Ali Agca: Stimato addetto militare, lei disse “inizia a parlare” e io iniziai a parlare
Da sempre mi ha incuriosito il modo con cui Ali Agca, scrivendo la missiva (era latitante a Sofia, in Bulgaria, dopo l’evasione dal carcere di massima sicurezza di Kartel Maltepe), al giornale Millyet di Istanbul, per annunciare la sua volontà di uccidere il Papa Giovanni Paolo II, avesse appellato il Pontefice Romano con l’espressione: “Commendatore dei Crociati” che storicamente si riferisce, preminentemente, al mondo dei Templari.
“Commendatore“? Ma a chi verrebbe in mente di chiamare in quel modo il Papa se non a un addetto ai lavori dei mondi in cui si attribuiscono le “commende” o si ragiona, in modo ossessivo dei Cavalieri Templari?
Spero che tutti i complottisti del Mondo, riunitisi in un ipotetico congresso telematico, concordino con il fatto che Ali Mehemet Agca abbia tentato, con tutte le sue abilità e complicità, veramente di uccidere il Papa Giovanni Paolo II. Ritengo che tutti i signori complottisti e non, sappiano che, a piazza S. Pietro, quel giorno, 13 maggio 1981, Ali Agca non era solo.
Così come non è mai stato solo, neanche un istante, della sua tormentata esistenza prima di quel 13 maggio. Tutti sapete certamente tutto di Ali, della sua famiglia e di sua sorella Fatima, in particolare. Tutti sapete (perché sono state scritte decine di pagine sull’argomento) che il lupo grigio è sempre stato assistito, fin dall’adolescenza, dalla struttura organizzativa del Partito di Azione Nazionalista Turco.
Il “nostro” nasce il 9 gennaio 1958 a Yesiltepe, in Turchia appunto, in provincia di Malatya.
A dodici anni viene cooptato nel braccio armato del partito che (è importante ricordarlo) non ha affatto, a quella data, il carattere di una setta. Infatti il suo leader, il colonnello Alpasian Turkes, diventa, nel 1974, vice Primo Ministro del Governo Demirel. Era come se fosse un Angelino Alfano o un Gianfranco Fini.
L’ideologia del partito che accoglie e forma Agca, affonda le sue radici nel sogno panturco del diciannovesimo secolo: una “Grande Turchia” estesa dal Mediterraneo alla Mongolia.
Anticomunista, spregiatore dell’Occidente, considerato al tempo stesso corrotto e decadente, Turkes lancia i suoi Lupi Grigi alla conquista della piazza: il bilancio, in pochi anni, è di 831 morti e 3.121 feriti. Come vedete, il sangue versato durante gli anni di piombo italiani, sono bazzecole. Agca cresce, senza timore alcuno, in questo clima. Anzi è da questa abitudine al delitto politico come strumento di “ragionamento persuasivo” con gli avversari, che viene formato. Avrebbero detto, nella sua struttura militare, “forgiato”. Poi anche il suo leader Turkes viene spazzato via dal colpo di Stato militare (1980) che intende ristabilire l’ordine nel Paese, combattendo gli “opposti estremismi” e ogni tipo di terrorismo. Durante il periodo più critico di questa fase, Ali Agca, il 1° febbraio del 1979, appena 21enne, assassina, in piena Istanbul, Abdi Ipecki, redattore capo del quotidiano laico- liberale Milliyet. Ancora oggi, i giornalisti scomodi, vengono incarcerati a decine in Turchia e solo gli esponenti del Governo Renzi sembrano non saperlo; quando era giovane Agca, si uccidevano e basta.
Come fece il buon Ali ad essere, sia pur così giovane, sufficiente per una esecuzione di quella delicatezza? Due anni prima (diciannovenne!) aveva seguito un corso di addestramento, di quaranta giorni, in un campo palestinese in Libano, guidato dal turco (che pasticci!) Teslim Tore, originario anche lui di Malatya ed esponente, dal 1971, di un movimento di estrema sinistra leninista “per la salvezza del popolo turco”. Che pasticci! Destra e sinistra unite nella lotta. Che pasticci! Torniamo al povero onesto giornalista Abdi Ipecki, ammazzato dal fanatico lupacchiotto grigio e alla condanna a morte che il giovane, tenebroso, simulatore si becca dopo l’arresto. Vediamo di non dimenticare il particolare di un rapporto di forza che nasce con uno dei due protagonisti (il ragazzo) condannato a morte e “un’entità” talmente determinata a conquistare il governo del Mondo da decidere di uccidere il Papa, in mezzo a Piazza S.Pietro, davanti a decine di migliaia di suoi fedeli.
Questa entità invece di farlo passare a miglior vita (come la condanna prevedeva per aver ucciso il giornalista), organizza, in modo impeccabile, la fuga del lupetto (da un carcere super tosto), lo aiuta ad espatriare, scegliendo, come destinazione, non un paese qualunque ma la Bulgaria, all’epoca postaccio, dal punto della sicurezza interna, affidata come era a dei tipacci (poco malleabili) facenti capo al KDS (il Servizio Segreto Bulgaro) struttura organica al KGB quando, a guidare la Bulgaria, c’era Zivkov, personaggio politico che più allineato ai voleri di Mosca non c’era sulla faccia della Terra. Neanche il buon Cossutta era così filo sovietico. Escludo che, in quegli anni, uno potesse andare in giro per la Bulgaria senza che gli uomini del KDS lo sapessero. Quindi, Ali Agca era a Sofia in accordo con il KDS e, quindi, del KGB. Punto. Chiunque rimuova questo particolare sostiene che gli asini volano. Punto
Da Sofia, dicevamo, Agca, scrive e annuncia che vuole uccidere il Papa, il “Commendatore dei Crociati”, come lo chiama “bizzarramente” lui. A Sofia vive (a volte) anche un altro signore poco raccomandabile che conosce molto bene il giovane Lupo Grigio ed è Abuzer Ugurlu, personaggio che controlla il traffico d’eroina in arrivo e in partenza dalla Turchia e che per diffondere gli stupefacenti nel nord Europa usa la così detta rotta balcanica. Grossi pasticci! Urgulu, oltre a essere il protettore di Ali Agca, è anche il consigliere e il luogotenente di Mehemet Demirel (da non confondere con l’omonimo uomo politico che abbiamo già citato) detto anche “Mehemet Mano di Ferro”, padrone incontrastato (in quegli anni) della piazza di New York per la droga. Escludo che questi movimenti si potessero fare all’insaputa della CIA e dell’FBI, per semplificare le cento sigle che sovrintendono alla sicurezza degli USA. Fuori, ma soprattuto dentro i suoi confini. Pasticci anche questi! Dopo Sofia, il futuro sparatore di Piazza S.Pietro, inizia una lunga serie di viaggi in mezza Europa, dalla Germania alla Svizzera, dalla Spagna all’Olanda, passando per la solita Francia. Solo dopo, arriva a Roma. Si è sempre parlato di pista bulgara (quando se ne parlava) ma la definizione più corretta è, senza ombra di dubbio, una pista turco-bulgara-sovrannazionale come solo alcune realtà di potere occulto sanno essere. Pasticci, quindi. Pasticcissimi, diciamo noi mai, oltretutto, con Ankara, chiariti fino in fondo.
Un grande pasticcio internazionale come Rosario Priore, l’impeccabile giudice che indagava sul tentato omicidio, ha sempre ritenuto che fosse l’intera vicenda. Certo lascia ancora perplessi che dal carcere di massima sicurezza di Rebibbia in cui si trovava, si consentì ad Ali Agca, di far pervenire (questa fu la cosa gravissima a prescindere dai contenuti) una strana lettera all’attenzione dell’addetto militare dell’Ambasciata USA. Ancora oggi questo è un episodio oscuro nonostante i chiarimenti e le autorizzazioni rilasciate al terrorista dal giudice istruttore Ilario Martella. Un vero grande simulatore questo turco? Il turco, non lo dimentichiamo mai, fu pagato da Berink Celenk, ben tre milioni di marchi dell’epoca. Valuta forte, spendibile in tutto il mondo e poco “marcante”. L’uomo che fece l’accordo economico con il lupacchiotto, morì, per malattia cardiaca(!?), durante lo svolgimento del processo denominato “Antonov” dal nome del funzionario sospettato di essere il coordinatore dell’intera operazione. Grandi pasticci. Tutte vicende che Rosario Priore ha tentato di indagare come ha potuto e che oggi, i conoscitori di realtà complesse quali sembrano essere Gioele Magaldi e i suoi più fidati fratelli, ritengono di sapere come in realtà siano andate, raccontando i retroscena di questi drammatici avvenimenti nel libro che spesso ultimamente ho citato. Ci accontentiamo di una conferenza stampa sul tema oltre che della semplice lettura del libro “Massoni Società a responsabilità illimitata“. In attesa di leggere quanto sui misteri d’Italia (e questo del “ferimento del Papa” è sicuramente uno di questi) lo studioso del Grande Gioco, Umberto Eco si prepara a farci conoscere nel suo “Numero Zero” edito, come al solito, da Bompiani.
Ali Agca si è venuto a consegnare, per motivi che ci sfuggono, mani e piedi legati, a chi potrebbe ancora legittimamente porgli le opportune domande e chissà, perché no, avere delle sorprendenti risposte. Forse è ora di provare a rifare le domande già a suo tempo fatte per decidere se è il caso o meno di distrarsi rispetto alle complessità che riguardano le ambizioni espansionistiche della Grande Turchia; gli arresti, di queste ore, mirati a decine di giornalisti per tappare la bocca agli oppositori politici; i curdi, per anni perseguitati prima della comparsa dell’ISIS; gli yezidi, per anni perseguitati prima della comparsa dell’ISIS; la droga, le armi, la pace con i greci ridotti alla fame. Questi turchi non sono solo gli impalatori di un tempo o i fedeli ascari della Nato. Sono una realtà politica e culturale molto, molto, molto più complessa di comer li stiamo considerando. Bisognerebbe incominciare a capire in nome di chi e di quale consorteria/massoneria/setta segreta avevano deciso che Giovanni Paolo II doveva essere tolto di mezzo. Perché, e questo deve essere chiaro, tutto quel bordello, il 13 maggio 1981, alle ore 17:17 (o 1717?), a Piazza S.Pietro, non possono averlo organizzato solo Oral Celik, Omar Bagci, Berik Celenk, Abuzer Ugurlu, Musa Celar Celebi e il, sia pur intelligentissimo simulatore, Ali Agca. Mi hanno insegnato che terroristi senza un “santuario” logistico e culturale dietro, non sono in grado di uccidere 831 persone, di ferirne altre 3.121 e di (quasi) ammazzare il Papa, “Commendatore dei Crociati“.
Oreste Grani/Leo Rugens che ha conosciuto e frequentato sia Rosario Priore che Gennaro Egidio.
La lettera al “Milliyet” con l’espressione “Comandante” dei Crociati non è stata scritta a Sofia, Ağca era ancora in Turchia.
Mehmet Ali Ağca è stato condannato all’ergastolo il 22 luglio 1981 come unico responsabile dell’attentato.
Nella sentenza del 29 giugno 1986, processo ai mandanti dell’attentato al Papa, tutti i coimputati, sia turchi che bulgari, sono stati assolti per insufficienza di prove.
Secondo il giudice Rosario Priore: “in nessun processo, anche quello al ladruncolo del supermercato, si può basare una condanna sulle dichiarazioni di una persona che cambia versione decine di volte. Ci troveremmo davanti a un’inchiesta dai piedi d’argilla, che potrebbe crollare a ogni spirar di vento.”
Infatti, il 21 marzo 1998, nel provvedimento di archiviazione della terza inchiesta sui mandanti dell’attentato al Papa, il giudice Rosario Priore, scriverà che “la pista bulgara si affida alle sole dichiarazioni di Agca, il quale peraltro non ha assolutamente abbandonato il suo comportamento mendace, contradditorio e parareligioso e, anzi lo ha aggravato”, che “la pista bulgara era falsa, che egli mai aveva messo piede nell’appartamento di Antonov e che la costruzione da lui esibita agli inquirenti era un’ architettura dei servizi occidentali.”
Inoltre, il giudice Carlo Palermo che interrogò Agca: “ho sempre avuto l’impressione che Ali Agca fosse un esaltato, una persona fuori dalla normalità, molto infatuato di se stesso, ansioso di essere riconosciuto” “sarebbe stato opportuno sottoporlo a perizia psichiatrica”.
Ovvio quindi, che di fronte all’ennesima comparsata, la Procura di Roma ritenga “che non esista alcun bisogno di ascoltarlo nuovamente” in quanto “negli anni ha fornito decine di testimonianze al riguardo in pubblico e nel corso di processi e non è considerato attendibile”.
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Gentile e ben documentato Ruben, la ringrazio delle puntualizzazioni se non, in altri casi, delle informazioni che smentiscono platealmente le costruzioni mentali a cui, in questi anni, mi ero lasciato andare. Entro l’anno, tornerò in modo critico sul mio testo e confronterò quando ho scritto con quanto mi ha scritto. Glielo devo per onestà intellettuale e per rispetto a quanto mostra di sapere. In particolare modo qualcosa deve, negli anni, avermi fuorviato il ricordo. Forse è proprio quanto una traduzione impropria della lettera non (non) scritta da Sofia ma dalla Turchia (come lei oggi afferma e come certamente nelle carte processuali fu dimostrato) mi ha innescato: mi sembrava che quella storia del “Commendatore” invece di (come lei dice) “Comandante” dei Crociati (dei Templari) non avesse senso. Anche se, mi dicono, che nel mondo templare la denominazione “Commendatore ” esiste. Certo se anche i Templari non fossero esistiti e non avessero mai partecipato a massacri di “turchi” la cosa si farebbe ancora più misteriosa se una traduzione più accurata di quella lettera ci portasse a ritenere più corretta la traduzione “commendatore” al posto di un più credibile “comandante”. Ho sempre ritenuto il turco Ali Agca (sul fatto che sia turco non ci dovrebbero essere differenze valutative tra me e lei) un abile simulatore e, di fatto,per questo, anche un “malato mentale”. Come le ho promesso tornerò sull’analisi comparata di quanto lei afferma e quanto io,viceversa negli anni mi sono “messo in testa”. Compreso l’esistenza di una loggia massonica denominata “Joseph de Maistre” che potrebbe, al suo interno, aver coltivato e accolto, grazie a ufficiali del KGB affiliati alla Loggia suddetta, proprio il reclutatore del turco, “bizzarro” e “grande simulatore” (ma, certamente, a suo tempo condannato “a morte” per l’omicidio del giornalista Abdi Ipecki), proprio perché un giorno togliesse di mezzo (dalla Storia intendo dire) quel problema rappresentato dal polacco Karol Wojtyla divenuto, nel frattempo, “nientepopodimenoche” (è una citazione del termine a suo tempo usato da tale Mario Riva), Papa.Grazie ancora per l’attenzione. Ma lei, nella vita non elettronica, di cosa si interessa o si è interessato? Mi incuriosisce la dimestichezza e la passione civile e politica che mostra intorno all’argomento. Soprattutto mi lietamente sorprende la sua assenza di dubbi quando invece le assoluzioni di cui scrive furono per “insufficienza di prove”. Cioè la soluzione giuridica mille volte comprata o organizzata perché non si arrivasse a sapere come erano andate realmente le cose. spero che non mi costringa a indicare tutte le volte che questo è avvenuto nei tribunali della Repubblica che amiamo ma di cui conosciamo i limiti. A presto. Oreste Grani
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(Post leggermente OT)
Prima i complimenti.
Ho trovato per caso il vostro blog quest’estate, approfondendo in rete alcune cose che avevo letto nel libro di Egidio Gennaro “La strategia delle ombre” e, rispetto ad altri siti “simili”, trovo nel vostro un maggiore spessore ed una vis polemica sempre levigata da un taglio ironico. E poi mi siete simpatici perchè là dove gli altri siti, ad un certo punto, diventano misteriori voi, invece, diventate metafisici.(E’ anche vero che nelle prime due pagine dei risultati di Google è pieno di honeypot).
Poi la critica (costruttiva).
L’unico campo in cui non vi trovo ad altissimo livello è quando commentate i dati del vostro stesso blog presi da Google Analytics. Avendo necessariamente (essendo i vostri argomenti rivolti ad una nicchia) numeri molto bassi (di visitatori, visitatori nuovi, unici, etc) ritengo poco indicativo basarsi su questi per inferire conclusioni di vario tipo. Post più utili potrebbero essere, per fare un solo esempio, quelli legati alle statistiche del bounce rate cioè alla frequenza di rimbalzo dalle pagine in relazione ai vari post/sottoargomenti/argomenti/macroargomenti, etc.
Infine le richieste.
Non vorrei apparirvi sfacciato ma ecco di cosa mi piacerebbe leggere, tra gli altri articoli che avete senz’altro in mente di scrivere, nel corso del 2015.
1. Recensione di libri, magari iniziando con:
“Su onda 31 Roma non risponde” di Franco Tabasso, Sindico Montanaro, 1957
“Il disubbidiente” di Francesco Pazienza, Longanesi, 1999
“Nome in codice Ulisse” di Fulvio Martini, Rizzoli, 1999
“I giorni del diluvio” di Anonimo (ma Francesco Mazzola), Rusconi, 1985 (ristampa Aragno)
“Il caso Moro” di Balducci, Ferrara, Katz, Pironti, 1987
“Gli adelphi della dissoluzione” di Maurizio Blondet, Ares, 1994
2. Molti altri articoli su Pecorelli.
3. Sul militare che era con Placanica nella camionetta a Genova; non quello che guidava, l’altro, quello che ha sparato.
4. Volevo anche un post su Agca…e manco ho fatto in tempo a richiederlo!
Già che citate Carlo Palermo, suggerisco un titolo : “Il Papa nel mirino” di Carlo Palermo, Editori Riuniti,1998
5. Posto che il responsabile del blog si chiami davvero Oreste Grani: è la stessa persona di cui si scrive nell’articolo online del Quindicinale di Lotta Continua, Anno I- numero 21, del 24 novembre 1970? sarebbe interessante ci raccontasse qualcosa di quegli anni.
(se non ritenete questa domanda sia opportuna in questo contesto potete anche ometterla dal post, lasciando le altre)
Auguro allo Staff Buone Feste e Buon Anno!
🙂
mai
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Grazie per i complimenti. Devo uscire per motivi di natura relazionale (festività ed altro) e non posso dedicarle il tempo che merita tanta affettuosa e rispettosa attenzione.
Sono io e non c’è alcun motivo (dopo che un’abile misura attiva mi ha provocato perché uscissi allo scoperto) di negarlo. Quando rientro mi dedico, con piacere a ragionare con lei e i suoi spunti intelligenti. Oreste Grani
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Oh mamma! Certi difensori nuovi sono davvero inquietanti
https://studiolegalescodanibbio.it/lo-studio#request-a-consultation
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Questo sarebbe l’amato mentore (oh mamma!)
https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/10/30/antonov-misteri-da-chiarire.html
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N.B.: Catanzaro
http://www.studiolarussa.com/index.php?option=com_content&view=article&id=2&Itemid=7
(Ma uno normale no??)
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