Si gira l’ennesimo James Bond e i miei ricordi vanno a Sean Connery e a Guglielmo da Baskerville, lui sì un vero 007

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Se un giorno dovesse vedere la luce la Fondazione Guglielmo da Baskerville mi sembra doveroso, sin da ora, dare spiegazioni di perché scelsi (prima che qualcuno spunti e mi racconti il perché di quella scelta o peggio rivendicandola a se come ogni giorno mi succede con cose che sono state da me ideate), nei primi mesi del lontano 2000, di dedicarla al monaco investigatore protagonista del romanzo “In nome della rosa”, importante opera di Umberto Eco.

Vi ho detto, in altri post di questo blog, che la società Kami Fabbrica di Idee, a suo tempo, vide la luce, nel 1998, per incubare non pochi dei progetti che ancora oggi hanno un significato e un valore strategico nel campo della riflessione culturale denominata da noi, per primi in Italia, “intelligence culturale”. Vi ho aggiunto (mi sembra) che, per campare, la società, lavorò, tra l’altro, a non pochi (in realtà, moltissimi e mal pagati) progetti editoriali della allora esistente Elle U Multimedia, quando a dirigerla c’era Marco Ledda e l’abbinamento editoriale era con l’Unità di Peppino Caldarola.

In particolare, Ariela Parracciani, coordinava, per Kami, grafica ed impaginazione di tutta la produzione distribuita dall’Unità, all’epoca ancora organo ufficiale del PCI. Se ben ricordo, le collane erano dirette da Alessandro Spinaci e spesso Parracciani svolgeva la funzione della cover design di libri, dischi e i primi cd interattivi. Tra le altre, disegnò la copertina (che vi riproduco) di un testo dedicato a James Bond.

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Bene, in coda ad uno dei capitoli (Il cinema: cinque volti per James Bond), a pag.80, l’autore Fabio Giovannini, citava una fonte che, leggendo il libro, mi attrasse: Leonetta Bentivoglio, “Guglielmo (da Baskerville ndr) sì che è un vero 007”, Panorama, 30 marzo 1986. Tutto qui. Da quel momento decisi che se doveva nascere una fondazione per studiare le metodologie di investigazione e per la formazione di strutture che presiedano alla sicurezza nello stato democratico, l’avrei dedicata al personaggio ideato da Umberto Eco e “stimato” da James Bond (Sean Connery) in persona. Punto. Pubblico, a imperitura memoria (scherzo!), la pagina del libro in causa per confermare lo stile di Leo Rugens che consiste nel fornire sempre prove documentali delle affermazioni che si fanno.

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Come ho scritto nel post che trovate di seguito riprodotto, devo moltissimo ad Ariel(a) e oggi voglio che sia il suo “8 marzo”. Con l’augurio di resistere – per tanti anni – ancora felici insieme.

Orestino Granetto


LEO RUGENS (ORESTE GRANI): IPAZIA, L’8 MARZO E LE DOVEROSE SCUSE ALLA DONNA A CUI DEVO TUTTO

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8 marzo si, 8 marzo, no! Per uno che, sin dai primi anni novanta, ha scoperto la figura di Ipazia e che alla divulgazione di quella esemplare figura storica ha dedicato parte della propria vita, rimane quasi fastidioso assistere al rito del “8 marzo”. È veramente problematico, ad ogni ricorrere della data, decidere se lasciare perdere o partecipare al rito ipocrita e scontato di chi oggi ci vuol far credere, di aver a cuore la condizione di subalternità a cui, donne e uomini, da troppo tempo, condannano la donna. Tenete conto che a seguito di una difficile ricostruzione per individuare in quale data (il giorno preciso) Ipazia  fosse stata scarnificata viva ad Alessandria nel 415, si è arrivati alla conclusione che fosse proprio l’8 di marzo il giorno del massacro. Sicuramente era marzo; forse, l’8.

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Una delle “cose”  (tra le tantissime) che, ancora, non mi sono riuscite è proprio quella di abbinare, nel ricordo di tutte le donne mediterranee, questa data con quella dell’esecuzione tragica della filosofa, matematica, astronoma, direttrice della Biblioteca di Alessandria. Così, dopo un po’ di conflitto, ho deciso di compiere un gesto di partecipazione alla “ricorrenza”, dedicandolo però, non a Ipazia, ma alla mia fedele, onesta e bellissima compagna che, incontrandomi e decidendo di amarmi e accudirmi, ha sacrificato parte del suo talento artistico al mio progetto professionale rivelatosi, nel tempo, sicuramente, “troppo” maschile. Pubblico solo alcuni esempi di quanto Ariela ha saputo creare perché, l’amica rete, le restituisca, in questa giornata genericamente dedicata alla donna, ciò che le spetta, con le mie scuse sincere, tutt’uno con una sconfinata stima e un amore come mai mi era stato concesso di provare. Anche questo slancio affettivo e questo aver sentito forti emozioni, è stato, tra noi, soprattutto merito suo.    (http://arielagallery.wordpress.com/)

Oreste Grani

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