La nostra candidata al Quirinale: Valentina Nappi, intelligente e “navigata” q.b. per non farsi prendere per il culo dalla diplomazia internazionale

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Gentile signorina Nappi, abbiamo provveduto, come le sarà facile verificare, a chiarire nella rete, contestualmente scusandoci con i nostri 4 lettori, il gioco provocatorio che avevamo costruito facendo riferimento al suo nome e alla sua intellettualità. Gioco che, come lei perentoriamente ci ha richiesto, abbiamo fatto cessare immediatamente. Rimane la simpatia per lei e per la sua evidente vivacità intellettuale. A prescindere dalla permalosità che non volevamo urtare.

Buon lavoro e buon divertimento a lei che, giovane e bella, se lo può permettere.


La bella “corvina” Valentina Nappi, nella sua tesi di laurea “L’Elogio dell’Apatia in W.H. Morris. Ovvero come la non partecipazione sia l’ingrediente necessario della Democrazia” di cui, come sapete, siamo venuti in possesso e che abbiamo cominciato a pubblicare, nei suoi passi più significativi, proseguendo il ragionamento di Samuel Huntington, fa un’affermazione che dire forte è niente. Affermazione forte e foriera, a nostro sommesso avviso, di un effetto domino di cui non si intravede l’ultima tessera.

“Dice Huntington (ancora citato dalla futura dottoressa –  ndr), per suggerire una soluzione al problema prospettato dell’equilibrio tra il governo e l’opposizione che la questione è molto semplice: “Liberarsi dall’eccesso di democrazia. Al Smith una volta sostenne che i problemi della democrazia si risolvono con più democrazia ma la nostra analisi (dice sempre Huntington ndr) suggerisce che applicare questa cura ai tempi presenti sarebbe aggiungere benzina al fuoco. Al contrario, alcuni dei problemi di governo degli Stati Uniti (ad esempio – ndr) oggi scaturiscono da un “eccesso di democrazia” nello stesso senso che David Donald attribuì al termine riferendosi alle conseguenze della rivoluzione jacksoniana che condusse alla guerra civile. Viceversa, ciò che occorre alla democrazia è un maggiore grado di moderazione. Questa particolarissima concezione della democrazia si precisa ancora meglio, quando Huntington ci dice in cosa si concretizza un “maggior grado di moderazione” della democrazia.

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In primo luogo, “la democrazia è solo uno dei modi in cui si stabilisce l’autorità, e non è necessariamente un metodo applicabile universalmente. Le sfere nelle quali i procedimenti democratici vanno bene sono limitate”.

Si tratta (e qui la nostra bella ragazza si “scopre” un po’ troppo) di una affermazione bizzarra che contrasta con il concetto di “democrazia come valore universale” impiegato come arma ideologica dagli USA e in generale dalle democrazie occidentali, a suo tempo, contro l’URSS e il comunismo. Un uso che è proseguito successivamente contro gli “Stati canaglia”, i “dittatori”, la “minaccia islamica” di volta in volta presi di mira fino ad arrivare alla giustificazione delle guerre proprio allo scopo di esportare la democrazia, per giunta nelle forme occidentali, in paesi diversissimi per cultura e storia. Il buffo (è qui la nostra “pulzella”  sguaina la spada) è che la nuova guerra democratica è stata sostenuta anche da Huntington, nelle vesti più recenti di teorico dello “scontro di civiltà”. Quello di democrazia diventa così un concetto modellabile a piacimento a seconda delle convenienze. Ma il paradosso maggiore viene raggiunto quando – a detta della conturbante laureanda corvina – Huntington stabilisce che “il funzionamento efficace di un sistema politico democratico richiede, in genere, una certa dose di apatia e di disimpegno da parte di certi individui e gruppi”. E qui – ci siamo – comincia  a cadere l’ultimo velo nella “danza dei sette veli”. Metafora appositamente e maschilmente scelta per omaggiare, ancora una volta, la nostra “Pessoa” in gonnella. La Nappi ci stupisce sempre di più e così facendo ci conforta e ci allontana dalla disperazione  rispetto alla nostra gioventù “apatica”.

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Dunque, si arriva a teorizzare che non la partecipazione, bensì, addirittura, l’apatia sia l’ingrediente necessario alla democrazia. Quindi, aggiungiamo noi che siamo sempre più stupiti della cultura politica della giovane ma “stravissuta” Valentina, in Italia, dove ha votato solo il 37% degli aventi diritto al voto, ci dovrebbe essere il massimo della democrazia possibile! Così in Giappone, così in Grecia e nel resto dell’Europa. Non si impara mai abbastanza. Vedrete quante cose sa più di voi la bella Nappi. Ma non solo attinenti le perversioni che vi induce a pensare. La Valentina Nazionale comincia ad assomigliare, per spessore culturale, a quella eroina/guida che andiamo cercando per non finire la nostra vita, non da democristiani, ma, peggio, da renziani. Anche se, il toscanello, più che Gerry Louis (attore USA “picchiatello” a cui sembra ispirarsi) si dimostra, per l’uso sapiente delle pugnalate alle spalle e i giri di valzer, l’ultimo dei democristiani doc. Torniamo alla Nappi, bella e intelligente. Ora vediamo se è anche coraggiosa e incosciente come una “Giovanna d’Arco”. Se si dovesse risolvere il problema della verginità (la vedo difficile nel caso della Nappi) che caratterizzava la Pulzella d’Orleans, vuoi vedere che abbiamo trovato la candidata sufficiente per il Quirinale?

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P.S.

Quindi, quando il Capo del Governo (Matteo Renzi) dice che lui ha dietro il consenso degli italiani (il 40% del 50% degli aventi diritto al voto, cioè il 20%) di queste cose parla (apatia e democrazia) e su queste teorie politiche si basa. Anzi, per essere precisi, di questa ideologia “aristocratica”, si fa forte. Vediamo di capire se si ispira allo spessore della scienza politica della Nappi o, più semplicemente alle rimasticazioni del solito Michael Ledeen, esponente e rappresentante – in Italia – di quelle logge massoniche neoaristocratiche e profondamente antidemocratiche che, ciclicamente, si impadroniscono degli USA e con essi di una parte del Mondo. Come capite, in tutti i sensi, c’è una bella differenza tra l’incartapecorito Ledeen e l’eburnea pelle del lato B della Valentina Nazionale.

Oreste Grani/Leo Rugens

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