Forse è ora che “qualcuno di famiglia” ponga fine alle esternazioni (spesso a sfondo sessuale) del parlamentare Maurizio Gasparri

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E NOI PAGHIAMO TE … PARLAMENTARE  INUTILE!!

Alcuni anni addietro qualcuno mi venne a dire (mi sembra di ricordare che la persona fosse la figlia di un maresciallo dell’Arma, ragazza seria di per sé e, per tradizione familiare, altamente attendibile) che le impiegate (tra queste c’era lei) della direzione amministrativa di una società operante nel settore dell’IT (mi sembra di ricordare che tra i fiori all’occhiello di tale azienda c’erano anche le così dette prestazioni obbligatorie che si chiamano tali perché “dovute” alla Magistratura qualora le richieda per interpretare i flussi telefonici effettuati da un utenza sotto “intercettazione”), appartenente ad gruppo imprenditoriale divenuto – successivamente – particolarmente noto alle cronache giudiziarie e giuslavoriste (migliaia di lavoratori, mi dicono, ancora in mezzo alla strada) per l’entità del tracollo finanziario, la fuga e l’arresto di tutti i suoi dirigenti, chiamavano “pinocchietto” tale Maurizio Gasparri. Le ragazze (mi disse la fonte) ritenevano che questo nome e cognome (e caratteristiche somatiche) corrispondessero a quello del deputato di Alleanza Nazionale che in quegli anni diveniva sempre più noto e, per un periodo, tra l’altro, anche Ministro della Repubblica. Le impiegate gli avevano attribuito un soprannome non perché lo frequentassero fuori orario di lavoro come sarebbe stato legittimo fare (cosa sia pur disdicevole – per le ragazze – ma legittima) ma in quanto se ne dovevano interessare (con cadenza mensile) e quell’interesse – evidentemente – era dovuto alla peculiarità del reparto di appartenenza (amministrazione) e non a generiche simpatie con il politico.

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Certamente millanterie e insinuazioni di ragazze sprovvedute (ce ne sono in abbondanza in tutte le epoche che si facciano trovare in Siria o che la mattina vadano in ufficio ai Parioli) per cui sono pronto sin da ora, nelle sedi opportune, a scusarmi, stanco e vecchio come sono, per aver dato credito a tali “volgari” insinuazioni. Mi è tornato in mente questo particolare figlio solo certamente di qualche incontinenza verbale (il mondo era senza facebook e twitter) e un po’ maldicente delle suddette sprovvedute ragazzotte, leggendo che a “pinocchietto” Gasparri, in queste ore, gli era partito un dito (evidentemente incontinente) twittante e, così facendo, si era lasciato andare a gravissime insinuazioni – a sfondo sessuale – nei confronti delle ragazze Vanessa e Greta tenute sequestrate, in zona bellica, da dei carcerieri che sembrerebbero essere stati più rispettosi delle donne in loro possesso di quanto le fantasie morbose di “pinocchietto” evidentemente suggeriscono.

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In famiglia Gasparri (come in quella della mia fonte riservata dell’epoca) ci sono esponenti dell’Arma (maresciallo più semplicemente il mio, generale di corpo d’armata il fratello del Maurizio in oggetto) che mantengono da anni tutt’altro profilo pubblico (riservato e senza atteggiamenti di arroganza) di quello spesso esibito dallo strapagato, nulla facente, esponente della peggiore partitocrazia. Al signor generale, già vicecomandante dell’Arma fino al 7 marzo 2013, rispettosamente e in spirito di servizio, faccio appello e suggerisco perché faccia “arrestare” (metaforicamente, perché il cattivo gusto e la volgarità maschilista non sono considerati un reato), con un “super cazziatone”, il chiacchierone di famiglia, prima che ne dica veramente una di troppo!

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La “guerra tra la gente” e i suoi retroscena dolorosi sono cose drammatiche e da trattare, sempre, e oggi più che mai che la battaglia è in corso, con il dovuto rispetto: in situazione simile (Siria/Iraq) i “servizi” (all’epoca SISMI) hanno perso in circostanze, quelle sì definibili, ancora oggi, “oscene”, Nicola Calipari quando era all’apice della carriera e dopo che aveva saputo portare a casa, vivi e vegeti, Simona Pari, Simona Torretta, Umberto Cupertino, Maurizio Aliana e Salvatore Stefio. Anche un generoso come Calipari, viceversa, non riuscì a salvare Enzo Baldoni e Fabrizio Quattrocchi. Così come anni dopo, l’8 marzo 2012, a Sokoto, in Nigeria (do you know Boko Haram?) altri colleghi si videro ammazzare l’ing. Franco Lamolinara dopo una faticosissima e inutile trattativa. Più che twittare idiozie sulle ore di prigionia delle nostre connazionali, avremmo, noi che abbiamo giurato fedeltà alla Bandiera, preferito sentire chiedere dal parlamentare Maurizio Gasparri, a chi di dovere, fino ad esserne sfinito, di chi fosse stata la colpa della esecuzione di Nicola Calipari e le circostanze dettagliate della morte di Franco Lamolinara. Invece, quando si tratta di avere la schiena dritta con gli americani e con gli inglesi, si fa “pippa”, direbbero a Roma. Più facile fare l’ironico con due ragazzette sprovvedute che difendere l’onore dei servitori di quella Patria che gli passa – da troppo tempo – la pagnotta.  La “guerra tra la gente”, mi ripeto, è una cosa atroce.  Comunque, nella voragine dei milioni di milioni di euro costituita dal debito pubblico (che anche persone come suo fratello non hanno saputo arginare se non, peggio, in alcuni casi, hanno addirittura determinato) dodici/sei milioni che cosa vuole che siano.

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Le cifre di cui si parla a proposito di questo eventuale riscatto, sono quanto sarà costato alla collettività il suo insinuante e troppo estroverso fratello, quando dovesse – finalmente – andare in pensione. Il suo costo per le casse dello Stato, sarà stato, a quella presumibile data, di oltre 12.000.000,00 di euro, senza contare i danni collaterali determinati, ad esempio, dalla sua maldestra attività svolta tutta a favore di Silvio Berlusconi, quando lo misero a fare il Ministero delle Tecomunicazioni. A questi 12.000.000,00 vanno sommati, i costi di qualche altrettanto inutile collaboratore/ce di cui si circonda. Se Maurizio non prova rispetto per nessuno e, soprattutto, per due ragazze appena scampate alla morte, signor generale, scusandomi per l’intrusione e il suggerimento da buon padre di famiglia, ci pensi lei a tirare le orecchie a “Pinocchietto“.

Leo Rugens