che si è determinato intorno alla figura del sindaco “camerata”, ha sbrigliato la fantasia (a tempo determinato) dei Mancini, degli Odevaine, dei Buzzi e dei Carminati. La vicenda, a mio modesto e rispettoso avviso, è più complessa (non complicata) di come appare.
Scusandomi per l’incursione telematica direttamente al tuo indirizzo.
Con stima e affetto immutato.
Oreste Grani
Pingback: Possibile che in questa Italia nessuno si ricordi di chi abbia fortissimamente voluto Gianni Alemanno alla guida della Capitale? | Leo Rugens