I sacrosanti arresti effettuati “in provincia” (Reggio Emilia, Parma) confermano che il problema dell’Italia non è solo quello di una Capitale infetta
“Lanciare per l’Italia questi delinquenti ha significato fecondare zone ancora estranee al fenomeno mafioso…“. Cesare Terranova
Ieri mattina abbiamo dato, con assoluta tempestività, due notizie perché ci erano sembrate – subito – tutto meno che “lanci” da banale cronaca giudiziaria. E non ci sbagliavamo. La vicenda della dama bianca (la gagliarda sfrontata Roberta Gagliardi) la lasciamo alla vostra intelligenza e al vostro buon gusto. Anche se, quello che nella conferenza stampa tenuta ieri dal Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti evidenzia e descrive dettagliatamente quello che accade nelle troppe Reggio Emilia/Parma, non solo come corruzione politica e affari in mano alla criminalità ma in realtà, in molti casi, svela al tempo stesso il polmone economico e finanziario del traffico della droga. Lasciamo – per oggi – l’argomento “chi mette i soldi per acquistare 24 chili di cocaina in Venezuela e chi conosce chi a Caracas”, e passiamo alla “ramificazione della criminalità calabrese” in Emilia Romagna e, in generale, in tutto il Nord d’Italia.
E partiamo dal lato più doloroso della vicenda.
Quando ieri, riportando la notizia dell’imminente conferenza stampa, facevamo riferimento alle “mele marce” tra le Forze dell’Ordine, non potevamo immaginare che tra gli arrestati ci fosse anche l’autista (persona che dovrebbe essere di massima fiducia) del Questore di Reggio Emilia. A mio modesto avviso, questo specifico coinvolgimento, ad opera delle ‘drine, dell’uomo che poteva fornire, qualora fossero state necessarie, informazioni riservatissime relative ai movimenti e le frequentazioni del Questore, in altri tempi, avrebbe fatto… “saltare tutti”. Ora, stiamo a vedere cosa succede.
Reggio Emilia e Parma. Mi soffermo su Parma perché il sottoscritto, come spero abbiate capito, è “di parte” Sono un tipo pericolosamente di parte e rancoroso nei confronti di chi vigliaccamente ritenga di poter fare il male certo di essere, in quel momento e per sempre, impunito. Uno per uno mi guarderò i profili degli arrestati a Parma e nei comuni limitrofi fino a quando non troverò riscontri a quello che, al livello intuitivo ed investigativo dilettantesco, ho sempre pensato: il sacco di Parma (quello per cui nelle elezioni successive alla caduta della “giunta Vignali”, Pizzarotti e il M5S hanno vinto) è un dossier, è una inchiesta giudiziaria molto, molto, molto, molto complessa che, attraverso un percorso carsico Parma/Roma, potrebbe rivelarsi molto, molto, molto, molto più putrescente di quanto non sia apparsa fino ad oggi. Quando salta il PDL a Parma, tutto ruotava intorno al sindaco Pietro Vignali, ma “nell’inchiesta della Procura compaiono (anche se non sono indagati e non sono coinvolti direttamente) anche i nomi di rappresentanti politici nazionali come l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il sottosegretario Gianni Letta, l’ex ministro della Giustizia Angelino Alfano, il senatore Filippo Berselli e Niccolò Ghedini, a cui Villani e Vignali si rivolgevano direttamente o indirettamente per avere sostegno durante il mandato politico e dopo lo scoppio dello scandalo Green Money. In particolare, ha spiegato il procuratore Laguardia, “Vignali aveva stretto un rapporto diretto con Berlusconi grazie all’amicizia con Nadia Macrì”, una delle ragazze che aveva partecipato ai festini di Arcore”. Come fu fedelmente riportato dalla stampa locale in quei giorni di “tracollo” del malaffare.
E quando scriviamo Reggio Emilia/Parma siamo estremamente riduttivi perché il fenomeno criminale riguarda Modena, Bologna, Rimini e che, via via, passando per Sassuolo, arriva a Ravenna, come a Mirandola piuttosto che Castelfranco Emilia, Nonantona, Bomporto, Soliera, San Prospero, Bastiglia, Budrio, Fiorano Modenese, Cesenatico. Anzi mi fermo perché farei prima a scrivere: tutte le provincie dell’Emilia-Romagna con tutti i loro comuni, piccoli grandi. Comuni, con squadrette di calcio nelle serie minori o, come il Sassuolo, in serie A. Alla base, tra l’altro, un coacervo di “soggiorni obbligati” scelti, per decine di anni, senza un minimo di attenzione a come e a dove si immettevano, nella formaggiera, i sorci mafiosi. Questo come prologo. Poi, ovviamente, l’Intelligenza della criminalità e la politica partitica pronta a farsi tutt’uno con la feccia del Paese, ha fatto il resto. Voti, soldi, voti, puttane, voti, gioco, voti, usura, voti, droga, voti, lavanderie (San Marino per anni) di riciclo a disposizione dei più diversi ambienti, voti, calcio scommesse, voti, licenze edilizie, voti, export verso il mondo dell’est “criminale”, in particolare dopo la dissoluzione dell’URSS e voti. E qui mi fermo perché se no, come per i comuni, dovrei elencare ogni attività produttiva. Come quei nulla facenti feriaioli dei magistrati, da decenni denunciano, contrastando questo esercito dilagante senza mezzi adeguati ma, nella quasi totalità dei casi, con determinazione e coraggio personale; come non poche fonti giornalistiche locali denunciano da anni; come non poche organizzazioni della società civile denunciano, a decenni, inascoltate. Anzi smentite e sbeffeggiate dai vari Ottaviano Del Turco (uno dei tanti fulgidi esempi di come funziona il nostro paese per cui a garantire i cittadini si mettono i criminali) che, da Presidente della commissione parlamentare antimafia, dichiarò che la criminalità a Modena, a Parma, a Reggio Emilia non c’era e che i detrattori/denunciatori del contrario, dovevano smetterla di rompere i coglioni con queste esagerazioni. È una vita che chi prova a richiamare l’attenzione sulla genesi e l’evoluzione dei fenomeni complessi legati alla criminalità, in questo Paese di merda, viene a sua volta “criminalizzato” e isolato culturalmente e politicamente.
Vediamo se Leo Rugens, che raramente si sbaglia, “toppa o c’azzecca”. Vediamo a che punto sta l’Emilia Romagna solo in parte (sia pur con grandissimi meriti della magistratura inquirente) svelata nella sua vera natura di “bancomat” della criminalità. Espressione che compare nei verbali relativi gli arresti di queste ore ma che da oltre vent’anni è la realtà nota a tutte le persone che provano a non arrendersi ai Casalesi (“Gomorra ingrassa Modena” titolava, il 4 dicembre 2009, la Stampa a firma di Alberto Mattioli). Cinque anni da qull’articolo ben informato sono troppi per cadere dalle nuvole. L’11 giugno 2001 vengono condannati alla pena di 7 anni nell’ambito dell’operazione “Zeus”, casalesi a go-go (quelli di “Sandokan dell’epoca) sempre dalle parti di Modena. Ho scritto “dell’epoca” perché per risalire al 2001, ci vogliono 14 anni! Un po’ troppi per cadere dalle nuvole. O affermare che il fenomeno sia solo oggi radicato e drammaticamente diffuso. Ma lo sappiamo troppo bene, per i media, il problema è se Pizzarotti, sindaco di Parma, sia ortodosso o meno rispetto alle scelte del M5S. Il problema di questo Paese, ormai è chiaro a tutti, sono Grillo, Di Maio, Casaleggio, Di Battista e non che la criminalità, se non viene contrastata, riesce a comprarsi perfino l’autista del Questore di Reggio Emilia.
Rimane, parafrasando la parafrasi di Alberto Statera, a sua volta parafrasante Cancogni e Benedetti (22 gennaio 1956 articolo dell’Espresso settimanale, non è solo “Capitale corrotta = Nazione infetta” (che pure lo sono) ma, “Provincia corrotta = Nazione infetta“. E, giustamente, in un tale dilagare di criminalità sapiente e strategica, la soluzione e cercare di fare riforme di quadro generale in accordo con il criminale Berlusconi Silvio e il suo partito, Forza Italia, organizzazione infarcita di piccoli e grandi gangster come, ancora una volta, la vicenda di queste ore prova.
Da Reggio Calabria a Reggio Emilia, passando per Imperia, è difficile, anzi impossibile, fare arresti senza catturare esponenti di Forza Italia. Ma anche, senza più margine d’errore, del Partito Democratico.
Il patto del Nazareno è tutto questo e… di più. Cari compatrioti, temo che stiate passivamente per assistere a dove vi porterà l’ambizione smodata dello spregiudicato arrivista ragazzotto toscano a cui state, però e vigliaccamente, consentendo di tutto, compresa l’elezione del Capo dello Stato, Comandante Supremo, fino a prova contraria, delle Forze Armate. Così come il Presidente del Consiglio è il vero capo dei Servizi segreti. Ad oggi si delinea, intorno al Quirinale, la nascita e la proliferazione di una vera e propria mandria di “ircocervi“, animali favolosi un po’ capre e un po’ cervi.
Mancano poche ore all’inizio delle votazioni per l’elezione del Capo dello Stato e sembra che al branco degli ircocervi nessun cacciatore si sappia contrapporre.
Nella nostra semplicità, come vi abbiamo fatto intendere, marginali ed ininfluenti quali siamo, abbiamo intenzione, sempre di più, di andare a rileggere tutto quanto, negli ultimi dieci anni, è successo, ad esempio, a Parma e questo lo faremo perché, come abbiamo detto, non solo siamo di parte ma siamo anche vendicativi. Come sempre di più si accorgerà e capirà, l’ing. Cristiano Costanzo, figura di raccordo scaltramente chiamato, a suo tempo, a prestare l’opera professionale, in trasferta, proprio presso il Comune di Parma, dopo che “si era fatto le ossa” con la Giunta Storace alla Regione Lazio.
Il Costanzo, se ben ricordiamo, fu cooptato a Parma, quale tecnico, proprio dagli esponenti di quella partitocrazia criminale tutt’uno con l’appropriazione indebita, il malaffare edilizio e urbanistico. Gente avida, spinta dalla propria ambizione, sempre alla fine, utile idiota delle mafie. A Parma, tutto questo groviglio fascista/pseudo massonico si manifestò con quel capolavoro che fu la Giunta Vignali. Poi, arriva Pizzarotti e il M5S.
Voi, quattro lettori e amici cari, meditate.
Noi, vediamo se ci azzecchiamo anche questa volta.
Oreste Grani/Leo Rugens