Francesco è un uragano di speranza contro l’ingiustizia e la povertà; Obama e Castro si sono piegati

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Non si può affrontare lo scandalo della povertà promuovendo strategie di contenimento che unicamente tranquillizzano e trasformano i poveri in esseri addomesticati e inoffensivi. Che triste vedere che, dietro a presunte opere altruistiche, si riduce l’altro alla passività, lo si nega o, peggio ancora, si nascondono affari e ambizioni personali: Gesù le definirebbe ipocrite. Che bello invece quando vediamo in movimento popoli e soprattutto i loro membri più poveri e i giovani. Allora sì, si sente il vento di promessa che ravviva la speranza di un mondo migliore. Che questo vento si trasformi in uragano di speranza. Questo è il mio desiderio.

Papa Francesco

… siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualsiasi ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo.

Ernesto Guevara

Mentre il nostro Paesello assiste agli sproloqui e alle prese per i fondelli di un ragazzotto toscano, mentre i giornali titolano a piena pagina che Stasi ha ucciso la fidanzata, mentre l’inchiesta “Mafia capitale” nasconde i pezzi da Novanta, mentre Berlusconi vaneggia di un ritorno sulle scene, un uomo serio e preparato, un gesuita, argentino come Ernesto Guevara detto il Che, nel suo semplice appartamento tesse la tela per costruire la Pace.

Oggi, avvicinandosi il Natale, l’arazzo sfavillante che è stato mostrato al mondo è la proposta della fine dell’embargo a Cuba messa sul piatto da Obama, rilanciato da Castro a festeggiare il compleanno di Bergoglio.

Siamo suoi fan dalla primo minuto, anzi sostenitori dell’ipotesi gesuitica da quando il suo grande elettore, Carlo Maria Martini, ebbe l’accortezza di ritirarsi, consapevole che la malattia non gli avrebbe permesso di realizzare il grande disegno che vediamo dispiegarsi in questi giorni.

L’anatra zoppa Obama e il fratello del più longevo dittatore della storia (forse) Castro appaiono quali personaggi secondari in tutta la vicenda, presi come sono nella campagna elettorale permanente, il primo, il secondo in una difficilissima transizione politico-economica.

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L’unico che dimostra di avere un piano è il Santo Padre e tanta libertà gli è concessa giacché nessuno può metterlo sotto scacco, ricattandolo di alcunché: denaro, droga, soldi, sesso, appartenenze, appartamenti, terreni, Ferrari ecc. che caratterizzano tanta parte della Curia romana. Ovviamente il rigore è frutto di una scelta, non di una grazia speciale; è frutto di una selezione e di una formazione (meglio dire “addestramento”) rigorosi, improntati a valori umanistici e universali, non a calcoli di bottega o di aspirazioni personali.

Francesco è l’Argentina che ha resistito all’orrore della Scuola di Meccanica, ai traffici dei Gelli e degli Elia Valori e di tante mezze tacche prezzolate che si autonominavano “fascisti”, ultimo lo hobbit Alemanno.

Francesco, come Guevara, guarda all’umanità, ai sofferenti, ai poveri e chi ha osato offenderlo con una strage, non ha la dignità di essere chiamata guerra, come accadde dopo la visita di Peres e Mazen, farà i conti con la Storia.

Oggi è Putin che guarda a oltre Tevere, dopo che Francesco ha tagliato il ponte che improvvisati tramatori nostrani avevano gettano nel Cremlino, pontieri di una parte (meglio dire una banda) di difficilissima lettura.

Rivendichiamo in proposito, con un certo orgoglio, di avere da più di diciotto mesi guardato e indicato in San Pietro il luogo più idoneo in cui ragionare sull’attualità, non di mestare per le proprie tasche e chi ha orecchie per intendere, intenda.

La redazione

P.S. La marea rosso bruna che monta in Europa (certo i rubli valgono pochino oggi come oggi) foraggiata da un uomo disperato e auspicata da uomini confusi, è nemica di Francesco e il gesuita non è uno che porge l’altra guancia.

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