L’ora del “se non ora quando” è scoccata! La partitocrazia è finita e chi provasse a difenderla sarà spazzato via
Diciamo questo perché ieri, fuori dall’Aula Giulio Cesare (quella del restauro truffaldino) si svolgevano prove generali furor di popolo di populisti grillini che si preparano a dare dei sonori calci nel sedere ad una intera classe di malandrini autospacciatisi per politici e amministratori. Ce ne andiamo apparentemente lontani.
Se uno si fosse letto – con più attenzione – le 983 pagine che, a quattro mani, Edoardo Montolli e Gioacchino Genchi, qualche anno addietro (era il 2009), hanno pubblicato con Aliberti Editore (Il Caso Genchi – Storia di un uomo in balia dello Stato), oggi, non si meraviglierebbe più di tanto di fronte ai groviglio putrescente e bituminoso quale appare la vicenda dei profughi in Sicilia che in questo momento, scoperta, comincia a travolgere la super coop (La Cascina) di Comunione e Liberazione. Ci sono centinaia di pagine che descrivono (grazie anche a prove documentali ineccepibili) come funziona l’intreccio tra CL (povero don Giussani!) e la criminalità.
Al Sud in particolare.
Mi dite, infatti, quale vi sembrano essere le differenze qualificanti il modus operandi di Antonio Saladino (il Capo di Comunione e Liberazione della Calabria) inquisito da quel cattivone di De Magistris e il trio Massimo Carminati, Luca Odevaine, Massimo Buzzi?
Veramente non si vuole provare a ricordare cosa fosse Il Sabato settimanale dell’area CL e come quell’altro cattivone di Antonio di Pietro l’11 ottobre 2000 (quasi 15 anni addietro!) rilasciasse una dichiarazione estremamente impegnativa che per i distratti e gli smemorati vi ripubblichiamo noi oggi? Veramente non vogliamo ricordare chi fosse Vittorio Sbardella (e quindi CL/Compagnia delle Opere/governissimo di malaffare e altre denominazioni per camuffare i comitati d’affari) andreiottiano/sbardelliano/falso democratico cristiano/certamente ospitante a Roma presso i suoi uffici di piazza Augusto Imperatore, i referenti (Gioia e Lima) “ammazzatissimi” della Mafia quella vera siciliana ?
La vicenda (complessa) riguarda il perché Alfio Marchini (quello che sorride sempre), Massimo D’Alema (quello che non sorride mai) fossero super preoccupati delle sorti del settimanale operativo di CL.
Strane storie intrecciate con i giornalisti ciellini nelle vesti di confezionatori di dossier utili a cercare di fermare “Mani pulite” o le sue possibili code velenose.
A leggere il vecchio articolo si rimane esterrefatti.
IL SENATORE SCRIVE A VELTRONI: FU LUI A FAR PUBBLICARE UN DOSSIER SUL «SABATO» CONTRO MANI PULITE? SMENTITE E QUERELE
Tangentopoli, duello Di Pietro-D’Alema
L’ex pm: mi dicono che voleva incastrarmi. La replica: accuse assurde, dovrà chiedere scusa
Il senatore scrive a Veltroni: fu lui a far pubblicare un dossier sul «Sabato» contro Mani Pulite? Smentite e querele Tangentopoli, duello Di Pietro-D’Alema L’ex pm: mi dicono che voleva incastrarmi. La replica: accuse assurde, dovrà chiedere scusa ROMA – Antonio Di Pietro tira fuori dall’arsenale le armi pesanti. L’obiettivo è lo stato maggiore dei Ds. E il colpo è pure violento: «Nel ’93 fu Massimo D’Alema a far pubblicare sul settimanale Il Sabato il “dossier” contro Mani Pulite…». Così il senatore, pur sempre eletto nel Mugello con i voti del centrosinistra, taglia i ponti con i Ds e, come a giustificare il tratto di strada percorso insieme, spiega di aver appreso tutti i particolari di quella vicenda solo ora.
LA «SOFFIATA» – A Di Pietro le informazioni sono arrivate da due dirigenti di Comunione e Liberazione, Marco Bucarelli e don Giacomo Tantardini: «Circa 12 giorni fa, proprio loro mi hanno riferito che nel ’93 Alfio Marchini, per conto di D’Alema, chiese la pubblicazione del “dossier” contro di me…». E per raccontare tutto questo, Di Pietro scrive direttamente a Veltroni: «Caro Walter… Ah, se queste cose le avessi sapute a tempo debito!», mette nero su bianco in una lettera che verrà pubblicata da «MicroMega». L’avanzata di Di Pietro, però, dura poco. Perché le persone tirate in ballo o lo rettificano (Bucarelli) o lo smentiscono in tutto o in parte (l’autore dell’inchiesta, Roberto Chiodi, e l’ex direttore del «Sabato», Alessandro Banfi) o annunciano querele (l’imprenditore Marchini). D’Alema parla di «ricostruzione sgradevole e ridicola». E aggiunge: «Questa è una vicenda dolorosa: e ora Di Pietro deve chiedermi scusa perché qui siamo nel campo della fantasia malata… Questa è roba che più si gira e più puzza».
IL DOSSIER – Il fatto certo è che nel ’93 il materiale messo insieme dal vicedirettore editoriale Roberto Chiodi viene pubblicato. Da quelle carte, emergono i nomi degli amici del pubblico ministero Antonio Di Pietro. E, elenca con pignoleria il settimanale, «trattamenti di favore» riservati ad alcuni inquisiti dell’ inchiesta «Mani Pulite». I personaggi sono quelli che poi hanno alimentato un vero tormentone giudiziario: Lucibello, D’Adamo, Prada, Rea, Radice Fossati. Insomma, il cuore del famoso «poker d’ assi» che finì nelle mani di Bettino Craxi.
DA D’ALEMA – Secondo Di Pietro, la richiesta di pubblicare il «dossier» di Chiodi entrò a far parte della trattativa per l’acquisto del settimanale «Il Sabato» da parte dell’imprenditore Alfio Marchini. Scrive il senatore a Veltroni: «Il primo approccio fu alla fine del ’92. Bucarelli, accompagnato dal direttore Banfi, va a parlare con D’Alema… L’incontro avviene nella sede del gruppo Pds di Montecitorio. C’era bisogno di 3-4 miliardi e D’Alema indicò subito Marchini precisando: “E’ un mio amico e l’operazione è come se la facessi io. Il partito non c’entra niente”». E ancora: «Marchini precisa che una delle clausole per entrare nell’affare è che Chiodi diventi capo della giudiziaria… E sarà proprio lui a portare il “dossier” già bello e confezionato».
LE SMENTITE – A questo punto, fioccano smentite e minacce di querela. L’ufficio stampa di Marchini: «E’ assolutamente falso che l’ingegner Marchini abbia parlato di tale dossier con l’onorevole D’Alema. Il dottor Chiodi agì correttamente e in piena autonomia, assumendosi pubblicamente la piena responsabilità di quanto scritto…». L’ex direttore Banfi: «Nessuno mi ha detto “lo devi pubblicare” anche se ritengo che la nuova proprietà sapesse cosa c’ era dentro quel dossier… Marchini, però, alla fine non entrò e il settimanale chiuse a settembre. Mi chiedo: se la pubblicazione di quel dossier fosse stata la condizione essenziale per il suo ingresso, perché dopo non è bastata?». Il giornalista Chiodi: «Non ho padrini, sono un cane sciolto. Io D’Alema non l’ho mai visto. Il dossier, Marchini, lo ha letto sul giornale al ritorno dal suo viaggio di nozze». Marco Bucarelli di Cl smentisce Di Pietro sui tempi: «Ne abbiamo parlato prima del referendum sul proporzionale». Ma poi gli dà ragione: «Io non parlai direttamente con Marchini anche perché a quei tempi ero agli arresti domiciliari per una vicenda da cui poi venni completamente scagionato. Però so di certo che Marchini insistette per la pubblicazione del dossier». E dopo una giornata così, il clima è pesante. Veltroni dice di essere «sorpreso ma anche molto irritato per questo attacco con cui Di Pietro si mette ad alimentare il circuito dei veleni». Ma poi tocca a D’Alema prendere il toro per le corna: «Mi si accusa di aver collaborato con Craxi, uno che avrebbe voluto vedermi in galera e che mi denunciò alla procura di Roma proprio mentre sferrava la campagna contro i magistrati… L’accusa di aver fatto predisporre un dossier contro la magistratura mi brucia… Di Pietro mi deve chiedere scusa». Ma lui, il grande accusatore, cerca di mantenere la posizione: «Quando D’Alema dice di essere sconcertato io rispondo: “Calma ragazzo, più sconcertato sono io”».
IL DOSSIER DEL ’93 LE AMICIZIE Il dossier pubblicato dal «Sabato» il 17 luglio 1993 elencava alcuni amici di Antonio Di Pietro coinvolti in vari modi nell’inchiesta Mani Pulite. C’erano gli avvocati Pezzotta e Lucibello, l’immobiliarista D’Adamo, il presidente dell’Atm milanese Prada, il funzionario della Digos Rea e il conte Radice Fossati. I FAVORITISMI Secondo il dossier, Di Pietro avrebbe riservato «trattamenti di favore» agli amici inquisiti Prada («Solo una notte a San Vittore») e Radice Fossati («Meno di una giornata in carcere»).
Martirano Dino
Perché in Italia i giornalisti non fanno mai fino in fondo il loro mestiere che sarebbe quello di raccontare all’opinione pubblica come stanno le cose e chi sono i cattivi?
I giornalisti, spesso, fanno il mestiere opposto e cioè quello dei mistificatori e dei “deviatori” dell’attenzione dei lettori.
Comunque, se capiamo ancora qualcosa, ricordando bene come implose il PSI milanese (e poi quello nazionale) dopo il tentativo di semplificare definendo un mariuolo (un piccolo ladro!) Mario Chiesa arrestato all’Albergo Trivulzio, riteniamo che il k.o. per il PD sia imminente.
Da questo momento, saggiamente, sforziamoci di immaginare il dopo di questa “dittatura partitocratica” perché come l’abbiamo conosciuta essa sta per crollare, a furor di popolo.
Non ho chiaro cosa accadrà nei prossimi anni ma è certo che l’ora del “se non ora quando“, è scoccata.
Oreste Grani/Leo Rugens
P.S.
Come mi sento ben rappresentato dai giovani cittadini organizzati nel M5S e mai visti così incazzati come quelli che ieri sulla Piazza michelangiolesca del Campidoglio circondavano l’Aula consiliare ormai residuo simulacro della Democrazia.