L’interista Sergio Mattarella è il nuovo Presidente della Repubblica
Comunque l’abbiamo scampata bella! Un negromante (astrologo truffatore – come ci insegna l’Ariosto in una sua bella commedia – cultore della comunicazione con gli spiriti e della divinazione tramite i cadaveri) quale si dichiarava essere Romano Prodi chissà dove ci avrebbe portato? Siamo già mezzi morti, come cittadini e come Paese, ci mancava uno capace di parlare con l’aldilà e di spacciarsi per indovino “assistito” dalle anime in pena. Altrettanto fortunati ad aver scampato un Giuliano Amato che avrebbe trasformato l’Italia in “Topolonia” dopo, povera nostra patria, era stata, sotto il berlusconismo, la Repubblica delle Tope. Un (Prodi), due (Amato), tre (Berlusconi): fante, cavallo e re. Filotto! Se solo fosse questo il risultato di una parentesi renziana, devo ammettere che, nonostante i pericoli insiti nel progetto internazionale che è sotto inteso a questo repulisti, ci si potrebbe comunque accontentare. È un momento di piacere, fugace e superficiale, ma lo è. Viceversa, se Prodi fosse divenuto Presidente, avrei dovuto onorare il libro che – quasi dieci anni addietro – ho editato dedicato ai romantici suicidi di Gide, Mishima, Genet.
Parimenti, mi sarei dovuto lasciare morire se, Capo dello Stato, fosse divenuto Giuliano Amato, esempio vivente di quanto la Zucchet Spa, non facesse – fino in fondo – il suo dovere quando, a caro prezzo, effettuava la derattizzazione delle nostre città.
La fine patetica di Berlusconi e di Forza Italia, consentono di ipotizzare che un giorno (sia pur lontano) la parola “Italia” potrà tornare ad essere di libero utilizzo senza provarne imbarazzo nel pronunciarla. Così come l’incitamento “forza”. Quell’impomatato, operato ovunque e dedito alle “trasfusioni rigeneranti”, ladro di denaro e di verità, ci ha, tra l’altro, rubato l’Italia, il Tricolore, il Calcio, l’Affetto per i cani, la ricerca della Forza, la visione rilassata della Televisione, l’Amore per le donne. Da quando lui e i suoi accoliti (maschi e femmine) avevano cominciato ad imporre, con la manipolazione della opinione pubblica, la loro visione del mondo, ogni riferimento a queste sfere della sensibilità umana e della quotidianità, ci era stato scoraggiato se non di fatto reso impossibile.
Dopo l’avvento di Dudù, non ho più guardato con affetto un cane! Dopo Denis Verdini e Alessandro Nannini, complice (ora si può dire) Giuliano Amato, sono arrivato ad odiare Siena che, viceversa, avevo sempre e senza condizione alcuna, perdutamente amato.
25 anni fa, ho editato un opera – in 8 volumi – dedicati alla Storia della Nazionale di Calcio (Azzurri 1990) ma, da quando quello stupratore del “gioco più bello del mondo”, c’aveva messo le mani sopra, avvelenando tutto con i suoi elicotteri e gli ingaggi “aggiotanti” il mercato, non sono più entrato in uno Stadio.
Sono cresciuto con l’Italia e il Tricolore nel cuore e nella mente ma, da quando il piazzista/canterino li aveva sequestrati, ho avuto pudore ad evocare qualunque forma di “patriottismo” per tema di essere confuso con lui e con i suoi. Mio padre amava le canzoni napoletane ed io con lui ma, da quando il lombardo pretendeva di esibirsi novello Murolo, mi infastidivano perfino le melodie partenopee con cui ero stato allevato. Che dire delle donne che, sin da giovanissimo, ho amato ma odiando, al tempo stesso, le barzellette sulle donne e gli uomini che le raccontavano. Per venti anni ho dovuto ascoltare quel senz’anima raccontare barzellette e cazzate; cazzate e barzellette. Renzi (grazie, a ciò che è) non poteva non tradire Berlusconi, preparandosi a buttarlo via, al momento opportuno, come uno straccio consunto. Viva la doppiezza di Renzi e la mancanza di parola, soprattutto tra “gaglioffi”. Anche perché il “caimano” ferito a morte potrebbe con un ultimo guizzo vitale, addentare una coscia del traditore e farlo morire dissanguato mentre lui stesso esala l’ultimo respiro. Un’ora me la voglio concedere di sogno e di complicità con il pugnalatore. Che potrebbe, a sua volta, essere “rottamato” dalla morsa del coccodrillo.
Niente Prodi, come noi e Valentina Nappi auspicavamo.
Niente Giuliano Amato, come noi, Valentina Nappi e quasi tutti gli Italiani desideravano.
Niente Silvio Berlusconi come noi, Valentina Nappi e tutti gli interisti d’Italia fortissimamente volevamo.
Ci prendiamo, come Capo dello Stato, l’ex ministro della Difesa, riorganizzatore delle Forze Armate e della Benemerita, esperto giurista, Sergio Mattarella, interista.
Il riferimento alla fede calcistica (non la mia che, avendo vissuto a Genova per sette anni, se ancora dovesse esistere come passione, sarebbe sampdoriana) è voluto, in fine di questa convulsa vicenda para-politica.
Non rimuovete, infatti, che Sergio Mattarella è “interista” e, in quanto tale, si presume, onesto, trasparente, determinato avversario di Berlusconi e del berlusconismo milanista e (qui sarebbe la lieta sorpresa) anche di qualunque forma di “fiorentinismo renzista”. Più che a quanto ha saputo voluto fare quale giurista e politico, guarderei (vigilando) a Sergio Mattarella, “presidente tifoso”, sperandolo nemico sia della calciocrazia che della partitocrazia.
Comunque, per ora, onore al traditore Renzi: fante, cavallo e re. Filotto e, tutti e tre, per terra.
A quando, Angelino Alfano?
Oreste Grani/Leo Rugens