Papa Francesco, provi, nel nome di Ipazia, martire alessandrina, a lanciare un giornata mondiale di digiuno per la Pace nel Mediterraneo e in Egitto in particolare
30 novembre 2017.
Il 3 febbraio 2015 postavo l’articoletto velleitario che trovate di seguito, indirizzato, all’epoca, a Papa Francesco. Per questo velleitario: il Papa ha altro da fare che leggermi. “Velleitario”, non nei contenuti, però, soprattutto alla luce di quanto, ancora una volta, è accaduto in Egitto, dove 305 persone sono state massacrate in un luogo di culto e, dopo sole 48 ore, nessuno ne parlava più.
Sento di non aver sbagliato con quel mio ingenuo appello.
L’invocazione del nome di Ipazia non sarà sufficiente ma sarebbe onesto farlo risuonare in tutto il Mediterraneo.
Oreste Grani.
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Sono le 15:30 del 13 febbraio e arriva l’ordine dalla Farnesina: via a gambe levate dalla Libia!
Non me la sento di richiamare tutte le volte che abbiamo detto come sarebbe andata a finire.
Il Califfo Abu Bakr Al Baghdadi è arrivato di già a Sirte, nel senso che i suoi fedeli hanno occupato la televisione e le radio locali e stanno trasmettendo un suo discorso trionfalistico. Ora dovremo ascoltare quel ducetto di Renzi che pretende di tenerrci lezioni di geopolitica.Tra il Capo dell’ISIS e il “bullo” (come lo ha chiamato oggi Renato Brunetta ) rischiamo di uscire di senno. Ma Dio, se esisti, vuoi farti avanti e come prova della Tua esistenza rendi muto, cieco e sordo (sia pur a tempo determinato) questo squinternato arrogante. Non si rende conto che storpia la frase fascista, “noi tireremo dritto” senza essere Benito Mussolini. E soprattutto rimuovendo il ricordo che quelle frasi portano male e dritto sì, ma a Piazzale Loreto.
La situazione è gravissima e ci siamo arrivati con un ragazzetto filodiretto da un guerrafondaio esperto quale è Michael Ledeen.
Che Iddio (che in un frangente come questo mi auguro che esista) ci soccorra. E se non basta Lui, chiedesse aiuto alla Madonna di Loreto che è la protettrice dell’Aviazione Militare.
Oreste Grani/Leo Rugens
138 condanne a morte richieste, ieri, da un tribunale al Cairo. Nella terra di Ipazia, 1.600 anni dopo la sua scarnificazione da viva (marzo del 415 d.c.), scorre ancora sangue per motivi religiosi, etnici, culturali. Non è un caso che proprio ad Alessandria, dove alla pacifica filosofa Ipazia, per ordine del vescovo cristiano Cirillo, 1600 anni fa, furono cavati, ancora viva, gli occhi, si siano innescate, negli anni, violenze di natura tanto feroce e attuate con modalità tanto dissacranti da non consentire nessuna forma di perdono o un qualche dialogo capace di mettere pace tra le fazioni in lotta. Ipazia va ricordato fu vittima del fondamentalismo religioso che vedeva in lei una nemica del cristianesimo, forse anche per la sua amicizia, con il prefetto romano Oreste che era a sua volta nemico politico di Cirillo, vescovo di Alessandria. Questioni da sempre irrisolte fra Stato e Chiesa. Malgrado si sapesse – nel mondo colto dell’epoca – che Ipazia era amica anche con Sinesio, vescovo cristiano di Tolemaide, che stimandola e rispettandola seguiva le sue lezioni, i “fondamentalisti cristiani” temevano che la sua filosofia neoplatonica e la sua libertà di pensiero avessero un’influenza negativa sulla comunità cristiana di Alessandria.
Modelli di potere già visti ed ancora in uso. La terra egizia, bagnata e maledetta dal sangue di Ipazia, trucidata innocente per volontà di Cirillo, da quella stagione di violenze contro i pagani e gli ebrei, non si è più ripresa.

Shaimaa al-Sabbagh, 34 anni, attivista politica del Partito dell’Alleanza popolare socialista egiziana, uccisa al Cairo durante la manifestazione … l’ennesima Ipazia
I cristiani vollero lo strazio della vergine scienziata, appellata filosofa con il significato che ai quei tempi si dava alla parola e, da quel momento in poi è stato solo un susseguirsi di sopraffazioni di uomini su uomini, aggravatesi con l’irrompere, duecento anni dopo la morte di Ipazia, della figura di Maometto e della aggressiva religione islamica. Dalla morte ottenuta con strazio delle carni della custode della Biblioteca alessandrina, quella terra non ha avuto più pace. Forse, è arrivato il tempo per la Chiesa cristiana di Roma e per Papa Francesco, a suo nome, di chiedere perdono di un tale drammatico e inutile atto. Come da anni suggeriamo.
Chiedere perdono per l’assassinio di quella vergine innocente di tutto, oggi non rivendicata come “santa” da nessuna chiesa, donna colpevole solo di amare e volere la Pace e la convivenza tra gli uomini, liberi e rispettati nella loro diversità, potrebbe essere un rito propiziatorio e taumaturgico per lo “scoppio” della pacificazione inutilmente per secoli invocata. A chiacchiere! Cominciamo, viceversa, da qualche parte: Santo Padre, Ipazia non è di nessuno e non è ricordata se non da alcuni (pochi milioni nel bacino mediterraneo) cultori del valore della libertà e del primato della cultura come elemento di pacificazione tra popoli da troppi anni costretti – da sfruttatori spietati – a guerre senza quartiere.
Ipazia è stata – oggettivamente e ingiustamente – soppressa perché non continuasse la sua opera di dialogo tra ebrei, cristiani e pagani.
Papa Francesco, parta, sorprendendo il mondo, per invocare la Pace, dal nome di Ipazia alessandrina. Lei che può farlo, lo faccia. Tenga conto che tutti i rabbini delle comunità ebraiche mediterranee sanno chi sia Ipazia. Tenga conto che non credo ci possa essere un mussulmano colto che non sappia chi sia Ipazia. Per miracolo, come ha saputo scuotere i potenti della terra, fermandoli alla vigilia dell’allargamento della guerra siriana, potremmo assistere ad una inversione di tendenza del bagno di sangue mediterraneo. Quel giorno, io laico, custode della memoria di Ipazia alessandrina, digiunai con Lei. E con noi milioni di persone. E il miracolo avvenne. Oggi stiamo tutti male ma se Lei non fermava quell’ennesima aggressione, staremmo ancora peggio. Ci provi, o sarà troppo tardi.

Papa Francesco prega per la Siria: 100mila cristiani, mussulmani, ebrei, pagani in piazza per la veglia e il digiuno
Lei che è così onesto intellettualmente, eventualmente le fosse sconosciuto quel lontano episodio, si informi sulla figura di Ipazia e sull’operato riprovevole di Cirillo. Poi, provi ad agire. Milioni di donne e di uomini la seguiranno, aspettando, con fiducia, il miracolo. Tentare comunque, non può essere disdicevole. Ne per lei ne per noi che ci ispiriamo, pochi e malconci, dopo 1.600 anni, all’insegnamento di Ipazia martire. Amica inerme del ragionamento e della cultura come alimento dell’anima. Anima che esiste anche per i pagani che non sono certamente materialisti o atei.
Oreste Grani, amico e custode di Ipazia alessandrina.
L’ha ribloggato su Leo Rugense ha commentato:
Ci siamo! Ora sono ad un tiro di schioppo!
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