Nei giorni scorsi abbiamo scritto al blog “olambientalista.it” che, gentilmente, ha pubblicato i nostri pensieri sull’operato professionale di Claudio Velardi
I Lucani (sono cresciuto, negli anni 50′ e ’60, frequentando parenti originari di S.Giorgio Lucano, indimenticabili persone “bellissime” e “buonissime”), si stanno comportando, anche in questo vostro blog (http://www.olambientalista.it/)e, in particolare, con “Lothar” Claudio Velardi, con un autocontrollo eccessivo. Amici lucani, rispetto alle prepotenze che vi vogliono far digerire, vi comportate come foste trattenuti da una qualche forma di pudore e di eleganza, caratteristica delle vostre terre. Terre che hanno, però, anche cresciuto Rocco Scotellaro e, con lui, la tradizione dell’impegno civile, politico, culturale che in queste ore strategiche per il futuro della nostra/vostra Italia, sono essenziali per continuare a sperare. A Claudio Velardi va chiesto, da voi che siete, nella doppia veste di italiani e di lucani, legittimati a farlo, quanto ha preso dai due padroni (Eni e Gazprom). Punto! Sarebbe opportuno, inoltre, chiedere “quanto” continua a prendere e per fare cosa. Punto! Questo, a prescindere, come avrebbe detto Antonio De Curtis, in arte Totò che non era lucano ma, per l’eleganza del gesto teatrale e la signorilità nella vita privata, avrebbe potuto certamente esserlo. Poi, giustamente e successivamente, si entrerà nel merito delle “disinformazioni” che scientificamente, i suoi collaboratori e lui, confezionano in tema di “petrolio e affini”.
Proviamo a non dimenticare che perfino il grande “mascalzone” del ‘900, l’armeno Calouste Gulbenkian (divenuto ricchissimo con i traffici di petrolio e di armi tanto da aver lasciato un Museo a Lisbona che vale la pena di visitare) ammetteva che intorno al petrolio tutto era “bituminoso e oscuro” tanto da divenire il vero autore della frase “una goccia di petrolio, una goccia di sangue”. La dimensione del denaro che riteniamo Claudio Velardi abbia percepito (pronti a scusarci, con lui e con la rete, qualora si trattasse di poche migliaia di euro), descriverà le complessità e gli interessi sotto intesi alle trivelle e al mondo “energetico”. Secondo voi, perché intorno all’ENI, dalla sua fondazione, senza soluzione di continuità, ruotano, miliardi, cadaveri (da Enrico Mattei a Gabriele Cagliari, tanto per fare esempi noti a tutti) e macroscopiche tangenti destinate alla partitocrazia come in nessun altro settore?
Amici lucani, andate avanti sul terreno culturale, politico, civile che avete scelto, con meno “eleganza” e “pudore”. In quel “Sud di qualità” che voi (viva questo stereotipo perché, per quanto vi riguarda, tale non è) rappresentate, è in gioco, tra il mare, il sottosuolo e la cultura vissuta come giacimento strategico altrettanto prezioso (Matera 2019!), la sfida contro i “cannibali” che oggi, spacciandosi per politici e consulenti di non si sa cosa, continuano a “bollire nel pentolone”, i poveri cittadini italiani che, nel caso specifico, sono anche lucani. I comitati d’affari nella vostra terra ci sono e, questa problematica, non deve essere rimossa. E come se uno non si dovesse preoccupare quando legge che l’avv. Alfredo Romeo, la “volpe di Posillipo” (napoletano come Claudio Velardi, compagni di partito (PCI) negli stessi anni gloriosi, bassoliniani), ha esteso i suoi interessi, già anni addietro, in Lucania, vincendo un appalto per “un sistema integrato di servizi per la gestione e la conduzione di impianti tecnologici”. “Impianti tecnologici” per confezionare taralli, soppressate e olive al forno, o altra ricchezza che madre natura offre agli umani? “Questo non credo”, direbbe perfino l’inimitabile Razzi/Crozza. Scusandoci per l’intrusione, vi ringraziamo per l’ospitalità.
Oreste Grani/Leo Rugens