Perché gli USA non dichiarano guerra (non a chiacchiere) al narcotraffico messicano?

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Premessa.

Nell’autunno del 2001, gli Stati Uniti d’America sono rimasti sconvolti dalla distruzione del World Trade Center e dall’attacco al Pentagono (di cui si parla sempre di meno) costati quasi 3.000 vittime. Da quel giorno, sul suolo americano (escludo le ambasciate e le basi all’estero), gli episodi in cui degli americani hanno perso la vita per atti terroristici, tendono a zero e la lotta al terrorismo, come è giusto che sia, prosegue con investimenti importanti e massima allerta h 24. Questo avviene da quasi quattordici anni con una spese fantasmagoriche.

Stime prudenti calcolano che – in questi stessi anni – la droga, nel territorio statunitense, abbia distrutto un numero di vite quindici volte superiore (45.000!) a quello delle vittime del “11 settembre”. Moltissimi (quasi per la metà) per prodotti “narcotrafficati” da messicani.

Passiamo al post odierno.

Qualcuno in Mexico, da mesi, ha scoperto che questo marginale e ininfluente blog italiano scrive di narcotraffico e della pericolosità che gli USA si tengano, ai confini, uno stato “incanaglito” dal cambiamento culturale socio-economico che comporta far girare, in una condizione di semi-legalità, capitali così ingenti come solo il mercato della droga (e delle armi) generano. Qualcuno, in Mexico, deve aver scoperto il nostro desiderio segreto che prima o poi spunti un Presidente degli USA capace di incaricare un Paul Devereaux, il Cobra e un Calvin Dexter, the tunnel rat (personaggi dovuti alla fantasia di Frederick Forsyth) di guidare l’unica spedizione militare che sogniamo cioè quella che si spinga  fina alla punta estrema  dello…e non lasci vivo un solo narcos. All’andata e al ritorno. Come dico ogni volta che dico cose sanguinarie, connotate dai necessari comportamenti “illeciti”, il sogno è un momento strategico, ma non impegna legalmente. Per cui, in sede onirica, ho diritto a fare e dire ciò che voglio.

In Mexico, la droga e la destabilizzazione economica che si portano dietro, generano un tasso di violenza (decapitazioni, taglio delle lingue e delle mani, altre amputazioni che sarebbe più giusto chiamare evirazioni) da far impallidire l’ISIS e le sue “quattro sconcezze” (si par dire) filmate e diffuse. (NON SI MUORE BRUCIATI VIVI SOLO NEL CALIFFATO DEL MOSTRO ABU BAKR AL-BAGHDADI)

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Dedico, perciò, a questo “lettore messicano” (più di uno), due considerazioni/definizioni messe a punto (si riferiscono ovviamente a tutt’altre situazioni storiche e politiche) da Franco De Felice (la prima) e da Paolo Cucchiarelli e Aldo Giannuli (la seconda) ma che, a mio giudizio, si adattano perfettamente a quanto continua ad accadere in Messico dove – ormai – a qualcuno conviene che esista un “doppio stato”. Deve essere così, altrimenti, Obama, invece di riandare a cercare rogne in Iraq, potrebbe “facilmente” invadere il Messico e chiudere la partita con tanto orrore. Riteniamo, invece, che lo stiano spingendo ad andare, nuovamente, a prendere farfalle che svolazzano tra il Tigri e l’Eufrate. Direte voi ma se gli USA invadono il Mexico a cacci di narcos, poi, a quei “super attivi fraciconi/gaudenti” di statunitensi, le droghe chi gliele produce/traffica/spaccia? Anche voi avete ragione ma mi sembrava, quando sento parlare di interventi militari giustificati – tra l’altro – da ragazzi bruciati (forse vivi), fossero ragazzi bruciati vivi, “ovunque”. Interventi militari perché nessuno venga evirato da vivo, in Iraq come in Mexico! Così come per le decapitazioni non bisogna fare ingiustizie. Sembrano uguali (sempre decollati si finisce) ma queste atrocità, qualcuno, nel caso del Mexico, le mette in atto a pochi chilometri dalla propria frontiera.

EL SAUZAL MASSACRE

Veniamo alle definizioni.

Il doppio Stato – dice Franco De Felice – non è identificabile in un luogo determinato né tanto meno può configurarsi come una struttura dormiente e segreta da attivare a seconda delle necessità. E’ un farsi e può avere sedi privilegiate nei servizi (aggiungiamo noi, nella varie “polizie” ndr) ma non esaustive e la sua estensione e articolazione è tanto maggiore quanto più profonda è la crisi della funzione dirigente. La forma concreta, le modalità di operare e l’incidenza del doppio Stato sono storicamente determinate e come tali vanno analizzate“.

Questo è quanto è stata, per trent’anni, in modo sotterraneo, la struttura di potere in Mexico e ora, questo doppio Stato, si prepara a diventare lo Stato, cambiando pelle. Dicono – sempre riferendosi ad altra realtà (ritengo giustamente che pensassero all’Italia) – Cucchiarelli e Gianulli nel loro libro ” Lo Stato Parallelo” – Gamberetti editore Roma 1997:

Si dà Stato duale quando una parte di élite istituzionali, a fini di conservazione, si costituisce in potere occulto, dotato di un proprio principio di legittimazione – estraneo e contrapposto a quello della Costituzione formale – per condizionare stabilmente il sistema politico attraverso metodi illegali, senza giungere al sovvertimento dell’ordine formale che conserva una parte della propria efficacia“.

Questo era quanto aleggiava in Mexico fino a pochi mesi addietro. Ora – a mio modesto avviso – la maschera è gettata e abbiamo il paradosso che un Paese di 1.972.550 km (con circa 120 milioni di abitanti), confinante con gli USA, è tutto ormai in mano alla criminalità. Come fossimo, in Guinea Bissau, in Africa, dall’altra parte del Mondo.

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Ciao, ciao lettori messicani! Non vi invidio!

Oreste Grani/Leo Rugens

P.S.

Caro lettori messicani, se siete amici della Verità, potreste approfondire i profili e le eventuali posizioni politiche/culturali (in particolare su questo tema dei “narcos al potere”) di due vostri compatrioti, per vedere se sanno spiegare cosa stia succedendo in Mexico, loro che sono “fratelli di Henry Kissinger, in quanto – a noi marginali e disinformati animatori di questo blog – risultano associati nella Ur-Lodge massonica “Three Eyes“? Cioè una delle più potenti consorterie del Mondo.

I messicani della cui eventuale indifferenza a tanto scempio siamo curiosi, sono i signori Jaime Serra Puche, economista e il diplomatico, prestato alla politica, José Angel Gurria.

Dall’Italia (possiamo quindi sbagliarci) riteniamo che mai si sarebbe potuta verificare – in Mexico – una situazione dove vengono decapitati e bruciati cittadini che casualmente assistono ad uno scambio di merci illegali, se non ci fosse la copertura o l’indifferenza complice, di alcuni ambienti. Anche statunitensi.

Non vogliamo quindi alludere a una qualche connivenza con i narcotrafficanti dei cittadini citati ma solo ad una eventuale non energica azione perché tutto questo finisca. Se uno è fratello in loggia con uno come Henry Kissinger ci si aspetta che per il proprio paese riesca a fare qualcosa. Tutto qui. Se invece i due signori citati stanno relazionandosi con il potere statunitense per scatenare l’inferno contro i “tagliatori di teste messicani” (da non confondersi con quelli islamici), ci scusiamo, pronti a pubblicare smentite.