Cosa lega Vincenzo De Luca a Valentina Nappi? Nulla se non che la bella potrebbe averlo votato in Campania

scatole cinesi

Altri milioni di persone non sono andati a votare e – ovviamente – agli oligarchi della partitocrazia questo può fare solo che piacere. Tenete conto che il PD – come tutti ora scoprono – ha “perso” in questa ultima botta, oltre 2 milioni di voti che ingenuamente le venivano precedentemente affidati.

L’obiettivo di allontanare dalla competizione politica i cittadini pensanti è stato drammaticamente raggiunto. E gli appelli al voto che i cittadini consapevoli auto organizzati nel M5S lanciano, non riescono ad invertire la tendenza.

Per cui beccatevi questi paradossi: gente che rappresenta – a mala pena – il 2/3 % degli aventi diritto al voto (il Ministro dell’Interno Angelino Alfano, ad esempio), detiene, paradossalmente, il controllo dell’Ordine Pubblico e il Capo del Governo Matteo Renzi (mai votato da nessuno se non in Toscana, anni addietro) è Segretario di un partito (il PD) di cui si è impadronito con delle primarie a cui hanno partecipato quattro gatti e di cui lui è riuscito ad accaparrarsi una maggioranza fatta di due gatti e mezzo.

“Scatole cinesi” esattamente come nella finanza creativa, ambiente dove, quando vai a ritroso, trovi poco o niente o, peggio, direttamente il denaro della criminalità organizzata. Realtà bituminose che, se si guardano bene le storie di corruzione che continuamente esplodono, trovi dietro ai partiti a Roma come in ogni altra periferia infetta d’Italia.

Un giorno vedremo se mi sbaglio ad affermare che l’attuale Capo del Governo, scatola cinese dopo scatola cinese, fu appoggiato nelle primarie, in modo determinante, da quel Vincenzo De Luca che – in queste ore – è stato eletto, a sua volta, con i voti determinanti dei seguaci di Nicola Cosentino. Così come Buzzi e le Coop a roma hanno fatto votare alcuni e non altri. Il voto è inquinato in tutta la Penisola! A forza di situazioni “determinanti” alla fine si può anche apparire essere stati eletti dal 40,8% degli italiani. Invece, in quel momento (il maggio 2014), la sostanza era che solo il 20,4% degli aventi diritto al voto aveva delegato quelle mezze seghe alla Moretti e ora che hai, più o meno il 24% dei voti degli aventi diritto, in realtà parli a nome (se va bene) del 12% degli italiani. Se a questa percentuale togli i clientes, i corrotti e qualche rincoglionito distratto, la base popolare di Matteo Renzi tende a zero.Sicuramente è un piccolo prepotente senza legittimazione costituzionale. Ma non dico questo da populista da bar anche perché non vado per bar. La situazione è gravissima prioritariamente per questo. Inoltre, ogni atto giuridico non solo viene redatto con i piedi (basta vedere la produzione dei decreti che innescano continuamente ricorsi!) ma è senza formale legittimità avendo il vizio di fondo della minoranza che organizzatasi, si è fatta – artificosamente – maggioranza. Ma il “re” (si fa per dire!) è nudo e la rivolta delle coscienze è alle porte. La questione romana li sta per ghermire.

Tornando alla Campania, per chi non lo sapesse, Cosentino, non è un impresentabile ma – banalmente – è censito quale figura organica alla criminalità organizzata e come tale estromesso dalla politica “visibile” e non certo da Rosy Bindi ma dalla magistratura napoletana. Che cosa c’entra la Bindi? La signora toscana ha ben altre responsabilità di tipo politico e culturale ma non certamente quello di evidenziare che il “comitato elettorale” che si è organizzato intorno a De Luca è fortemente condizionato da ambienti inquietanti. In Campania non siamo noi a dire che De Luca è condizionato dai voti determinanti dei “cosentiniani”. Sono i cosentiniani, ex forza italioti, che se ne fanno vanto. Scatola cinese dopo scatola cinese, se si segue il percorso a ritroso, si troverà il nulla o, meglio, un potere tirannico! Altro che minaccia populista grillina. Sono a netto favore del M5S e come tale mi sento a posto e coerente con il dettame costituzionale. Viceversa, chi è per Alfano, Renzi, Zanda o Orfini che si deve sentire imbarazzato.

Alcuni mesi addietro abbiamo pubblicato, attribuendo il ragionamento ad una inesistente tesi di laurea redatta da Valentina Nappi, un brano sulla apatia dei cittadini che oggi ripostiamo:


VALENTINA NAPPI OVVERO COME LA DIMINUZIONE DELLA GOVERNABILITÀ DERIVI DALLA PERDITA DI LEGITTIMITÀ E DI AUTORITÀ DELLE ISTITUZIONI

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Gentile signorina Nappi, abbiamo provveduto, come le sarà facile verificare, a chiarire nella rete, contestualmente scusandoci con i nostri 4 lettori, il gioco provocatorio che avevamo costruito facendo riferimento al suo nome e alla sua intellettualità. Gioco che, come lei perentoriamente ci ha richiesto, abbiamo fatto cessare immediatamente. Rimane la simpatia per lei e per la sua evidente vivacità intellettuale. A prescindere dalla permalosità che non volevamo urtare.

Buon lavoro e buon divertimento a lei che, giovane e bella, se lo può permettere.

Nel richiedere ai nostri pochi (ma mai distratti) lettori, un segnale di attenzione alla notizia che, in esclusiva, abbiamo dato del ritrovamento della tesi di laurea della bella e “boccacciata” Valentina Nappi, ci aspettavamo (lo diciamo senza ipocrisie) un risposta affermativa ma mai potevamo immaginare un’ovazione come abbiamo ricevuto. Evidentemente, le fattezze della signora, fanno “alzare in piedi”, per approvazione, anche i morti. E, comunque, voi pochi ma intelligenti lettori, non sembrate, maschi o femmine che siate, certamente, “dei morti dormienti”. Non a caso, spesso, i nostri post finiscono con l’esortazione canora e politica,”nessun dorma”. Doverosamente e coerentemente, ci inoltriamo, quindi, sul terreno che amiamo di più (del vero, del falso e dell’autentico), lasciando, ancora una volta a voi, la soluzione dell’enigma se ci si trovi di fronte ad una disinformazione (voluta da Leo Rugens) o meno.

Il primo dei brani promessi relativi al tema “dell’apatia e della democrazia” che la Nappi ha inserito (sapientemente e seduttivamente), nella tesi di laurea sostenuta (la nostra fonte così ci informa), il 21 dicembre 2011, alle ore 9:00, presso l’Università La Sapienza di Roma, Facoltà di Scienze Politiche, è quello che segue, da leggere, con la dovuta attenzione e il nostro richiamo, ad alcune espressioni del tipo “…In pratica, la questione centrale é quella della governabilità”, “La diminuzione della governabilità deriva dalla perdita di legittimità e di autorità delle istituzioni”.

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Samuel Huntington inizia la sua relazione sulla crisi della democrazia negli Usa evidenziando come tra gli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta si sia raggiunta una situazione contraddittoria: il massimo di partecipazione politica e il minimo di partecipazione al voto. […] L’aumento della partecipazione fu la reazione alla concentrazione del potere nelle mani del potere esecutivo, in particolare del governo federale, a favore della riaffermazione del potere del parlamento e si sostanziò in una rinnovata spinta versol’ideale di uguaglianza e nella nascita di movimenti rivendicativi delle minoranze e delle donne. Un’altra contraddizione stava nel cosiddetto «squilibrio democratico», cioè nel fatto che il governo nello stesso tempo aumentava la sua attività, ma diminuiva la sua autorità. Due furono i fattori che, secondo il sociologo Usa, determinarono l’aumento dell’attività di governo: la corsa alla spesa militare e soprattutto la «svoltaassistenzialistica», che rappresenta la risposta alle domande collettive sorte sull’onda della spinta democratica degli anni Sessanta. L’aumento dell’attività governativa produce a sua volta l’aumento del deficit e del debito pubblici, l’inflazione, l’aumento della pressione fiscale e la crisi finanziaria. In sostanza, per Huntington, «la vitalità della democrazia negli anni Sessanta sollevò interrogativi sulla governabilità della democrazia negli anni Settanta. […] L’impulso della democrazia è di rendere il governo meno potente e più attivo, di accrescerne le funzioni e ridurne l’autorità». Del resto, la partecipazione produsse una maggiore ideologizzazione e soprattutto una perdita di fiducia non solo verso le istituzioni statali ma anche verso quelle non statali, come le grandi corporation, che perdono più consenso di tutte le altre istituzioni. Anzi, a differenza di altre epoche storiche, sono proprio i più attivi e partecipanti a nutrire maggiore sfiducia verso il governo. […] Dunque, rispetto a questa situazione, per Huntington la domanda da porsi non è più«chi governa?», ma «qualcuno governa?». In pratica la questione centrale è quella della governabilità, che Huntington definisce come dipendente «dal rapporto tra l’autorità delle sue istituzioni di governo e la forza delle sue istituzioni di opposizione». La diminuzione della governabilità deriva dalla perdita di legittimità e diautorità delle istituzioni. […] Huntington attribuisce parte della responsabilità ai mass media e soprattutto al rafforzamento del potere del parlamento. Di conseguenza, ritiene che vada potenziato il potere dell’esecutivo: «Se si vuole ripristinare l’equilibrio tra governo e opposizione, va rovesciata la tendenza al declino del potere presidenziale e va pure potenziata la capacità del governo di governare».

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Non male, per una semplice “gola profonda”. La corvina (per le chiome e il pube autenticamente neri!) Nappi, come vedete, ha fatto scelte culturali nette che non lasciano dubbi sulla sua intelligenza e comprensione di cosa oggi affligga la democrazia, in giro per il Mondo, in Usa, in Europa, e, massimamente, in Italia. Altro che culo, tette e bocca “pronta a tutto”! Comunque, buona lettura, senza porvi troppo il problema se la Valentina Nappi, laureanda o laureata, di cui scrive questo blog, sia proprio quella intervistata da Maria Latella e messa, da qualche mese, al centro del sofisticato dibattito voluto da MicroMega e dalla sua intelligente redazione.

Leo Rugens/Oreste Grani e la redazione tutta


Non male (in tutti i sensi) l’escamotage usato in quella occasione.

Il post, che fu costruito nella speranza che non venisse solo “guardato”, ad oggi ha avuto (e continua ad avere) migliaia di visitatori.

Nulla di casuale quindi come nella scontata elezione di Vincenzo De Luca che bisognerebbe almeno chiamare a smentire i “cosentiniani di ferro” che millantano il fatto che lo tengono, elettoralisticamente parlando, pe’ e palle. Così come sarebbe interessante sapere da De Luca se si conosce e si frequenta ancora con il vecchio militante del PCI, Alfredo Romeo, detto la Volpe di Posillipo.

A proposito, secondo voi, per chi ha votato Alfredo Romeo? C’è chi dice – malignamente – che il suo voto è andato disgiunto: un po’ di qua e un po’ di la. Tanto per non sbagliare.

Oreste Grani