USA e India, le due colonne della democrazia mondiale, danno la sveglia alla Cina

«Nessuno nella regione è davvero interessato a ciò che l’India pensa», mi confida un diplomatico malese esperto della diplomazia della regione.

P. Khanna, I tre imperi

Il parere dello studioso indiano spiega così la ridotta presenza dell’India nel suo grande saggio, ne prendiamo atto.

Khanna sostiene in modo provocatorio che se agli americani piace presentare l’India quale la più “grande democrazia del mondo” e agli indiani descriversi insieme agli USA come una delle “due colonne della democrazia” (ogni riferimento massonico deve essere puramente casuale) a suo parere, invece, esiste maggiore democrazia in Cina che nel sub continente indiano. Gli argomenti che porta si riassumono in un confronto tra la scolarizzazione, il tasso di povertà, la diffusione delle malattie, il peso del governo centrale e soprattutto il senso di unità nazionale, i cui valori sono nettamente superiori in Cina.

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Tenendo a mente tali osservazioni, guardiamo alla visita ufficiale di tre giorni in India (27-29.1.15) da parte di Barack Obama e alle conseguenze che essa potrebbe avere sul futuro del mondo.

Premesso che gli USA corteggiano l’India da decenni offrendo “investimenti nel settore hi-tech, tecnologia nucleare civile, accordi di difesa…” – scrive Khanna nel 2008 – apprendiamo dalla stampa che nei primi due giorni sono state appunto discusse la fornitura di tecnologia per realizzare impianti nucleari ad uso civile e la costituzione di un quadrilatero (USA-India-Giappone-Australia) per contenere le mire espansionistiche della Cina.

Rispetto al secondo punto scrive Khanna nel 2008: “l’Oceano Indiano svolge la funzione di baia occidentale del più grande spazio del Pacifico, su cui si affaccia l’Asia orientale. Le coste occidentali dell’Oceano Indiano – Africa, Arabia e Iran – vendono a ritmo crescente materie prime verso Oriente e al tempo stesso sono il maggior mercato di investimenti ed esportazioni per l’Asia in pieno boom. La maggior parte delle navi da carico di tutto il mondo attraversa quest’area integrata India-Pacifico; l’intera Asia meridionale, ancora appartenente al Terzo Mondo, è così diventata il sottosistema occidentale dell’ordine asiatico che ha il suo fulcro in Cina. Oltre il 50% degli scambi dell’India avvengono con l’Asia orientale, mentre Giappone, Corea del Sud e Singapore cono i suoi maggiori investitori esteri” (I tre imperi, pag. 364).

È del tutto evidente che controllare quest’area significherebbe controllare più della metà dei traffici marittimi del mondo, ergo si comprende bene il nervosismo cinese che critica giornalmente la visita di Obama al premier Narendra Modi, con il quale pare avere sviluppato una amichevole sintonia (Obama è l’unico presidente americano ad avere visita due volte l’India durante il suo mandato). Gli americani pare siano stati favorevolmente colpiti dalla posizione in materia di geopolitica espressa da Modi durante i quarantacinque minuti iniziali del primo incontro con Obama.

Se son rose per gli Stati Uniti o spine per la Cina lo diranno i prossimi anni.

A costo di apparire eccessivi, facciamo notare per l’ennesima volta che avere imbarcato due marò su una nave civile che non si sa bene cosa trasportasse e averla fatta navigare nel cortile di casa degli indiani è stata una boiata pazzesca, tanto più alla luce di quanto sopra esposto e che al Ministro della Difesa italiano e ai suoi consiglieri doveva essere arcinoto: nel mare nostrum indiano ci si deve andare in punta di piedi e la presenza di militari stranieri non sarebbe stata tollerata, com’è puntualmente avvenuto.

Del senno di poi son piene le fosse, mentre a noi farebbe piacere che al posto dei marò ci fossero i loro mandanti (decisori ci pare troppo nobile) politici.

La redazione