I furbetti della tastiera devono pagare caro il loro vizio di spiare una tetta dal buco della serratura

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I curiosi non mollano: in troppi siete arrivati (e continuate ad arrivare) al nostro sito sulle tracce di Corrado Lanino perché non ci si debba impegnare in qualche ulteriore deduzione investigativa. Ve lo dobbiamo. Se il mondo rappresentato dalle realtà professionali/imprenditoriali alla Hacking Team richiama l’attenzione di chi si interessa di sicurezza nazionale è giusto e doveroso allarmarsi su le frequentazioni di Corrado Lanino non solo in termini assoluti ma soprattuto per l’accoppiata che ha formato con la foltocapigliata Chaoqui. Guai a sottovalutare la mentalità di questi operatori del mondo informatico che si sono per troppo tempo sentiti Dio. Riferimento non casuale visto la materia oggetto dei comportamenti ora finalmente attenzionati. Soprattutto se questi ragazzotti sono arrivati al settore più delicato della convivenza civile (tutto ormai lascia ombre e tracce elettroniche) senza una cultura giuridica e un senso dello Stato e degli interessi superiori. Quando li guardi più da vicino, il 99,82 % di questi furbacchioni della tastiera, in realtà si fanno, con le informazioni che carpiscono, i cazzi propri o quelli del loro padrone di tutto. Sono quindi non protagonisti di una guerra cibernetica come da esaltati vorrebbero ma quasi sempre, in quelle percentuali che ho indicato, dei sorcetti roditori di cavi coassiali e di fibre ottiche da cui rubano un po’ di formaggio e con esso qualche informazione. A vedere i comportamenti leggeri (che si tratti dei super paraculi dell’HT o piuttosto del fidanzatino della “papessa” la musica non cambia) i dati elettronici, per loro natura, devono essere degli allucinogeni perché spesso (quasi sempre) il mondo dei rattini norvegesi dediti a queste attività di saccheggio assume degli atteggiamenti da esaltati imprudenti che si sentono, evidentemente, onnipotenti perché hanno spiato una tetta dal buco della serratura.

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Da troppi anni l’osmosi tra mascalzoni, agenti al servizio di paesi terzi, servitori dello Stato sleali, assatanati di soldi o inebriati di quello pseudo-potere che sapere le cose da ai deboli, inquina in modo non più tollerabile i territori limitrofi al cuore dello Repubblica.  Ma come, abbiamo giustamente agito con fermezza per fermare e inibire i violenti organizzatisi nelle Brigate Rosse che dichiaravano di voler portare l’attacco al cuore dello Stato e non spacchiamo il culo a questi ladri di verità e di informazioni che dovrebbero essere esclusiva pertinenza delle istituzioni preposte?

In questa nostra sofferta e ad oggi sgarrupata Repubblica  per fermare le proteste sia pur attuate con forme eccessive e quindi illecite siamo arrivati ad avere una legge vigente che chiamavamo “Legge Reale” e che consentiva una carcerazione preventiva fino a 11 anni e a questi parassiti del mondo binario non sappiamo fargli passare il vizietto? Eppure come nel caso dei terroristi più violenti si trattava di qualche centinaio di soggetti. I furbetti della tastiera sono addirittura solo poche decine e noti perfettamente a chi di dovere. Forse è arrivato il tempo di mettere ordine a questo settore e usare veramente, senza timore le maniere forti. Non sto parlando di intervenire contro la libera rete ma di, proprio in difesa della bellezza e del valore della libertà in rete, di squartare vivi i furbetti della tastiera.   

Oreste Grani/Leo Rugens

E inoltre:


IL CICLO DEL DIVENIRE: “RAPIDO COME IL VENTO CHE PENETRA NELLE APERTURE.” WANG XI

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Dotarsi di rapidità e capacità di penetrare nelle aperture per “ricombinare” le fonti e le  informazioni che si raggiungono è il modo migliore per interpretare i fenomeni. Fonti aperte quindi, all’ennesima potenza. I sussurri, quasi sempre disinformanti o “soffiati” per avidità di denaro e di pseudopotere, li lasciamo ai furbetti (vedi I furbetti della tastiera devono pagare caro il loro vizio di spiare una tetta dal buco della serratura) e agli emuli di Luigi Bisignani.

Molti anni addietro (il tempo trascorso potrebbe far sembrare ingenui i ragionamenti) qualcuno disse, coperto da anonimato: “Le tecnologie tendono a fondersi fra loro. A diventare una. Il telefono rappresenta lo strumento più vicino a una rete aperta. Andare in quella direzione. Ma attenzione: Internet va in quella direzione, ma è usata oggi strategicamente da chi può modificarla. Una trappola per attirare che può richiudersi. Aprire l’accesso a reti senza un centro.

Non è dato prevedere quale tecnologia si imporrà. Tuttavia è opportuno creare i mezzi estetici e intellettuali per garantire la diffusione di idee e non di soli dati.

Il paradosso dell’informazione che sarà.”

Queste espressioni che sembrano disancorate da un contesto di tipo generale facevano parte di un “appunto” il cui valore strategico solo oggi, con purezza d’animo e a cose avvenute, si può valutare e meglio apprezzare.

L’appunto/decalogo sosteneva inoltre che a fronte di un eccesso di informazione si riscontra una difficoltà di accesso alle informazioni. Molti dati sono inutili, ma alcuni sono più inutili di altri. Sotto questa montagna ci sono le informazioni utili. Trovare una protezione per la privacy!

Oggi è pura illusione (anche oggi ndr)! Informazioni che ci riguardano corrono ovunque. Inoltre ogni giorno siamo spinti a comprare tecnologia che non ci serve. I sogni indotti (continuano su questo tono gli autori anonimi dell’appunto) servono al mercato.

Più tecnologia più controllo.

Una presenza capillare di strumenti è inevitabile, forse utile, ma riempie tutti gli spazi della vita quotidiana.

E inoltre, con toni che facevano trasparire la natura “birichina” degli estensori dell’appunto:

Ora e sempre resistenza virtuale, il potere autoritario non si dissolve ma si ricompone sul vuoto. Spossali con manovre diversive e così compare una sfumatura di cultura militare, da Scuola di Guerra.

Non sottovalutare la capacità del potere di riadattarsi e ricomporsi. Pensa sovversivo e fuori dall’ottica dell’efficienza: «Se il fuoco divampa sopravvento, non attaccare sottovento» (Zhang Yu)”.

Se chi controlla i centri di potere ha capito l’importanza dell’invisibilità, occorre rimanere invisibili per apparire dove non si è attesi. Se sono irascibili, provocali. Così che attacchino sventatamente. E poi, il meglio del meglio, quando i suggeritori si spingono fino a dire: “Se sono arroganti, dimostrati pavido! Sappilo fare facendo inoltre piazza pulita di ogni purezza. E qui compare il termine che mi ha attratto decine di anni addietro e che ancora mi fa pensare: ricombinare.

Ricombinare secondo gli insegnamenti di Duchamp è il modo migliore per interpretare i fenomeni, dicevano “i sovversivi” usando un riferimento culturale per pochi. I “biricchini anonimi” andavano oltre e provavano a richiamare l’attenzione su come fosse il tempo a indicare la stagione. Il potere (con espressione che ancora provo – con difficoltà – a cogliere nel suo significato profondo) si è concentrato nella zona libera del tempo. Occorre imparare ad usare il Tempo prima dello Spazio.

In chiusura della paginetta si poteva leggere un pensiero di Bertold Brecht, comparso, in Radiotheorie, nel 1932:

Se dovete considerare questo utopistico, vi prego di riflettere perché è utopistico“.

Perché tutto questo sproloquiare interno al “sabotaggio elettronico” (perché spero che lo abbiate capito di questa materia si tratta) o, senza eventualmente circoscrivete il ragionamento ad una volontà eversiva, al ricombinare?

Perché se il tempo indica la stagione e il “potere” si è concentrato nella zona libera del tempo, tentando in tutti i modi di fermarlo, occorre accogliere l’invito degli anonimi “guerriglieri”e imparare ad usare il tempo, prima che lo spazio.

E ora è tempo di estrarre tracce del virtuale e dei futuri possibili dalle mitologie storiche e filosofie passate.

Oreste Grani/Leo Rugens