La disfida tra la Focaccia pugliese e i panini McDonald’s. A Milano, a tagliare il nastro, dovevano essere chiamati i panettieri Di Gesù
L’Expo Universale di Milano – 2015, tranne quanto ci ha fatto già vedere in termini di scandali e ladrocini, mi potrebbe piacere come luogo orgiastico-culinario espressione di tutte le diverse civiltà a tavola. Avrei preferito (anzi il fatto mi turba il sonno) che non fossero stati scelti, come padrino e come madrina della manifestazione, McDonald’s e Coca-Cola.
Mi avrebbe fatto piacere, viceversa, che si fosse trovato il coraggio di aprire la kermesse con un omaggio ad Ancel Keys, il biologo e fisiologo americano che si fece portavoce nel secondo dopo guerra di quel pensiero alimentare che poi passò alla storia come “dieta mediterranea“. Keys non solo fu il teorico del valore del nostro modo di alimentarci ma si trasferì lui stesso nel Salento e visse, a prova di quanto sosteneva, fino a cento anni. Nonostante le evidenze dei benefici effetti di questo regime alimentare, in buona parte condiviso dai Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, la globalizzazione e l’americanizzazione hanno imposto l’era dei fast food e degli hamburger.
Contro questo tipo di messaggio (violento e invasivo), in difesa dei valori culturali e identitari della nostra tradizione, dovevamo, dal momento che toccava a noi l’Expo, trovare una soluzione che non fosse prostrarci al re e alla regina di tutti gli obesi del mondo. Sarebbe bastato riesumare, per l’inaugurazione, invece della scontata esibizione di Boccelli, la proiezione del film “Focaccia Blues” che nel 2009 seppe immortalare la bontà della focaccia di Altamura abbinandolo al gusto della denuncia. Il film, per chi non lo sapesse, è la storia di un duello, consumato nella cittadina di Altamura, all’ombra del gotico federiciano (scrisse così in una colta recensione del film l’accademica Donatella Lippi) del suo duomo, dalle forme cristalline, impreziosito dai decori raffinati di ascendenza orientale.
La trama della pellicola prende spunto da una storia vera che più vera non si può. Nel 2001 era stato inaugurato, in questa cittadina delle Murge, un primo fast food McDonald’s. Pochi mesi dopo, il panettiere Luca Di Gesù (si doveva chiamare lui a inaugurare l’EXPO 2015, al posto di Matteo Renzi), con il fratello Giuseppe, apriva poco lontano una piccola focacceria, dove preparava, secondo i crismi di quella legge non scritta che è il patrimonio della cucina italiana, la vera focaccia pugliese. Fantasticamente buona come – negli anni – ho imparato a mangiarla grazie alla madre del Gianluigi (il piccolino appena nato di cui vi ho scritto ieri) che è pugliese, anzi, per l’esattezza, autentica locorotondina (di Locorotondo!). Semplice e affascinante, la focaccia – dopo un anno – fece vincere il duello ai fratelli “sciovinisti” tanto che il fast food chiuse i battenti.
Da una parte, il panino di McDonald’s nel suo anonimato; dall’altra la succulenta focaccia pugliese, impreziosita dal rosso (quasi fossero dei rubini incastonati!) dei pomodorini, lucida del filo d’olio nobilmente versato sulla superficie, prima di infornarla, profumata di quell’origano che ruba e e conserva gli aromi di una terra generosa. Protagonisti del film sono gli stessi protagonisti della vicenda autentica che – non dovete rimuoverlo – fece scalpore in mezzo mondo. La focacceria schiacciò il gigante degli hamburger e se ne parlò a lungo in Italia, Francia e, soprattutto, negli USA. Alla fine, se ne fece un film per la regia di Nino Cirasola. Delizioso come la focaccia a cui era ispirato.
La pellicola si chiude con un contrasto musicale tra Renzo Arbore e Lino Banfi, in una sorta di lotta di campanile tra Foggia e Bari, tra un lampascione e un fungo carboncello. Ironia, ingenua satira, vivacità e orgoglio nazionale si uniscono in una miscela sapiente. Nulla di tutto ciò, per ora, è dato di vedere in una manifestazione che si è consegnata, dal primo giorno, alla Coca-Cola e ai panini di McDonald’s.
Oreste Grani/Leo Rugens